Sotto le ali del vento
Una leggera brezza gioca con il mare, creando piccole e impalpabili strisce di schiuma bianca.
E queste spumeggiano e si rincorrono trascinando chiunque passi nel loro innocente divertimento.
Sembra quasi di sentirle ridere anche osservandole attraverso la vegetazione, come sto facendo io adesso.
E nel colore di questo mare rivedo i suoi occhi.
Sì, erano castani, ma io li ricordo turchesi, e allora sono turchesi.
La fresca perfezione di ciò che vedo dinanzi a me è spezzata dalla viva tinta di una vela.
Un uomo è attaccato alla vela del windsurf.
Volta il suo viso verso di me, e nei suoi occhi dolci rivedo quello sguardo duro e arrogante che accompagna minuto per minuto i miei pensieri.
Brividi di nostalgia attraversano languidi la mia schiena, tanto da farmi increspare la pelle.
Attenta rimiro la potenza delle sue braccia e del suo dorso abbronzato, il contrarsi dei suoi muscoli ad ogni soffio di vento, il volto assorto, il mio anche.
Si allontana, si dissolve nell'immenso vortice che è l'oceano.
Rimango immobile, gli occhi fissi ove poco prima non volevano posarsi, e il ricordo di quell'immagine preme nella mia mente fino a farmi soffrire, per poi riaffondare nell'intimo buio delle mie memorie.
Con esasperante lentezza il sole si inabissa dietro l'orizzonte, disperdendosi in migliaia di frammenti rosati che si mescolano alle nuvole celesti e creano un susseguirsi di sfumature violacee.
Un ultimo debole raggio di fuoco si posa sul mio corpo, facendone risplendere la carnagione dorata.
Comincia quasi a far freddo, se mai un clima come questo si possa definire tale.
Raccolgo asciugamano e pareo, decisa a rientrare in stanza per cambiarmi d'abito e successivamente raggiungere gli altri villeggianti al ristorante.
Mentre cammino verso la camera un granchio mi taglia velocemente la strada.
Piccolo e bianco come la sabbia corre lesto mimetizzandosi alla perfezione con spiaggia e terriccio, per poi rintanarsi in un profondo buco che gli funge da riparo.
Sorrido, e canticchiando allegramente apro la maniglia della doccia.
Un'ondata di acqua piacevolmente tiepida mi scroscia delicata sul volto, impregna i miei capelli, plasma le curve del mio corpo come una mano fa nascere la figura umana da un blocco di morbida argilla.
Sarei quasi tentata dall'idea di liberarmi del costume, ma lo svantaggio della doccia in veranda è proprio questo.
Lentamente massaggio con il bagnoschiuma le lunghe gambe, la vita stretta e l'armoniosa forma delle spalle.
Ancora qualche minuto di totale abbandono sotto il lieve tepore guizzante che è attorno a me, per poi riemergere in meravigliosa sintonia con il proprio fisico.
Già penso a cosa indossare per cena.
Apro l'armadio e, dopo un'accurata ricerca, opto per un sinuoso abito color corallo dalla forma morbida e scorrevole lungo fino alle caviglie.
La scollatura rimane semi coperta da una sciarpa in leggerissimo chiffon rosa perla portata con le estremità che ricadono sulla schiena e sui fianchi.
Un sandalo nero a due listini con un tacco modesto rende la mia figura slanciata come una statua greca.
Completo il tutto raccogliendo i capelli ancora umidi ai lati del viso delicatamente truccato per metterne in risalto alcuni tratti.
Niente gioielli: i miei occhi sono più che sufficienti.
Così adornata mi appresto a mettere fazzoletti e altri piccoli oggetti nella pochette nera, mentre lo sguardo cerca continua conferma nello specchio.
Sedendomi al solito tavolo vicino all'ingresso mi accorgo che la coppia che sedeva accanto a me non c'è.
Forse sono partiti, o forse sono semplicemente in ritardo.
