Le Affinitą, il viaggio, la memoria
Attorno a me un rimbombante silenzio a tratti tagliato solo da un venticello leggero e pungente che, sibilando dolcemente, vola via ricomponendo quella magica assenza di rumore che mi abbraccia. Sento sulla pelle i tiepidi raggi del sole, che timidamente riscaldano le fredde lastre d'ardesia della baita il cui tetto è ancora coperto da un sottile strato bianco e cristallino. Seduta sulla soglia della vecchia porta in legno, contemplo le montagne, illuminate dal sole, stagliarsi sul versante opposto della valle, rese ancor più maestose dal candido manto argenteo. Sono lì, immobili come sentinelle, grandi e imponenti, misteriosamente consapevoli della loro eternità. Distaccate apparentemente dalla vita frenetica che si svolge a valle, esse scrutano, osservando dalla sommità delle loro vette sagomate, il piccolo, tumultuoso mondo degli uomini. Mentre le bianche cime risplendono dell'ultimo sole e l'ombra copre velocemente i colori della valle, noto un filo lucente oscillare dalla grondaia e alla sua estremità un ragnettino procedere sinuoso la sua faticosa salita, cullato dal dispettoso vento. Sale leggiadro in modo armonico e ritmato intraprendendo una lenta danza. Le zampe finissime pizzicano delicatamente il sottile filo, come se fosse un'arpa. Lo osservo incuriosita: lui così piccolo, ma tenace, continua imperterrito nonostante le folate di vento più freddo, che serpeggiano nell'aria serale, gli rendano l'impresa più ardua. Quanti ricordi che all'improvviso mi riporta! Tante esperienze di montagna... Faticose salite che suscitano immense emozioni; sensazioni profonde che risvegliano persino quell'io più intimo e sconosciuto. Poi esse svaniscono, lasciando però una memoria insieme gioiosa e struggente. È impossibile restare indifferenti! Proprio lassù così in alto e a contatto del cielo avviene il grande incontro: il superbo uomo, giunto a fatica su un'insignificante sporgenza del mondo, orgoglioso e fiero delle sue capacità. Intorno a lui regna l'incontrastato e vasto infinito, taciturno e visibilmente assente, avvolto in quel saggio silenzio che tutto lascia intendere a chi anche solo per un istante ferma la sua frenetica vita per contemplarlo, estasiato dalla sua magica bellezza. Lassù ci si sente piccoli e fragili come foglie in balia del vento, di fronte alla meraviglia che ci circonda. Montagne così imponenti e affascinanti si stagliano in lontananza a confine del limpido cielo. A queste riflessioni la suggestione si fa più precisa: dalla cima del Gran Paradiso osservo estasiata il fantastico mondo che si presenta ai miei occhi. Immense bianche distese di nuvole qua e là interrotte da vette che spiccano come scogli scuri emergenti da onde spumeggianti e verdi valli sottostanti, ampie e sconfinate. Qui in alto a più di 4000 metri, la mia mente si affolla di pensieri, distaccata dal mondo umano che da qui posso vedere ma ormai non ne faccio più parte; se non sapessi che laggiù, nelle città o in un'altra parte del pianeta si svolge la vita di milioni di esseri umani non potrei immaginarlo. Vi sembrerà strano, ma anche se quassù o su qualsiasi altra vetta non c'è niente o semplicemente rocce, come direbbero in tanti, in realtà vi è tutto ciò che può rendere felici. Si aprono infinite dimensioni che racchiudono mondi straordinari capaci di suscitare emozioni inaspettate, pensieri di per se stessi fonte di stupore. La montagna così imponente e spaventosa, ma dal cuore grande e delicato è come una palestra di vita. Proprio come il minuscolo ragno che faticosamente si arrampica sul sottile filo di ragnatela, lottando contro il vento, così l'uomo intraprende ardue salite non prive di ostacoli, andando alla ricerca di se stesso. La salita risulta così il momento più importante di questo suo viaggio interiore; egli infatti, attraverso la fatica che la salita comporta, medita, interrogato dal silenzio della montagna. Egli elabora continuamente pensieri, riflessioni, stati d'animo che lo coinvolgono in un profondo viaggio dentro se stesso. Ed io fin qui giunta, portata dalla mente che irrequieta erra senza meta né sosta, come in un labirinto tortuoso, getto l'occhio sul piccolo arrampicatore che con difficoltà sale ancora il suo filo, a causa di quella leggera brezza che mi solletica il viso ma che a lui appare come un turbine pericoloso. Buffo come ogni cosa sia relativa, proporzionata ad ogni creatura. Non vi è nulla di veramente piccolo o di veramente grande; tutti ci troviamo nelle medesime condizioni anche se con forme diverse. Ma che sorpresa, insieme tenera e sconvolgente: affine a un ragno, la sua fatica, il suo movimento ma con un'altra, diversa memoria.
»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni