I dolori di una giovane lettrice
Questo scritto rappresenta, più che altro, un'amara e scandalosa ammissione di colpa da parte della sottoscritta e, vi do la mia parola, mi vergogno moltissimo per tutto ciò che voi state per apprendere.
Tutto ebbe inizio durante le scorse vacanze estive quando, un paio di settimane prima di partire, decisi che quell'anno avrei passato l'intero mese d'agosto senza nemmeno un libro tra le mani, scaricando il pesante fardello (o piaga?) dei compiti che mi erano stati assegnati a mia sorella Chiara, una brava e bella ragazza di 21 anni che, per la modica cifra di 5000, ho detto £. 5000 all'ora, avrebbe fatto sì che io realizzassi tutti i miei sogni di quindicenne in vacanza, come ad esempio andare a zonzo con gli amici per Ceriale e dintorni senza pensieri e per tutto il tempo che avrei voluto, essere libera da quel terribile senso del dovere che molesta moralmente ogni studente, donandomi di conseguenza anche dei sonni tranquilli, altrimenti funestati da equazioni ad una incognita e versioni di latino che mi rincorrono rabbiose, ma soprattutto bramose di essere risolte o tradotte.
Dunque, avendo fiutato un clamoroso affare, accettai con gioia il prezzo delle sue prestazioni, dal momento che l'unica cosa che io avrei dovuto fare sarebbe stata quella di leggere alcuni libri; ho ancora con me quel bigliettino tutto stropicciato e consunto con su scritti, in modo frettoloso e con una grafia che a tratti richiama gli antichi geroglifici, quei quattro titoli:
Il giov. Holden - Salinger;
Mad. Bovary - Flaubert;
La mite - Dosto.;
I dol. del giov. Werther- Goethe.
Dopo questa premessa, ci terrei a precisare che non ho la benché minima intenzione di raccontare le solite frottole che tutti scrivono parlando dei libri in generale, ovvero che "... sono i migliori amici che si possano avere ... e in quanto tali incidono notevolmente sulla formazione del nostro carattere ... divenendo di vitale importanza, poiché senza di essi noi non saremmo quello che siamo ora...", arrivando ad espressioni ancora più patetiche, come ad esempio "... è bellissimo addormentarsi ogni notte con un libro...", cosa invece più credibile se si trattasse di una foto di Leonardo di Caprio (o anche, per quanto impossibile possa sembrare, con lui in persona!): NO, NO e ancora NO, niente di tutto questo. La lettura è per me un passatempo, come ad esempio il jogging: entrambi sono molto divertenti, oltre che utili per la mente e il corpo, e non costano quasi niente, anche se, a ben guardare, la sottoscritta avrebbe forse più bisogno del secondo...
Indubbiamente ogni opera, dalla più frivola alla più impegnata, ci lancia ad un'impressionante velocità il proprio messaggio, che può essere colto appieno o per nulla, in stretta dipendenza da quanto il lettore sia tonto o intelligente; gli elementi che ci possono suggerire quale esso possa essere sono molteplici e assolutamente non numerabili, e la maggior parte di essi, il più delle volte, si trova alla fine del libro. Ogni volta che leggevo un qualunque libro, proprio nel momento in cui, a sole tre pagine dalla fine io iniziavo a chiedermi: "Ma il mio grado di deficienza è aumentato così tanto da non farmi capire più un tubo?!?!", ecco che la mia mente iniziava a rischiararsi: ciò che prima mi sembrava oscuro, poi mi pareva più ovvio d'ogni altra cosa, ed ogni mistero o enigma che mi sembrava non risolubile, poi mi sembrava una sciocchezza, e devo confessare che, a questo punto della lettura, mi sentivo ancora più scema e frustrata, a causa dell'amara frase che puntualmente iniziava a rimbombarmi di continuo nella testa, come fosse un martello pneumatico: "Ma come ho fatto a non averlo capito prima?". Queste erano, a grandi linee, le emozioni che provavo durante la lettura di un qualsiasi libro, ovviamente stendendo un velo di pietoso silenzio sulla descrizione delle mie crisi esistenziali post-lettura: se solo ve le accennassi vi posso assicurare che non ne uscireste indenni...
E voi vi chiederete: "Ma perché tutti 'sti imperfetti?", e io vi rispondo: "Quanto siete belli, non sono così tonta da dirvelo subito: aspettate!". L'unica cosa che posso anticipare è che, da allora, le cose sono cambiate.