Quel ragazzotto emiliano che non sta mai zitto è al tavolo di due donnine tedesche.
Per stasera posso stare tranquilla: ha già trovato chi lo ascolta (o perlomeno fa finta di ascoltarlo).
Il gruppo dei cantanti cingalesi è intento a divorare tutto ciò che il buffet può offrire, chiacchierando allegramente fra una pietanza e l'altra.
Un grande cartellone bianco recita la scritta "Serata Maldiviana".
Questo significa che il cibo sarà terribilmente speziato e piccante.
Il cameriere si accorge della mia presenza e si avvicina al mio tavolo per prendere le ordinazioni delle bevande.
"Buonasera signorina. Posso farle compagnia?".
Mi volto per vedere chi ha parlato e improvvisamente mi ritrovo davanti l'uomo del windsurf.
Con addosso un paio di jeans sbiaditi rimboccati sulle caviglie e una specie di polo bianca sembra ancora più disinvolto, e nei suoi movimenti sciolti appare una nota di swing.
Gli occhi non riescono a staccarsi dalla sua immagine, ed io mi sento leggermente imbarazzata quando mi rendo conto dell'interesse che egli suscita in me.
"Posso sedermi?".
È sempre lui a parlare.
Non avendo ricevuto risposta si siede, e piano piano riprendo il controllo della situazione.
"Ci conosciamo?", domando io quasi per costringerlo a giustificare la sua disinvoltura.
"Non credo", risponde, "a meno che lei non mi abbia tampinato".
Sorride. Che sfacciato!
"Sorprendente il suo modo di corteggiare una signora. Lo fa spesso?".
"Diciamo di sì", e offrendomi la mano aggiunge "mi chiamo Clarke".
"Emily", mi presento cercando di prendere le distanze da quell'affascinante essere umano.
"Emily", ripete assorto, "proprio un bel nome. Un bel nome per una donna altrettanto bella".
Arrossisco. Eppure il suo commento mi ha decisamente irritata.
"Suvvia, Emily, non sia così rigida con se stessa; si lasci andare. Siamo fra... posso osare dire amici?".
"La sua faccia tosta mi diverte, Clarke. Credo che finirò per concederle di passare la serata in mia compagnia ".
E così dicendo mi avvio verso il buffet.
Decido di assaggiare alcuni involtini di pesce e di verdure tipici della cucina maldiviana e del riso bollito con germogli di soia ed alghe.
Ma l'appetito non è quanto la curiosità di conoscere Clarke.
Risedendomi a tavola quasi affogo nel mare dei suoi occhi profondi, i miei semi offuscati dalla visione.
Chiacchierando allegramente non mi rendo conto del tempo che passa, e non me ne sarei accorta se egli non si fosse offerto di riaccompagnarmi in stanza.
Camminando al suo fianco riesco a sentire il soffio delicato del suo respiro sui miei capelli.
Un brivido di emozione mi scorre veloce a fior di pelle.
"Dormi bene, Emily", sussurra ad un tratto.
"Buonanotte, Clarke", è tutto quello che mi esce di bocca.
Lo vedo allontanarsi lungo la spiaggia, alto e sinuoso muovendosi con l'oceano.
Rientro in camera abbagliata, le porte del cuore aperte dopo un lungo letargo.
Spogliandomi ripenso all'attimo in cui i suoi occhi catturarono i miei.
L'emozione del tocco della sua mano mi invade.
Mi sdraio sul letto e dormo, continuando però a sentire la sua presenza nella mia solitudine.
Un raggio di sole splende sul mio viso, facendomi passare dal sonno ad uno stato di dormiveglia.
Presa dal piacere che segue il riposo mi stiracchio, mugolando e sbadigliando, finché ogni muscolo è stato allungato.
"Buon mattino, pigrona! O forse devo dire "buon pomeriggio"?".
Improvvisamente apro gli occhi, e dopo un attimo di smarrimento riconosco l'immagine di Clarke.
