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3ª edizione - (2000)

Il viaggio, le affinitą, la memoria

S. Andrea Apostolo dello Jonio, 25 luglio 2012

Cara bimba mia,
sono seduta sul balcone della casa in cui è nato mio padre.
Da questa posizione posso scorgere l'immensa distesa d'acqua del mar Jonio.
Il sole sta tramontando e le striature rosa del cielo mi rammentano che presto sarò mamma.
Ma prima della tua nascita ed in questo luogo così denso di ricordi, voglio raccontarti la storia di un ramo del tuo albero genealogico.
Sì, le mie origini mi hanno sempre incuriosito, sicuramente grazie al mio cognome dal suono "antico": Lijoi.
Nonostante questo nome non sarà il tuo, poiché avrai quello di tuo padre ho sempre desiderato donare a mia figlia tutte le informazioni riguardanti i suoi avi. Sono convinta infatti che il passato abbia una influenza inconscia su di noi, sul nostro modo di pensare, sulle nostre passioni... Proprio risalendo al principio, quindi, avrai modo di comprendere maggiormente alcuni aspetti del tuo carattere, nonché qualche tradizione di S. Andrea e varie notizie affascinanti delle diverse epoche storiche.
Ecco perché mi appresto a ripercorrere il viaggio che ho fatto alla ricerca del significato della parola Lijoi.
Come ti ho detto all'inizio della lettera, qui è nato tuo nonno e di questo paesino delle colline calabresi sono originari anche i suoi genitori, entrambi Lijoi.
Questo infatti è uno dei cognomi più ricorrenti della provincia di Catanzaro.
L'ultima volta che ho trascorso qui un periodo di vacanza è stato all'età di 22 anni.
Ero venuta a trovare mio padre ed i miei nonni, Andrea e Concetta.
Una sera di luglio, proprio come questa, eravamo nel "catuaiu", un vano a pianterreno, a guardare le vecchie foto in bianco e nero. Ne tenevo in mano una in cui avevo riconosciuto "pappu" - il nonno - ritratto mentre realizzava dei bellissimi "bumbili"- anfore per l'acqua -.
"Vedi, quello era il mio lavoro" - disse mio nonno - "Io avevo un grosso tornio costituito in alto da una piccola ruota ed in basso da una più grande. Su quella superiore disponevo la terracotta fresca e facendo ruotare velocemente i vari ingranaggi plasmavo gli oggetti, conferendo loro varie forme. Guarda questo "salaturi" - vaso cilindrico per conservare le acciughe sotto sale - l'ho fatto io quando è nata la zia Lidia".
Io non potevo far altro che ammirare estasiata, ascoltare attentamente e chiedere di raccontarmi di più. Volevo sapere ogni minimo particolare riguardo questa incredibile arte.
"A quei tempi, quando non esistevano ancora l'acciaio o la plastica, tutte le stoviglie necessarie alla casa venivano create con argilla e sabbia impastate con acqua. Così si preparava la terracotta. Il mestiere di cretaio era molto diffuso qui in paese, come in tutta la zona del Mediterraneo. E proprio dalla Grecia ne deriva la più antica tradizione.
I vasai realizzavano il vaso su una ruota girata a mano da un apprendista, poi il vaso era lasciato ad asciugare nel cortile. In seguito, quando la terracotta si stava asciugando, le figure venivano incise"
.
Ecco il metodo usato dagli antichi, mi ricordavo ancora quella pagina del libro di storia su cui avevo studiato appassionatamente e su cui avevo perso lo sguardo pensando agli aneddoti che il nonno mi raccontava fin da piccina. Ed anche in questo momento l'incanto si stava ripetendo...
"Ora pochi sono i cocci artigianali che mi sono rimasti. Ecco, questa piccola brocca è per te, come ricordo".
La presi in mano toccandola lievemente, cercando di averne il massimo rispetto. Riuscii solo ad aprire la bocca, ma la forte emozione mi tenne prigioniera la voce, così non potei neanche dire grazie al nonno.
Dai miei occhi lucidi egli comprese quanto avessi apprezzato il suo gesto.
"Per vedere delle altre opere interessanti dovresti andare al Museo di Reggio Calabria. Lì sì che ci sono tanti vasi e molte notizie sui Greci!" - aggiunse mia nonna mentre preparava le alici sotto sale.
"Hai ragione" - continuò il nonno.- "Non devi dimenticare che molte nostre tradizioni arrivano da quell'antica civiltà, e non solo l'arte di modellare l'argilla. La nonna sta riempiendo " 'u salaturi" che ti ho mostrato prima. Osserva cosa fa: uno strato di pesce e uno di sale. Il frigorifero non c'era ed i cibi si conservavano in questo modo".
"Ma guarda quest'olio, l'abbiamo prodotto lo scorso anno"
- aggiunse mio padre, che finora aveva lasciato la parola ai più anziani. Ora mostra con orgoglio il frutto del suo lavoro.
"L'ulivo si è diffuso dalla Grecia nel Mediterraneo fino a diventarne il simbolo. Grazie al suo inconfondibile sapore la cucina calabrese è così saporita. E tu, Valentina, sai benissimo a cosa mi riferisco quando parlo di una vera e propria tradizione culinaria!".
Con un sorriso ricordai tutte le ricette tramandate di generazione in generazione e che io stessa avevo imparato, per esempio i "mulingiani chini" - le melanzane ripiene -. Questo piatto era il tormentone di ogni occasione particolare, tanto da far scaturire infinite battute comiche tra i parenti.
Come dimenticare il carissimo cugino Mirco che ogni mattina di agosto mi prendeva in giro dicendo: "A Valentì... che hai mangiato pe' colazione? ...Mulingiane?...".
Quando quella sera la nonna finì di preparare le alici, io avevo già raccolto molte informazioni curiose sulle abitudini dei miei avi, così andai a dormire con il cuore colmo di bei ricordi da portare sempre con me.
La mattina seguente mi ricordo che mio padre mi diede delle lezioni di dialetto calabrese. Riprese tutti i vocaboli usati dal nonno la sera precedente e mi fece notare la loro somiglianza col greco:
catu = catuaiu = vano a pianterreno
bumbulis = bumbili = anfora per l'acqua
pappos = pappù = nonno
Dopo essermi occupata dell'arte del vasaio, dei metodi di conservazione dei cibi e di cucina, ora avevo trattato l'aspetto linguistico: un'altra eredità lasciata dai fondatori della Magna Grecia.
Questo popolo mi aveva sempre affascinato. Spesso il nonno Andrea mi accennava a una probabile origine greca del nostro cognome. Ciò aveva sempre esercitato su di me un grande fascino, ma nonostante tutto non avevo mai approfondito la questione.
La parlata dialettale dei miei nonni, che mi accompagnò per il resto del pomeriggio, mi permise di trasportarmi idealmente in un lontano passato. Decisi così di andare veramente a visitare il Museo Nazionale di Reggio Calabria. Qui ebbi l'occasione di ammirare vasi greci le cui immagini illustravano la bacchiatura delle olive, o di leggere varie frasi tra cui la seguente:
"Prometeo rubò il fuoco agli dei per darlo agli uomini e produrre vasellame", confermando pienamente le testimonianze dei nonni. Le rivelazioni della giornata, però, furono ben altre. Accedendo alla biblioteca annessa al museo, ottenni in prestito un grosso volume in cui era riportata la storia della Calabria. Levando un po' di polvere dalla copertina e girando pian piano le pagine ingiallite, arrivai a pagina 150: ...S. Andrea Apostolo dello Jonio...
L'unica, ma fondamentale notizia che trovai, risaliva ad un diploma del 1096.
Il conte Ruggero assegnava al Vescovo di Squillace il paese di Stilo: "Apud Stylum sunt Andreas Cosentinus, apud Scyllaceum sunt Leoi gener Pyrrae" - "...presso Squillace i Lijoi di Pirra...".
...Squillace... Immediatamente partii per questa località, sentendo che qualcosa mi conduceva sulla strada giusta: dalle semplici foto di famiglia stavo ripercorrendo a ritroso la storia del mio ceppo d'origine. Quasi senza rendermene conto avevo compiuto il primo passo verso una straordinaria avventura spazio temporale a cui non avevo intenzione di rinunciare...
"...A S. Andrea i più esperti vasai e cretai sono sempre stati i Samà di Sanna, di Cuttera, i Lijoi di Pirra da Squillace... Si noti come i cognomi sono seguiti dal nome della madre - Sanna, Cuttera, Pirra - quasi in reminiscenza del matriarcato vigente nelle colonie greche. Tale osservazione avvalora l'origine dei Samà e dei Lijoi..."
La mia mano coprì la bocca in un gesto di stupore, come la sorpresa di un segreto ormai rivelato. Ora altri tasselli si aggiungevano al puzzle, ma questa volta non si ripercorrevano dei luoghi, bensì delle tradizioni: ecco perché la nonna Concetta continuava a dire che noi ci chiamiamo Lijoi 'e Lorenza, dal nome di un'antica prozia.
Non potendo più frenare la mia curiosità, mi fermai a Squillace ancora una settimana, andando a rovistare ogni sera, al tramonto, negli archivi di stato.
Le mie estenuanti ricerche mi portarono ad ammirare molte volte l'alba, ma anche a sospirare di gioia ad ogni novità: "...In seguito alla persecuzione iconoclastica dell'ottavo secolo dell'ordine di S. Basilio diffuso in Grecia trovarono scampo in Calabria costruendo molti eremi. Alcuni testimoni inconfutabili sono i ruderi della chiesetta di S. Nicola. Dal piccolo nucleo che abitò l'ospizio di S. Nicola e risalì sulla collina si aggiunsero i fuggitivi di Squillace, attratti dalla fertilità del terreno..."
Leggendo questi caratteri scritti da amanuensi, chissà quanti secoli or sono, capii che se volevo avere notizie più precise riguardo l'origine del mio cognome dovevo andare proprio là, in Grecia!...
...Dalla nave vedevo allontanarsi la costa calabrese, patria dei miei parenti più prossimi.

