Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
3ª edizione - (2000)

Rosso al tramonto

Sta rotto il mio cuore su questa nave che parte da morte speranze.
Viaggio è il mio di passione, al di là del duello di sangue che scuote le vive apparenze e si getta livido e stanco nel mare di nebbia.
Tensione estrema nel suono di queste corde impazzite.
Storia di amore e di morte su questo pontile.
L'attimo fisso in un solo presente e l'essere è vero solo nel trapasso di morte e il vivere ora è presentimento di sogno.
Ecco il presagio che diventa realtà; il navigare mi è triste su tali assonanze di stelle.
Cala la notte. Porta rossore oltre il monte del disio perenne, dove la luce si staglia a schermo e riflette ancora le vive illusioni di un mondo che scorre.
Son ormai giunto al punto dove vivere è essere e l'essere consistere.
Provo stanco ad aggrapparmi all'ancora che esce dall'acqua e mi getto in tuffo nelle onde selvagge. Ma sempre il mare mi trascina alla riva e riparto da capo alla ricerca di un vero che non sia illusione.

Rimembro ancora le giornate trascorse insieme nei dolci cammini tra i boschi ed i sogni di noi giovani e soli e il futuro davanti ai nostri occhi assorti.
Là mi parlavi del viaggio e disegnavi alla mente terre ansiose ed eterne ed alberi che copron di ombra la valle e le nevi sui pendii ed il sole.
Quel cielo d'estate, quel candore di stelle al tramonto, quelle albe fresche e sincere.
Lì il sogno di un nostro futuro ed i capelli biondi e sgranati fondersi alla luce.
E il cavallo a dondolo su cui ti muovevi e non ti fermavi.
E non ti sei più fermata. E mai più ti ho vista e sempre ti ho amata nella speranza di un ricordo perso nella voce di sempre del mare.

Mai più ieri, oggi e domani, non più sere d'estate, non più sole, non più luce, ma il freddo pallore di una notte eterna.
Ed il triste grigio monotono di questo viaggio ed una meta pregata e sofferta.
Ma c'è solo la morte nel persistere errante allo squillo di tromba.
Vedo nel cielo il ghiaccio perenne del nord ed i caldi bollori del deserto e sterminato lo spazio delle acque e delle nuvole in coro.
Cantano per la mia assenza e si dileguano al mio sguardo e così le sirene, che si mostran liete e fuggono poi ad ogni mio invito.
E poi il nulla.
La nebbia che copre i contorni e rende immensa ogni minima distanza.
La nebbia delle distese marine, con il suo carico di vendetta.
La nebbia dell'odio, che cancella ogni ponte e separa gli argini dei fiumi.
La nebbia dei cuori, che fa la vita triste e solenne e dimanda di questa scelta una ragione.

E se non saran dolcezze saranno rossori di sangue e se non vedrò il cielo al di là dell'alba, sarà il cielo a veder me morente e felice.
Non ho più forza per questo viaggio.
Sono le trombe del cielo che me lo annunciano; sono le corde che strigliano al buio.
È l'aria che mi fende nella sua brulicante passione.
Il cielo è un violino e suona su corde tirate all'eccesso.
Tutto è un eccesso.
Mi sento folle in ogni singolo istante.
Non sento più il peso di questa triste follia.
Ma arrivi una fine a questa delirante fuga.
Basta con la distanza tra terra e terra, tra cielo e mare.
Ogni singolo fruscio lo avverto negli occhi in tempesta.
Ogni minima nota del mare trasmette il suo suono alle onde e le fa scoppiare in una gioia impossibile.

La mia testa ha ormai perso ogni forma di umano.
È solo un grumo di parole e di istinti.
Vibra il mio pazzo pensare al ricordo di allora e di adesso.
Non c'è ragione nell'abisso dei sensi.
Non c'è un vero nel viaggio senza una meta.
Ormai nulla mi sembra vero da questa nave.
Mendaci le forme.
Mendaci i colori.
Mendaci i suoni.
Mendace l'essenza.
Tutto è falso. Tutto un castello di fumo su un monte di cenere.
Tutto un fantasma di una vita mai vissuta.
Non c'è più spazio per il ricordo.
Non c'è più spazio per ogni via di fuga.
È finito l'universo sotto i miei piedi.
Tutto il mondo è ora lo spettro della nave sotto i miei piedi.

E se non può essere amore, sia morte.
Odio e amore, vita e morte.
Questo destino si presta ad ogni fiato di stelle.
Siamo ora sul pontile. Quanto mi è grave il duello degli occhi tristi nella notte.
E ti abbraccio sola con le vesti intrise di rancore.
E ti ciondoli lieta al comune destino, proprio ora che non c'è più tempo per guardare al futuro e il presente è fatto di eterni secondi.
Soli questi attimi lenti e veloci e perenni.
I loro compagni si apprestano ad inseguirli ed intanto mi fermo sul colore candido del tuo volto.
E sei felice, ti vedo, in questo totale dileguarsi che è vivere e sparire.
La vita solo in un momento. Solo in questo sguardo di pochi attimi, quando il tempo si ferma e il sole splende nel cielo e alto consola i tristi dolori.

Tu lo sai che non ci può essere eterno oltre questo momento.
E già i tuoi occhi si riempion di lacrime e le tue labbra si accostano per l'ultimo fiato di vita.
E si spande la luce su quel tuo viso di marmo, mentre le corone di fiori ti cingono il capo.
Quella luce che sta dietro lo specchio di ogni animo umano.
E che solo le cose fioche e buie avvertono.
E l'uomo vive di questa luce e non sa della sua presenza.
Non la vede. Ma la sente. E ciò gli basta per vivere e sorridere.
E ti tocco ancora con un dito bagnato di lacrime.
Un dito di fronte allo specchio. Un soffio. Uno sguardo.
Il sole sulle acque.
Lì l'eterno.
Quella luce, quell'attimo l'eterno. Il resto fioco e fragile.
Terreno. Vano.
E l'eterno vero è solo questo.
Quella luce che sta dietro lo specchio dell'animo umano.
E solo il nostro viaggio ti fa vedere quanto sia preziosa e già ti inonda lo sguardo.

Ed anche il mio viaggio è ormai giunto alla sua ultima meta.
Ora almeno un'immagine nitida alla vista.
La nave rientra e non vuole ripartire.
Sogno di notte d'inverno e dal monte una stella che splende di par bella vera e sola.
Ti stringe il core all'eterno, lo sguardo volti alla valle e le luci di festa si fondon in uno.

Il cuore dirige i miei battiti lenti.
Resta alla vista il sipario calato.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010