"Tu... tu cosa ci fai qui?", domando in un crescendo di rabbia e indignazione.
Come si era permesso quel miserabile? Solo per avergli concesso di trascorrere insieme la serata me lo devo ritrovare in camera?
"Non te la prendere, Emily. Devi ammettere che non capita a tutti di essere svegliati con tanto garbo".
Ma come può pensare che io abbia gradito la sua presenza?
"Esci subito da questa stanza, sfacciato!", ringhio cercando di non urlare.
"Vuoi veramente che esca? Io volevo solo chiederti di fare una gita in windsurf con me. Ormai sono le due del pomeriggio!".
Nella sua voce c'è una nota di rammarico, come se si volesse scusare per ciò che ha fatto.
Tuttavia non me la sento di sprecare un'ennesima giornata sotto l'ombrellone, leggendo riviste di moda e ammirando il paesaggio.
"E va bene Clarke, vengo in windsurf con te. Ma ad un patto".
"Sarebbe?", chiede incuriosito.
"Stasera ceni con me?", domando arrossendo.
Lui sorride, e due fossette si disegnano sulle sue guance.
"Forza, dieci minuti per metterti in costume".
"Tu però esci!", e così dicendo lo spingo verso la porta.
Appena sola corro verso il bagno, mi rinfresco il volto assonnato, raccolgo i capelli in cima alla testa e mi infilo un bikini color glicine.
Velocemente mi cospargo di crema protettiva ed esco a raggiungere Clarke.
"Ehi, che sprint!", commenta vedendomi arrivare trafelata.
"Vogliamo andare?", chiedo incitandolo a non perdere tempo.
Il vento è buono, il mare senza troppe correnti.
Le due vele scivolano fianco a fianco sulle onde.
Sembra quasi che volino trasportate da una magica armonia, e le sensazioni che l'ebbrezza della velocità procura sono unite ad un senso di profonda calma.
La tranquillità dell'essere vicini.
Poche parole, un silenzio pieno di dialogo.
Una volta tornati a riva mi butto in acqua, abbandonando la vela.
Clarke frena ed imita il mio gesto, venendo ad aiutarmi a ribaltare il windsurf.
Appena si avvicina lo spruzzo come fanno i bambini, sentendomi tale per la prima volta dopo tanti anni.
Risponde con entusiasmo al gioco, e muovendoci fra gli schizzi di acqua salata ci ritroviamo entrambi sotto la mia vela.
Il riso si spegne, e nello sguardo di entrambi risplende l'apprensione.
Ma è solo un attimo, il tempo necessario per accostare le labbra alle sue.
Il sapore del bacio mi rievoca l'emozione provata la sera precedente, quando il suo respiro mi scompigliava i capelli.
Non riesco più a distinguere il sogno dalla realtà.
Per liberarmi di questa sensazione alzo la vela e, aiutata da Clarke, la ribalto.
Esco dall'acqua e lo guardo come se nulla fosse accaduto.
"Ci vediamo per cena", esclamo per rompere il silenzio. "Tutto bene?", domando poi notando la sua espressione confusa.
"Tutto bene. A dopo, Emily", risponde tornando in sé.
Mi volto incamminandomi verso la camera, ma ogni tre passi non riesco a resistere alla tentazione di riannegare in quegli occhi e in quelle labbra che prima erano parte di me.
"Sei magnifica", è il suo primo commento quando entro nel ristorante.
In effetti mi sono vestita con molta sapienza, un abito nero dalla linea morbida che segue la forma del corpo impreziosito da un paio di orecchini di brillanti.
Il viso delicatamente truccato, i capelli raccolti sulle tempie mi danno un'aria angelica, in netto contrasto con il portamento fiero e altezzoso che caratterizza la mia persona.
Clarke indossa nuovamente jeans e maglietta, ma per la prima volta noto che è scalzo.
Tutto questo lo rende terribilmente interessante.
