Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
1ª edizione - (1998)

Un'esperienza di lettura

Oggi sento il sole sulla faccia, caldo, il primo caldo; e quella sensazione che sembra dirmi "riposa fratello, oggi va tutto bene", mi invade e mi conforta.
Come fanno i comignoli a starsene fermi, immobili sui tetti, mentre sotto a loro le strade, gli uomini, ridono, e guardano loro stessi con altri occhi, quegli occhi che sembrano dire "oggi no, oggi non voglio che niente sia chiuso, oggi tutto deve stare allerta".
E io, poeta del semplice, sorrido nel sentire questa sorniona armonia.
Non possiedo una finestra da dove poter rubare attimi d'intimità ai passanti, coglierli nei loro/nostri infantili risvegli, quieti.
Io immagino; mi cullo in questo trasognante sonnecchiare, chissà che non sia il senso del tutto? Immagino in questo teatro urbano muoversi i miei attori, sciolti dai fili, marionette di se stessi, intrecciarsi liberi, anche se e per poco, dal freddo, quel freddo che viene da dentro.
Così vedo X mentre se ne va al parco, con quello sguardo che sembra abbracciare tutta la strada, già percorsa e ripercorsa, ma ad ogni tratto sempre nuova, sempre più luminosa - mi sembra di essere lui! - e lo vedo saltare senza motivo alcuno, felice nell'aria tersa; non c'è alcuna ragione perché lui vada al Sempione, ma oggi tutti stanno facendo la stessa cosa, senza motivo alcuno. Ma ci deve essere un perché per andare a stare bene? No, e infatti adesso il parco è pieno di gente felice, che per oggi ‚ in tregua, non cerca nulla, non si affanna per niente, solo vive.
X veloce corre sulla sua bicicletta, e ad ogni pedalata si richiede necessaria una sosta per salutare qualcuno, al quale tre giorni prima avrebbe solo accennato un movimento del collo, giusto per quieto vivere, ma ora... è tutto diverso, adesso anche il più inutile dei conoscenti diventa pretesto di comunicazione.
Chi sarà sopravvissuto all'inverno quest'anno? Chi è rimasto e chi non c'è più? E chi tra poco si nota che se ne andrà? Fratelli che diventano amici, che passano a conoscenti e che finiscono con lo scomparire.
Grande madre rendici ancora una volta partecipi di questo miracolo.
Il risveglio.
Come preso da un torpore X percorre i luoghi tipici delle sue giornate di sole e non, chi c'è? Panchina, ragazza, capelli bruni. Sì, Y.
Oggi è più facile dire ciao. "Ciao, com'è?"
"Ciao X, come stai?"
"Si va beh, tutto bene, anche tu, cosa hai fatto oggi, a casa tutti bene e simili; dammi un bacio". "Sei pazzo?".
"No, c'è il sole!".
"Chi se ne frega!".
"Come chi se ne frega, non lo senti nell'aria questo ritmo?".
"Potrei anche sentirlo, non per questo dovrei baciarti".
"Sì ma sarebbe giusto capisci? Oggi la gente è tutta fuori, oggi la gente sorride. Ho solo voglia di ridere oggi, ridere con te".
"Sai che non vengo mai al parco? Non so perché ci sono venuta".
"Perché dovevi incontrare me, ovvio, dai avvicinati...".
"No, non sono venuta per te".
"Allora sei venuta perché dentro hai voglia di sole".
"La smetti con questo sole? Tante altre volte c'è stato il sole prima di adesso, perché oggi dovrebbe essere diverso?".
"Perché prima era un sole smarrito, pallido, oggi invece è l'inizio di un altro ciclo., Tu no ciclica?".
"Possibile che tu sia sempre tendenzialmente stupido?".
"Possibile che tu sia sempre così tendenzialmente fredda, incapace di capire, o fai finta? È tutto l'inverno che ci giriamo intorno".
"Non sono fredda!".
"Invece sì!".
"Vogliamo litigare?".
"Oggi no, vado".
"Dove?".
