Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
3ª edizione - (2000)

Le affinitą, il viaggio, la memoria

Ero sull'autobus, determinata, questa volta, ad andare fino in fondo.
Il mio sguardo era perso fuori dal finestrino, mentre rivivevo mentalmente scene che avevano segnato in modo indelebile la mia vita.

"Non può pensare di rimettersi al lavoro, mi dispiace"
.
Il dottore era perentorio.
"Ma come no! Ho perso fin troppo tempo con il trasloco, ultimamente. Devo recuperare!".
Mio padre coscienzioso e sbrigativo rifiutava l'idea di riposo dopo che il trasloco l'aveva distratto dai suoi doveri.
"La ringrazio, dottore, che mi vuole concedere qualche giorno di vacanza, ma...".
"Non è una concessione. È un obbligo",
lo interruppe bruscamente il dottore. "Si tratta di un sarcoma".
Mio padre si sedette, lentamente. Guardò la sua gamba, poi il dottore.
Mio padre aveva un tumore.

Mi alzai dal sedile e raggiunsi la porta anteriore dell'autobus.
- Scusi, quanto manca alla fermata del cimitero?
- Poco, signorina. Stia qui, l'avviso io.
Il conducente aveva i baffi. Come lui.

"Ma secondo te gli piacerà?".
"Sì, ma dobbiamo sbrigarci, perché manca poco. Ha detto la mamma che saranno a casa verso le quattro"
.
Il nastro era già riavvolto. Schiacciai "play", poi mi misi in posizione, insieme alle mie sorelle.
La musica partì.
"Però fa freddo!". Rabbrividii.
"Zitta che inizia".
Cominciammo ad eseguire il nostro balletto. Mentre ballavo pensavo al mio "papi", che finalmente stava tornando a casa.
Finimmo di ballare senza fare neanche un errore ed eravamo molto orgogliose e soddisfatte del nostro lavoro.
Sorridenti nei nostri body azzurri ci sedemmo sul divano a guardare la televisione, perché il tempo sfuggisse al nostro controllo. E infatti poco dopo suonò il citofono.
"Sono arrivati!".
La porta si aprì e papà entrò con le sue stampelle.
Era pallido e qualcosa non andava. Me ne accorsi anche se a nove anni, quando sei con il tuo papà, tutto dovrebbe andare splendidamente.
Ci guardò ballare, sorridendo perché eravamo i suoi "gioielli". Poi la stanchezza prese il sopravvento e andò a riposarsi.

- Scenda qui, poi dritto e a destra. Comunque lo vede, è dove c'è il parcheggio.
- Grazie mille!
Mi incamminai stringendomi nel cappotto. Il vento gelido mi entrava nel collo e pensai che fosse così gelido perché veniva dal cimitero.
Ad ogni secondo pensavo di tornare indietro.

"Non sarà per molto, solo finché il papà starà meglio, va bene?"
.
Mamma ci preparava gli zainetti per andare a casa dei nonni.
Io non ero per niente dispiaciuta, perché sarei andata a casa della nonna Maria, dove viveva anche la nostra zia preferita, la più giovane, che ci avrebbe sicuramente fatto divertire con qualche sua trovata.
"Fate le brave, mi raccomando!". Ci diede un bacio e ci spedì a salutare papà. Entrammo nella camera in punta di piedi. Il letto matrimoniale era stato soppiantato da un letto di ospedale e da lì mio padre ci sorrideva.
"Ciao bambine".

Il cancello spalancato davanti a me era quasi un ultimo invito ad andare via.
A testa bassa lo attraversai.
Sapevo esattamente dove si trovava e rallentai il passo quando lo vidi. Sorrideva da quella sua lapide, come se nulla fosse cambiato.
Non potevo distogliere lo sguardo. Erano tre anni che non andavo lì.
Mi sedetti sul bordo della tomba, posai la borsa e cominciai a piangere.

"Bimbe... il papà è andato in cielo"
.

Rannicchiata lì, con la mano sulla sua foto, chiudevo gli occhi per illudermi di sentire ancora le sue guance, di potergli dare ancora una carezza, di potergli dare ancora un bacio. Ma perché non sentivo niente, se non il freddo vetro contro la mia mano?
Cominciai a parlargli, nella mia mente, chiedendogli perché se ne fosse andato.
"Lo so, papà, che non l'hai scelto tu, ma mi manchi e io ora che sono grande... ora che tu dovresti esserci... ho paura di non avere voglia di farcela senza di te. Papà, mi hai lasciato all'inizio del mio viaggio..."
Il vento gelido si alzò di nuovo mentre le lacrime mi rigavano il volto.

"...e riposi in pace. Amen"
.
Odore di fiori ovunque.

Mi tolsi il braccialetto di corda che indossavo e lo deposi dietro alla sua foto.
"Così avrai qualcosa di me. È un regalo per la festa del papà"
Mi asciugai gli occhi e mi rialzai.
Il mio cuore era un po' più leggero e mi sentivo allo stesso tempo triste e sollevata.
Promisi mentalmente di tornare presto, gli lanciai un bacio e voltai le spalle alla triste lapide.

"Papà!".
"Bambina mia!"

Mio padre mi abbracciò stretta: "Non ti ho mai lasciata, tesoro, sono sempre qui".
Stretta a lui riuscivo a sentirne anche il suo buon odore di sigaretta misto a dopobarba.
"Non viaggerai sola, mai".
Restammo a lungo abbracciati, io disperatamente aggrappata a lui.
Poi il sogno svanì e mi svegliai. Una lacrima dolce scivolò via dal mio viso.


»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni

Copyright © 1999 - Comitato per Sofia - Tutti i diritti riservati.
Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010