Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
3ª edizione - (2000)

Affinitą, viaggio e memoria

La mattina del cinque febbraio 1944 la famiglia Raimondi ottenne il permesso di soggiornare in un locale della Villa Litta di Lainate, conosciuta in turai Europa, allora possedimento della famiglia Toselli.
Il trasferimento avvenne in seguito a un bombardamento che colpì e distrusse un quartiere di Milano, proprio quello in cui viveva la giovane Daniela, una diciottenne piena di spirito e di gioia di vivere.
Alla vitalità della ragazza si opponeva però il clima di tensione generale che investiva il paese: la Seconda Guerra Mondiale continuava e anche l'Italia diventò suolo di scontri, soprattutto dopo il recente sbarco degli Alleati ad Anzio.
Il loro obiettivo era di aprire la strada verso Roma, per liberare progressivamente tutta la nazione.
Il dolore della perdita della propria casa fu grande per la ragazza, ma fu in qualche modo mitigato dalla prospettiva della nuova residenza: la Villa Toselli e il suo giardino delle meraviglie che, tra vigneti, serre, fontane e statue si estendeva per circa quattro km, non poteva non esercitare un certo fascino.
I cambiamenti sono solitamente affrontati con atteggiamenti di ostilità, soprattutto verso ciò che è ignoto, ma agli occhi della giovane, la vita appariva come un insieme di avvenimenti in cui quelli negativi avevano la funzione di sottolineare la dimensione terrena dell'esistenza e potevano comunque essere interpretati in chiave positiva se confrontati con altre realtà ben più terrificanti.
In fondo, l'importante era essere rimasta unita ai suoi genitori, per i quali provava un grande amore. L'indomani mattina, verso le sei, una carrozza trainata da due cavalli attendeva la famiglia per compiere il viaggio da Milano verso Lainate.
Era la prima volta che Daniela saliva su un mezzo di trasporto del genere e restò affascinata dal fatto che gli interni fossero decorati con figure allegoriche, sulla quale fantasticò per una buona parte del tragitto.
Guardando fuori dal finestrino poté inoltre osservare il cambiamento dello stile di vita che il passaggio dalla città alla campagna comporta.
Lainate era un piccolo centro agricolo, ancora circondato da boschi e terreni coltivati, dove la attività lavorativa cominciava già dopo il sorgere del sole.
Era persino possibile scorgere bambini che portavano le loro mucche verso i pascoli.
Per la giovane il giorno dell'arrivo a Lainate si era trasformato nell'inizio di un sogno fantastico, destinato ad abbellirsi sempre di più.
La nuova dimora era immensa rispetto alla casa in cui aveva abitato fino a poco tempo prima ed aveva sentito che era occupata solo dai proprietari e da altre due famiglie, anch'esse ospitate da breve tempo nelle stanze settecentesche.
Uno dei pensieri più insistenti che assillavano Daniela riguardava la possibilità di allacciare qualche nuova amicizia, ella sperava cioè che vi fossero ragazzi o ragazze che avessero all'incirca la sua età e potessero condividere con lei i vari momenti della giornata.
Essendo figlia unica era infatti facile annoiarsi e poi sarebbe stato un vero peccato non approfittare dei verdissimi parchi per scorrazzare qua e là in compagnia.
L'incontro con Micol, figlia dei Toselli, avvenne nel pomeriggio, quando ormai la famiglia Raimondi aveva avuto il tempo di sistemare ciò che era rimasto loro dopo il bombardamento e di riposarsi un po'.
Micol aveva da poco compiuto sedici anni; anch'ella non aveva fratelli e non vedeva l'ora di conoscere la nuova ospite, poiché le persone che si erano aggiunte precedentemente nella sua abitazione erano due anziani, marito e moglie, e una coppia di sposi in attesa di un dolce bebè.
Un pomeriggio l'irrequietezza l'aveva spinta a girovagare per i numerosi corridoi quando, per caso, vide una ragazza che stava osservando meravigliata uno degli affreschi che ornavano la volta centrale dell'edificio.
Trascorsero alcuni minuti di silenzio prima che i loro sguardi si incrociassero e, nel momento in cui ciò avvenne, le due giovani si misero a ridere; poi si presentarono e cominciarono a chiacchierare per cercare di conoscersi meglio.
Durante la conversazione avevano attraversato alcune sale ed erano giunte sino alla porta che conduceva verso il giardino.
Si erano così trovate proprio nel punto in cui, con un unico colpo d'occhio, era possibile scorgere tutte le bellezze del parco in successione prospettica: dal Ninfeo passando per la fontana di Galatea con le sue statue in marmo bianco fino all'Esedra.
La tranquillità del luogo contribuì a creare nelle due adolescenti un sentimento di spensierata allegria e istintivamente compresero che avrebbero potuto diventare due amiche inseparabili.
Forse ciò dipendeva anche dalla speranza che entrambe nutrivano di poter continuare a vivere felicemente anche in un contesto di paura, miseria e distruzione, quale era quello della guerra.
Questa fu solo una delle affinità che legava Daniela e Micol, ma col tempo ne scoprirono altre, a partire dalla successiva visita alla serra, che conteneva numerosi esemplari di orchidee per sperimentazioni botaniche.
Qui Micol passava interi pomeriggi a prendersi cura delle piante, insieme all'esperto giardiniere di famiglia, ed ora voleva mostrare alla sua nuova amica questa oasi dai colori sgargianti e dai profumi intensi.
Daniela adorava i fiori fin da quando era bambina, poiché la madre era solita ornarle i lunghi capelli con qualche margherita.
