Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
3ª edizione - (2000)

La statua

Tenaci e indemoniati avanzano lottando contro quella traditrice corrente che gli spezza il respiro. Trascina impassibile verso il principio di uno stremante viaggio.
Il cuore gli scoppia dentro, in quel corpo di pesce, la coda si contrae in un altro balzo, il fiato preme sulla testa, gli occhi scottano. Aria e acqua e ancora un balzo in aria, a fatica.
Tu solo sai, dove finiranno i tuoi occhi, stremati e insaziabili, quando la tua liquida vita la sbarrerà l’orso che ti attende riposato in cima alla tua strada. E quale coraggio ti dà la forza, muto, di sfiancarti per servire il tuo carnefice.
Il rumore dell’acqua nelle orecchie e lo stomaco che cade, quando nel salto più alto, ti trovi davanti i suoi occhi. Occhi che non avresti mai pensato di poter guardare senza essere visto.
Si volta. Giganti pupille inghiottiscono la tua coscienza e tu sorpreso inghiottisci la sua. Ora voi due sapete. Qualcosa di diverso. Tutta l’attesa sbocciare in un nuovo fiore. L’acqua tace.
Le vostre due immagini incrociate e le vite che si attraversano escono abbagliate dall’eleganza di questo abbraccio.
Un nuovo orso sente la terra con possenti zampe.
Un nuovo pesce respira l’acqua con branchie vergini.
Il cielo borbotta, tossisce ed esplode in cupi conati di vomito, che schizza dalla sua enorme bocca, allagando la terra.
La finestra piange e trema intimorita dai tuoni. All’interno della casetta, un gatto pensoso fissa l’erba allagata e l’albero dal tronco scuro e contratto subire gli strapazzi del tempo, ed è felice di essere al di dentro.
Si stira, sbadiglia e si acciambella in una posizione più comoda.
Dall’orizzonte arranca una figura. Gli occhi del gatto fanno capolino dalla coda. Zoppa e scura, il cappello e le spalle macchiati dall’acqua. Si avvicina. Il gatto si prepara davanti alla porta. L’uomo entra in un impeto addossandosi alla porta, cade con le pesanti ginocchia sul tappeto, le braccia cedono, il corpo gigante riverso in avanti, le mani ruvide allontanano un martello.
Il gatto si struscia conto la testa gocciolante dell’uomo. Il suo pelo morbido sul volto bagnato che freme, le labbra si contraggono scoprendo denti serrati, dalla gola nasce un gorgoglìo.
Dagli occhi sbiaditi fuggono lacrime argentine che solleticano le guance, giungono agli angoli della bocca. Il loro sapore salato commuove l’uomo, il volto si scioglie, abbandonato tra le mani, il corpo gigante, insaccato in troppi vestiti, sussulta in singhiozzi da fanciullo.
Davanti ai suoi occhi, il Dio è abbandonato in grembo alla bambina.
Ha le palpebre chiuse, e ferme le vene della mano rilasciata. La piccola mano di lei lo cinge con immenso amore da sotto il braccio, e con gli occhi chiusi lo guarda. Premurosa, la Basilica veglia in silenzio.
Il martello nella mano. Hai immaginato i loro volti, lisci e candidi imprigionati nel marmo e nella ferma delicatezza di un profondo sentimento, feriti, e mosso da pietà non sei riuscito a sopportare.
La pelle bisbiglia, pervasa da tremore, percorrendo l’elegante superficie, ed il marmo in silenzio ti ha piegato in uno sconfinato abbraccio.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010