"Cosa vuoi mangiare oggi? Aspetta, facciamo così: scelgo io per te", dice con una grande carica di entusiasmo.
"Va bene, scegli tu. Ma ricordati che non mangio carne!", gli rispondo divertita.
"Ai suoi ordini, mia regina!", e detto ciò accenna un inchino e si avvia verso il buffet.
La cena si rivela particolarmente buona: Clarke ci sa fare con il cibo.
Appena finisco di mangiare mi offre la mano e mi invita a seguirlo.
"Quanta fretta", lo ammonisco, "dove mi vuoi portare?".
"A ballare!", risponde lui.
Pochi minuti dopo mi ritrovo alla piccola pista da ballo del villaggio, circondata da sguardi incuriositi.
Cominciamo a danzare al ritmo veloce e malizioso del merengue, volteggiando in mezzo alla folla.
"Ti diverti?", chiede lui premuroso.
"Con te sempre!", esclamo con dolcezza.
Quel momento di romanticismo è interrotto dalla musica di un rock 'n roll.
"Questo è il mio ballo preferito!", dice, e la sua mano torna a posarsi su di me per trasmettermi nuove e indimenticabili sensazioni.
Intanto tutti coloro che affollavano la pista da ballo si sono radunati intorno a noi, chiudendoci in un cerchio.
Le gambe si incrociano ad ogni passo, come è giusto che sia.
Alla fine della musica mi sento piegare in una specie di casquet, e senza preavviso vedo il suo viso piegarsi sul mio fino a baciarne teneramente le labbra.
"Vuoi bere qualcosa?", mi domanda abbandonando la pista.
"Molto volentieri", rispondo tenendolo per mano.
Ci sediamo al tavolino del bar, ordiniamo due succhi di ananas, mentre il cuore batte forte e gli occhi cercano di evitare ogni contatto.
Beviamo in silenzio.
L'imbarazzo è tornato, si è frapposto alle nostre anime.
"Hai voglia di andare a fare quattro passi sulla spiaggia?", chiedo decisa a creare un attimo di intimità.
"Con piacere", e mi prende la mano per aiutarmi ad alzarmi dalla sedia.
Il mare è fresco.
Camminando con i piedi immersi nell'acqua, ci allontaniamo dal bar.
Mi tiene dolcemente abbracciata, la mia testa poggiata sulla sua spalla.
Pochi minuti dopo ci fermiamo guardandoci negli occhi.
La forza delle sue labbra sulle mie ci fa cadere a terra, abbracciati, distanti, perfettamente sconosciuti.
Muti continuiamo a mantenere lo sguardo immerso nello sguardo, incuranti delle onde che bagnano i vestiti.
Restiamo così per un tempo infinito, senza una parola, sdraiati vicini, la mano nella mano, le anime in perfetta armonia.
Vorrei dirgli tante cose, ma non riesco ad emettere neppure un suono, affascinata dalle stelle che gli illuminano il viso.
Ogni suo lineamento è ora parte di me, e nel riaccompagnarmi in camera vedo le due fossette comparire sulle sue guance.
Mi volto per vederlo sorridere, sapendo che non avrei più goduto del suo sorriso, se non nelle mie memorie.
Sono le sei di mattina, ed io finisco furtivamente di preparare la valigia.
Clarke non sa della mia partenza.
Forse ho sbagliato a non avvisarlo, ma come potevo sopportare la sua delusione?
No, ho agito correttamente: ora, quando me ne sarò andata, se ne farà una ragione e non mi rimpiangerà più di tanto.
Troverà un'altra donna che riempirà le sue giornate, che ascolterà le sue paure e che gli donerà amore.
Decido però di lasciargli una lettera per fargli capire che non lo ho abbandonato, che provo ancora tanto amore per lui: ed è questo che mi ha spinto a fuggire.
Metto in valigia l'abito indossato la sera precedente.
C'è della sabbia rimasta fra le pieghe del tessuto mentre eravamo sdraiati in riva al mare.