Le due nuove amiche trascorsero tutto il pomeriggio nella serra e la sera si lasciarono con il proposito di visitare il labirinto di siepi, che si estendeva ai lati della fontana del Tritone e di cui oggi purtroppo non ne è rimasta traccia.
Per le due giovani le giornate erano diventate un'avventura nel corso della quale esploravano le meraviglie da cui erano circondate.
La Villa infatti vantava un parco all'inglese con alberi ad alto fusto dietro ai quali era possibile nascondersi durante le interminabili partite a nascondino; le limonaie del lato sud, che servivano per riparare le piante di agrumi che originavano i frutti di cui entrambe erano ghiotte e il Ninfeo, un luogo magico composto da finte caverne e nicchie abbellite da statue, sulle cui pareti rocciose erano stati realizzati mosaici di sassolini colorati a tempera.
Da qui potevano cadere fino a 100 metri quadrati di pioggia simulata e nel pavimento erano nascosti cinquanta getti d'acqua che si azionavano al peso dei passanti, quando apposite piastrelle venivano inavvertitamente schiacciate.
Il luogo dei giochi d'acqua, che valse a Milano il nome di "Città d'acqua", era uno degli ambienti preferiti da Daniela e Micol per confidarsi i segreti, evadere dalla realtà sognando di essere delle damine settecentesche o anche per discutere più liberamente riguardo le prospettive per il futuro.
Ormai era il marzo del 1945 ed era trascorso più di un anno dall'arrivo dei Raimondi in casa Toselli.
Erano anche già trascorsi cinque anni di guerra e la notizia della fine era imminente.
Nonostante gli allarmi di pericolo dovuti a presunti attacchi nemici e la paura che aveva preso i genitori delle due famiglie, le ragazze avevano sempre saputo portare un po' di conforto ai loro cari: proprio la dimensione fantastica in cui stavano vivendo permetteva loro di non essere coinvolte in troppe preoccupazioni, che a lungo andare avrebbero potuto portarle verso un'infinita tristezza.
Si consideravano anzi già fortunate per essere riuscite a stringere una forte e sincera amicizia che aveva fatto loro condividere numerose esperienze e, nel caso di Daniela, per aver passato un anno in una villa in cui non avrebbe mai pensato di poter entrare.
Sui loro volti si leggeva insomma tutta la gioia di vivere tipica di chi vede di fronte a sé ancora tutto il tempo per assaporare il gusto dell'esistenza.
La primavera avanzava e anche la natura sembrava suggerire il messaggio che la vita continua... deve continuare... e che è necessario rallegrarsi anche delle piccole cose.
Ora Micol e Daniela si erano lasciate trasportare da un'antica leggenda, la quale rivelava l'esistenza di un tesoro, detto "della gallina dalle uova d'oro", murato proprio nelle pareti di una stanza della Villa.
Questo era stato nascosto durante la fine del regno di Filippo V di Spagna in Italia, per paura di saccheggi da parte di armate nemiche.
Le due ragazze si erano accordate di svegliarsi all'alba per ispezionare di straforo le sale nelle quali era normalmente vietato l'accesso perché inagibili e pericolose, le ultime rimanenti per completare la ricerca.
Micol avrebbe dovuto chiamare Daniela scuotendola leggermente per le spalle, ma non ce ne fu bisogno poiché il pensiero della nuova avventura l'aveva tenuta sveglia.
Il buio, rischiarato solamente dalla luce di una candela, le nascondeva mentre procedevano a piccoli passi. Giunte a destinazione le due amiche iniziarono a bussare lievemente sulle pareti, stando attente ad ogni suono emesso.
Il locale sembrava una sorta di sala degli specchi, i quali, sia per la disposizione che per la larghezza, portavano a confondere le reali dimensioni del luogo.
"Forse ciò serviva proprio per far smarrire i ricercatori" esclamò Micol nel momento in cui Daniela trovò una botola segreta da cui partiva un lungo cunicolo.
Il nuovo ambiente era molto stretto, disadorno e misterioso: vi era solo una piccola scrivania sulla quale era stato sistemato un vecchio portacandele e un registro dei conti ingiallito dal tempo; dietro vi era appeso un quadro che riproduceva un caldo paesaggio mediterraneo.
"E se quel quaderno fosse appartenuto al segretario addetto alla gestione del patrimonio dei sovrani spagnoli?" esclamò Daniela eccitata.
"Il tesoro potrebbe essere vicino! Continuiamo a cercare!" la incoraggiò Micol.
Il suono delle pareti era identico a quello delle altre sale finché le due avventuriere decisero di togliere il quadro dal luogo in cui era collocato.
Fu proprio battendo in quel punto che si sentì un rimbombo, come se dietro al muro...
La bibliotecaria mi stava chiamando per avvisarmi dell'orario di chiusura dei locali e quando i miei occhi incontrarono i suoi capii cosa era successo: mi ero addormentata sui libri che narravano la storia della Villa Toselli e che stavo consultando per compiere una ricerca sull'argomento.
Era poi iniziato il viaggio nel tempo che mi aveva portata a rivivere quanto avevo appena letto e quanto mi aveva recentemente raccontato un'amica di famiglia riguardo alla sua infanzia, realmente trascorsa in quella dimora.
Uscendo ancora un po' confusa dalla biblioteca mi accorsi che l'edificio da cui mi stavo allontanando faceva anch'esso parte della antica residenza Toselli e, se non ricordo male, era usato in qualità di granaio.
Sono convinta che anche questo piccolo particolare abbia contribuito a rendere più reali le immagini che mi avevano attraversato la mente.
Un altro elemento non del tutto fantastico risulta essere la vitalità con la quale hanno vissuto Micol e Daniela, vicine a me per età, che rappresenta lo spirito con cui io stessa sto vivendo questa mia gioventù.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010