Girandomi di 180 gradi potevo ammirare la rotta verso le mie radici più antiche. Cara bimba mia, anche ora nel raccontare ciò l'emozione è forte, ti posso dire solo che mi sentivo nel mezzo della storia. ...E la mia caccia al principio si concluse ad Atene, con le seguenti parole:"...I primi abitanti del novello paese S. Andrea Jonio si chiamarono Samà, Lijoi, Nesticò. ...Questi cognomi ebbero origine dal mestiere abituale, dalla professione esercitata, dall'aspetto fisico e dalla patria di origine...".
..Lijoi da Leus plurale di Leoi, operai in genere... Ce l'ho fatta! Vittoria! Ho tagliato il mio traguardo! - pensai.

La soddisfazione più profonda si impossessò di me, un brivido mi percorse il corpo, come provocato da una piuma che tocca gli angoli più remoti della mia anima...Questo, bimba mia, è il bene di famiglia che ti lascio, nonché le mie memorie di questo viaggio dal significato particolare, ma voglio soprattutto farti comprendere le affinità che ci legano agli antichi Greci, una civiltà così piena di fascino...
Ecco quindi da dove deriva quell'amore per tutto ciò che è antico, rustico, "classicheggiante" che spero di trasmetterti...
Dalla tua mamma...

con affetto


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010