Prima di leggere un libro, comunque, per me è necessario spulciarne le prime pagine, per appurare così che tipo di stimoli esse ti possano dare: nella migliore delle ipotesi, quando cioè suddetti stimoli risultano essere positivi, la sottoscritta userà qualsiasi mezzo, legale od illegale, per appropriarsi di quel libro ma, in caso contrario, a causa di stimoli negativi, ma più che altro fisici, mi occorrerà solamente un gabinetto...
Quel giorno d'estate ricordo che lo passai interamente chiusa in bagno, e fu un'esperienza assai penosa. Era l'ultimo dei quattro e, date le ridotte dimensioni di questo, avevo pensato di poterlo leggere e terminare in più o meno tre giorni; ma quello sporco volumetto ingiallito e puzzolente (forse il precedente lettore aveva le mie stesse abitudini...) mi aveva scosso talmente tanto che la crisi esistenziale mi colse ancora prima di averlo finito, ed in quella mi chiesi ripetutamente perché, il 28 agosto del 1749, quell'uomo fosse venuto al mondo, che cosa avesse mai indotto Katharina Elisabeth e Johann Kaspar Goethe a compiere quell'insano atto, ovvero quello di mettere al mondo un simile mostro... Questo fu il culmine della mia crisi. Ormai presa dall'inquietudine, dall'emicrania, ma principalmente dal panico, l'unica cosa che mi venne in mente di fare, naturalmente dopo essere uscita dal bagno, fu quella di invocare, con un tono di voce direi straziante, l'aiuto di mia sorella che, nonostante mi avesse ricoperta di una smisurata quantità di insulti e mi avesse rimproverata di essere la persona più lavativa, pigra ed infingarda che avesse mai conosciuto, si fece corrompere per la seconda volta, incaricandosi così del gravoso impegno di farmi la scheda di quel libro. Notai, con gran stupore che, mentre leggeva il libro al posto mio, Chiara non aveva le mie stesse reazioni, anzi, sembrava quasi che le piacesse. Ne derivò un'altra crisi, fortunatamente momentanea e non molto grave: come diavolo poteva, una ragazza tanto carina, di sani principi, di nobili sentimenti come lei, compiacersi di una lettura talmente triste e, diciamoci la verità, talmente pallosa come quella? Enigma...
I giorni passavano, ed in capo ad una settimana la mia Chiaretta aveva terminato la scheda de I dolori del giovane Werther; non appena la lessi, fui assalita dall'atroce dubbio che lei avesse letto il libro sbagliato, ma in realtà non era così: la mia Chiara aveva l'incredibile capacità di rendere suggestiva e piacevole ogni cosa, persino un mattone di un calibro simile, cosa che mi incuriosì a tal punto da convincermi a rivalutarlo, rileggendolo attentamente; fu così che imparai ad apprezzare quel romanzo dal gusto settecentesco, di cui Werther è l'anima appassionata che si innamora di Carlotta, venendo a sapere troppo tardi che la ragazza è già promessa sposa di Alberto. L'opera è un insieme di epistole, tutte scritte dal protagonista, che nascono e terminano da un'impressione, da un istantaneo pensiero che nella mente dell'autore si sviluppa e si articola in modo molto personale, come del resto lo sono anche le considerazioni sulla sua condizione interiore, espresse con metafore e similitudini tratte dalla natura e dai fenomeni ad essa collegati. È un'opera in cui predominano i dolori di una passione che deve essere soffocata, necessariamente repressa prima di poter sbocciare dapprima in un tenero germoglio, e successivamente in un rigoglioso fiore (se mai avesse avuto l'opportunità di farlo); un ardore talmente grande da indurre il povero Werther a chiedersi cosa, questo sentimento, lo avrebbe potuto condurre dato che, nel mondo che si è creato attorno, lui vede ogni cosa solo in rapporto a Carlotta; a questo problema non riesce a dare una soluzione razionale, se non sottraendosi per sempre alla sua realtà, commettendo un atto tanto scellerato e riprovevole quanto il suicidio.
Devo ammettere che quest'esperienza di lettore è stata per me fondamentale poiché, essendo da allora cambiate le cose, ho imparato ad apprezzare anche ciò che, ad un primo approccio, può darmi una cattiva impressione, ma la cosa più importante è che da quel momento non ho più avuto una delle mie crisi. Sono sicura che ora, la mia Chiara, dall'alto dei cieli, sia fiera di me, ma soprattutto immune da ogni mio tentativo di corruzione.
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