Un'esperienza di lettura
Hai presente quando inizi a leggere un libro e vorresti che non finisse mai? Quando credi di vivere la storia accanto ai protagonisti? Quando una volta letto non ti basta? Ti è mai successo? A me sì, e purtroppo una volta sola.
Era l'anno scorso e mia madre, come al solito, mi aveva riempito la testa di titoli di libri che avrei potuto leggere. Io non leggo molto e non amo la lettura in modo particolare, ma quella volta mi sono innamorata di un libro!
"Marta, leggi quel libro che c'è in sala, leggi quello sul comodino! Marta, leggi, leggi, leggi!" diceva mia madre. Incuriosita, presi il libro in sala: La solitudine dei numeri primi, di Paolo Giordano. "Che strano titolo" pensai, e lo iniziai a leggere solo per far contenta la mamma.
Alice è una bambina obbligata a frequentare la scuola di sci e una mattina, persa nella nebbia e staccata dai compagni, Alice se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Resterà zoppa ma, soprattutto, segnata per sempre.
In parallelo ad Alice, c'è Mattia: un bambino intelligente, con una gemella ritardata. La presenza della sorella umilia Mattia di fronte ai suoi compagni e, per questo, Mattia prima di andare a una festa a cui era stata invitata anche la gemella, l'abbandona nel parco, dove sarà persa per sempre.
Le vite di questi due ragazzi, due esistenze segnate, si incroceranno. Due bambini, che nel romanzo saranno poi adolescenti, giovani ed infine adulti, si incontreranno a scuola. Entrambi hanno problemi con i genitori, con i compagni e con l'episodio che ha segnato la loro vita. Alice diventerà anoressica e Mattia si taglierà le vene dopo aver perso la sorella per colpa sua, e continuerà fino a quando non sarà adulto.
Due adolescenti, due problemi che cambiano la vita.
Questo libro non mi ha deluso, non mi ha reso felice e non mi ha fatto crescere; questo libro mi ha fatto pensare profondamente attraverso le emozioni che provano i protagonisti. Rabbia, tristezza, amore, solitudine, felicità, allegria e illusione.
Tante persone sono come Mattia e Alice, è questo che ho capito. Tante persone come loro esistono davvero e vorrei sapere che cosa loro è capitato per fare dei gesti del genere. Fa male essere soli, fa male sentirsi come non vorresti essere, fa male essere emarginati e questo libro me lo ha fatto capire.
Essere anoressiche e non mangiare vuol dire non piacersi e credere di non piacere agli altri così come si è; essere anoressiche è una malattia. Così si sente Alice, emarginata, sola e brutta, ma in realtà non è così.
Mattia si sente in colpa, per aver abbandonato per sempre la sorella e si taglia con qualsiasi cosa. Tanti adolescenti sono come Mattia: si tagliano. Non so cosa ci trovino in questo, ma forse il taglio fa più male di ciò per cui soffrono o forse è solo una punizione a se stessi per farsi ancora più male rispetto a quello che già fanno.
Nonostante questo libro sia triste, mi sono innamorata. Mi sono innamorata della storia, di Alice e di Mattia. Stimo entrambi i personaggi, nonostante siano delle persone problematiche, sono andate avanti con difficoltà, ma diventati adulti capiranno e smetteranno di sentirsi soli come i numeri primi, soli e perduti, non ancora abbastanza vicini per sfiorarsi.
Ho tenuto in mano quelle 300 pagine per due giorni, senza mai staccare gli occhi, senza perdere il filo neanche un secondo, divorando pagina per pagina ogni minuto. Dovrei ancora ringraziare mia madre per avermi fatto emozionare, avendomi costretto a leggere questo libro.
Da quel giorno, non ho mai più riprovato quella sensazione di leggerezza che mi teneva attaccata a quel libro, meravigliosamente bello.
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