"A cercare qualcuno che abbia voglia di sole!".
Da quel dialogo generalmente X sarebbe uscito alquanto amaro, stranito, stizzito, contrariato, nella giornata giusta anche depresso, ma oggi no!
Gli Hare-Krishna, vestiti di arancione passavano per il parco intonando canti e ballando, e guardando bene dove camminavano restava un alone di arancione.
Ad un tratto accadde qualcosa che pareva testimoniare che il tempo oggi non veniva scandito soltanto dalla Swatch, e dai tamburi africani all'anfi, ma che un ritmo superiore si rendeva manifesto. Un cigno, bianco, candido, stagliandosi nitido sullo sfondo, venuto chissà da dove, e soprattutto, si domandò X - perché - si posò quasi al centro del parco, come se niente fosse.
Al momento nessuno fece caso a lui, a parte X, che dopo aver bloccato le falcate da Moser metropolitano, togliendosi gli occhiali, con espressione stemperata sul viso propria di chi percepisce l'imprevisto, posa un piede a terra.
Pare strano a raccontarsi, certo non posso dipingere perfettamente l'immagine che stava venendo a prodursi; come un ralenti, piano, dolcemente, una dopo l'altra le persone cominciarono a focalizzare la loro attenzione sull'animale. Quello stava lì come se nulla fosse, come se si trovasse nel più naturale dei laghi, nel più puro dei luoghi. Dalla sua sinistra X sentì avanzare il più denso dei silenzi, come un onda, che formandosi attrae a sé l'acqua, che quieta sta sulla battigia, e poi con naturale violenza si riabbatte su di essa sommergendola.
X si sentì parte di quel risucchio, e l'attenzione di molti diventò come l'ammirazione di uno. Improvvisamente cercò intorno a sé gli sguardi di coloro che sentiva partecipi di quell'onda; trovò chi con lo sguardo oltrepassava il cigno e cercava di capire cosa avesse bloccato gli animi di tutti, di chi aveva smesso di giocare a calcio, di chi restava con l'accendino acceso nella mano immota e la sigaretta pendente dalla bocca, di chi non si era accorto di niente, e di chi come lui, si sguardava intorno, cercando per un istante un compagno che condividesse quel ralenti.
Come negli avvenimenti significativi non seppe dire se quell'onda fosse durata un lunghissimo istante, in cui si ha il tempo di interpretare, o se vi fu solo lo spazio per un'emozione, che si può solo vivere, vibrante come il batter d'ali, tra uno stormo di uccelli. Tra lo sguardare vario intese il peso di due occhi tra tutti, due occhi, che per quanto lontani, X percepiva come neri, intensi. Tra i percettivi c'era chi poneva omaggio, con personale metodo, al cigno; chi capiva di più, chi credeva di capire, chi non capiva nulla e contemplava, chi rideva, chi indicava, chi si muoveva; c'era anche chi alzava gli occhi al cielo, compiendo gesti appropriati, inutili, esoterici; chi si stupiva. Ma c'erano soprattutto quei due occhi che lo guardavano e sorridevano, immersi nel sole e nella luce, e chi possedeva quei due occhi, come lui, ferma restava nel suo posto di spettatore, e in silenzio assaporava l'insieme.
Non appena l'onda andava esaurendosi, come uno spirito, il cigno si librò nell'aria, e volando si portava via, come se avvolgendolo sfiorasse le sue chiare piume, con la stessa intensità che devono provare i flutti nello spumeggiare incontrando un grigio masso di fiume, l'attimo silenzioso, quasi religioso, che si era diffuso nel sole.
Da dietro X sentì una presenza giungere e cingerlo con le braccia:
"Mi accompagni a prendere una coca?".
"No, sì, cioè, scusa adesso devo vedere una cosa, arrivo".
Y vedeva allontanare X mentre s'incamminava verso il suo sole, e non fece nemmeno in tempo a capire che a volte basta un cigno, un sogno, per cambiare le cose, che un cono d'ombra le raggiunse il volto.
Ed ebbe freddo.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010