Lo accosto al viso per trarne l'odore di lui, un senso di nostalgia e rassegnazione nel mio gesto, un'ondata di ricordi nel mio dolore.
Chiudo il mio bagaglio ed esco dalla camera, decisa a non voltarmi più indietro.
Mentre raggiungo la reception passando dalla spiaggia vedo le impronte dei nostri corpi disegnate sulla sabbia.
Ma anche esse dureranno poco, si dissolveranno senza lasciare tracce, come io sto svanendo adesso.
Cerco di respingere le lacrime che pulsano calde dietro le mie palpebre, e con uno sforzo immenso ci riesco.
Giungo al bancone della reception, pago le mie consumazioni e lascio la lettera in custodia ad uno dei segretari.
Egli ha in affido tutto ciò che rimane di me.
Mi avvio verso l'idrovolante, ma non riesco più a trattenere il pianto dei miei sogni perduti, soffocati dalla paura di amare.
Clarke si svegliò circa due ore dopo la mia partenza.
Andò al bar a fare colazione, poi bussò alla porta della camera dove alloggiavo io.
Non ebbe risposta.
In quel momento fu raggiunto dal segretario che aveva in custodia la lettera.
"Hanno lasciato una lettera per lei, signore", gli disse.
"Grazie", rispose Clarke prendendo la busta e allontanandosi lungo la spiaggia.
Aprì il foglio con un tremore nelle mani.
"Caro,
finalmente mi sono resa conto dell'amore che provo per te. Questa mattina, rimirando per l'ultima volta il mare, ho rivisto in esso i tuoi sguardi pieni di dolcezza, e mi sono chiesta per quanto tempo quegli sguardi saranno rivolti a me. Sento una fitta di gelosia anche al pensiero di dover dividere il tuo affetto con qualcuno, e tutto ciò mi apre gli occhi sui miei sentimenti. Ormai non avremo più occasione di rivederci, se non in sogno. Tutto si conclude così, senza lacrimosi saluti giurandosi amore eterno. Niente è eterno, ogni cosa ha un inizio e una fine. Per questo ho preferito che tutto ciò che era il nostro amore finisse prima di diventare qualcosa di troppo coinvolgente. Molta era la distanza fra di noi, una distanza che prima o poi sarebbe venuta a galla. Perciò è meglio così. Forse mi rimpiangerai, passerai una, al massimo due settimane soffrendo per me. Poi comincerai ad odiarmi. Succede sempre così, più si soffre per una persona, più la si odia quando ci si rende conto del male che ci fa il suo ricordo. Se sono fuggita è perché non volevo ammettere di amarti. L'ho detto: ti amo. L'orgoglio è spezzato, il mio cuore anche. Ricordati ciò che di me vuoi ricordare. Con immenso amore ti ho lasciato.
Emily"
Lasciò cadere a terra la lettera.
E mentre il foglio giaceva sulla sabbia guardò verso l'orizzonte, quella magica linea che fonde cielo e mare.
Non parlò l'uomo, non una lacrima.
Sospirò. Poi sorrise.
Questo fu quanto.
Sedette nell'acqua e lasciò che il vento gli accarezzasse i capelli come un padre fa con il figlio quando si accorge che è diventato un uomo.
Lucido e confuso continuò a tenere lo sguardo fisso ove si era posato.
Dal finestrino dell'idrovolante anche io guardavo il costante movimento del mare.
E la quiete del paesaggio fu interrotta da una vela colorata che correva trascinata dalla brezza.
Come un lampo mi tornarono alla memoria i suoi occhi, quegli abissi turchesi che erano i suoi occhi castani.
Abissi profondi e penetranti: confronto ad essi l'oceano non era che una goccia d'acqua.
Il sole picchiava forte sul mio viso, facendo imperlare la pelle.
Ma neanche esso avrebbe mai compensato il freddo della mia anima calda.
»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni