Le affinitą, il viaggio e la memoria.
"Io" che giaci dentro di me, inconscio profondo e misterioso, coscienza tranquilla, ragione che domini la mia vita, essenza propria di ciò che sono: è a voi che mi rivolgo quando devo mettere a nudo i miei oscuri pensieri, per sciogliere i loro nodi e renderli più comprensibili, o quando la mia mente vuole viaggiare intorno a se stessa e ai pensieri che ha elaborato, avvalendosi di voi come strumenti e soprattutto come compagni. È cosa difficile esprimersi correttamente, ma tanto più lo è se si vuole mettere l'anima in quello che si scrive, e per anima intendo tutto quanto di positivo e sincero c'è in noi. Mani fragili e minute, grazie perché mi date la possibilità di far fluire i miei pensieri leggeri dentro l'inchiostro della penna, e di concretizzarli su un foglio bianco, renderli finalmente visibili e fissi, tali da poter essere recuperati in caso la mia memoria, sovraffollata, si scordasse di loro o li mettesse momentaneamente da parte in un angolino cupo. Occhi lucidi e buoni, grazie, perché se anche a volte mi rendete partecipe e consapevole di situazioni che preferirei evitare, il vostro ruolo è imprescindibile nella mia vita; voi siete i recettori primari del mondo che mi ospita e mi rendete in grado di sviluppare un repertorio vastissimo di esperienze. L'esperienza solitamente è collegata alla conoscenza di qualcosa di nuovo, che ci permette di crescere, e da essa può derivare una riflessione su come siamo cambiati. Si cambia in continuazione: in ogni secondo, in ogni minimo frammento di tempo si percorre un viaggio, sia esso fisico o intellettuale. La mente è sempre attiva e, un po' per curiosità, un po' per l'intrinseca sete di conoscenza, intraprende pellegrinaggi la cui durata varia da un secondo all'infinito. Tutta la vita può essere imperniata su un itinerario mentale, che diventa in questo modo uno scopo da perseguire. Si può viaggiare dentro noi stessi, per cercare di comprendersi e capirsi un po' di più, stando completamente fermi con ogni muscolo del corpo, ma tenendo ben attivo il cervello e cercando di collegarlo a quell'inconscio che c'è in ognuno di noi e che ci permette di fondere insieme le esperienze reali e quelle mentali, ottenendo infine uno splendido quadro raffigurante, attimo dopo attimo, noi in relazione con il mondo. Il mio quadro è un tela grezza nella quale si confondono vari colori, vari intrecci, vari stili, ciascuno corrispondente ad un momento particolare della mia vita, ad una situazione caratteristica o ad un evento memorabile, sia in senso positivo che negativo. Ogni giorno è un puntino, una striscia sottile di colore, che non rimane certo da sola, bensì si sovrappone ad altri giorni, si mischia ad altri puntini. Ci sono infatti momenti in cui il viaggio fisico e quello mentale hanno molto in comune, così tanto da coincidere e da non essere più distinguibili, così tanto da formare una sola essenza che solo chi è il protagonista dell'esperienza può percepire... un'essenza sottile, come un velo di profumo che persiste nella mente, ma realmente non si può né vedere né tanto meno toccare. In queste eccezionali occasioni si stabiliscono dei ponti di collegamento tra noi e gli oggetti dell'esperienza, e questo meccanismo riflette la grande compatibilità che si viene formando fra il nostro "Io" più intrinseco e radicato, quello sconosciuto agli altri, anche agli amici più intimi, e talvolta sconosciuto (almeno in parte) anche a noi stessi e per questo in grado di stupirci, e la natura che abbiamo sperimentato. La natura è secondo me l'oggetto più adatto per questo tipo di viaggi, che coinvolgono sia la nostra ragione che la nostra anima, poiché essa fa parte del nostro "Io" e ci permette quindi di trovare delle affinità fra le nostre e le sue componenti fondamentali. D'estate l'acqua marina diventa come il mio sangue, passo la maggior parte della giornata immersa nell'azzurro, che ritrovo anche sopra di me insieme a qualche nuvola. Divento anch'io una creatura del grande mare. Anch'egli si arrabbia e allora ecco la burrasca. Anch'egli riflette quieto, ed eccolo al tramonto, senza alcuna onda che increspa il suo viso, con quattro gabbiani che intrecciano il volo e si riposano sugli scogli, con un sentiero scintillante di luce che parte dalla riva e si perde nell'orizzonte, nel sole rosso che mi lancia l'ultimo raggio sulla guancia. Io sono in cima alla scala che porta alla spiaggia, zitta, guardo il mare e mi ci perdo dentro, percepisco tutta la sua immensa tranquillità, tutto il suo silenzio avvolgente. Il sole scompare dietro le rocce, l'aria da tiepida si fa più fresca e io sussurro "buonanotte" al mare, felice di potermi svegliare insieme a lui l'indomani mattina e di poter riprendere i miei viaggi interiori.
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