Sostiene Pereira: cultura e Resistenza
di Gionata Cavallini
Premio speciale ANPI Barona Milano
Ho eretto un monumento più durevole del bronzo,
Non tutto di me morirà.
Orazio, Carmina
Ciò che colpisce maggiormente di questo breve romanzo -o testimonianza- di Antonio Tabucchi è la semplice concisione con cui viene magistralmente affrontato un tema complesso quale è il rapporto tra la libertà dell'individuo e la società. La vicenda è ambientata nella Lisbona di fine anni '30, Pereira è l'umile direttore della pagina culturale del quotidiano Lisboa. In Portogallo si addensano le nubi della dittatura; il fragile sistema liberale cede il passo ai militari e alla destra fascista. L'autore è abilissimo a tratteggiare con poche pennellate il mondo che cambia intorno al timido e apparentemente introverso Pereira, che di politica proprio non si interessa. Il protagonista è infatti un uomo qualunque, un antieroe per eccellenza, che rimprovera al giovane assistente Monteiro Rossi il suo idealismo antifascista.
Molti autori iberici o latinoamericani, da I. Allende a G. G. Marquez, si sono voluti confrontare letterariamente con le tragedie dei golpe militari e delle dittature nei propri paesi. I loro sono grandiosi romanzi, quasi epici, che si snodano nell'arco di più generazioni; Sostiene Pereira fa lo stesso effetto de La casa degli spiriti o di Cent'anni di solitudine nonostante la sua breve estensione temporale e la sua mole poco cospicua. In poche pagine il lettore entra in un mondo che sente immediatamente suo, si cala nella Storia attraverso gli occhi di Pereira, che sostiene, ovvero difende sé stesso davanti a uno sconosciuto tribunale. Appare fortissima una somiglianza tra la personalità del protagonista e quella di alcuni degli eteronimi usati da Fernando Pessoa, massimo poeta portoghese tradotto in Italia da Tabucchi stesso. Uomini senza ideali, soli e malinconici ma eroicamente consapevoli della propria condizione. Tale è Pereira, uno che, diremmo oggi, si fa i fatti suoi. Eppure la Storia cambierà quest'uomo, renderà prioritari per lui problemi che fino ad allora aveva sempre ignorato o voluto ignorare.
Incredibilmente efficace è il capitolo in cui due funzionari della nuova polizia politica irrompono in casa di Pereira in cerca di Monteiro, diventato guerrigliero dopo aver scritto impubblicabili necrologi di elogio a Majakovskij e di condanna a D'Annunzio. Leggere le poche battute provoca un senso di vertigine, come sporgersi dall'imboccatura di un vaso di Pandora. Violenza indiscriminata, ignoranza, disprezzo verso la cultura e odio per la libertà, arroganza, cieca esaltazione dei valori della virilità, della patria, della reazione, emergono tutti insieme e danno un'idea di ciò che è stata la tragedia del fascismo nel Novecento. Il lettore affronta una e vera e propria catarsi civile, la stessa che affronta il protagonista, come se una scintilla infiammasse la pecora Pereira rivelando il leone ch'entro gli rugge. È questa l'epifania di Pereira, la consapevolezza che non va attesa la situazione (la rivoluzione libertaria), ma va creata da sé, che non basta sperare in un futuro migliore, ma va combattuto il male presente, e ognuno deve farlo con i mezzi che più gli appartengono. E qui sta l'eroismo borghese di Pereira, nell'affrontare quella battaglia che ritiene atto dovuto e necessario con le armi che possiede, ovvero la sua pagina culturale sul Lisboa. Pereira denuncerà l'omicidio del suo assistente sul suo giornale, come ultimo atto prima dell'esilio. Sebbene Pereira sia uno sconfitto dalla storia del secolo appena passato, al pari di Gramsci, dei fratelli Rosselli, delle speranze che costruirono il 25 aprile, i suoi ideali posti nell'animo da un qualche ipotetico dio, o dalla natura, o dal nostro stesso spirito di esseri umani, sopravvivono e si incarnano ogni giorno in nuovi atti di resistenza e amore. Tabucchi ci insegna ad avere il coraggio di seguire ciò che sentiamo essere la necessaria giustizia, quella fondata sulla libertà e sul rispetto, e di combattere per essa fino alla fine, che sia con uno Stern in Val d'Ossola o alla scrivania con la penna in pugno. Con le parole di Pessoa ciò che distingue le persone le une dalle altre è la forza di farcela, o di fare che sia il destino a farla a noi.
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