Un'esperienza di lettura
Il modo in cui preferisco occupare il mio tempo è senz'altro leggendo perché credo che sia stimolante, divertente e istruttivo. Passo ore intere immersa nela lettura, senza accorgermi di quello che mi succede intorno e anche quando smetto di leggere resto ancora concentrata sulla storia come se fossi in un mondo diverso da quello che mi circonda. Quello che apprendo dalla lettura mi rimane in mente e anche quando ho finito un libro, ci penso spesso, lo tengo insieme agli altri in un angolo della mia memoria.
Per me il carattere più preponderante è quello di poter chiudere un libro e dire di essermi sì divertita, di essere stata sì stimolata a riflettere su alcune affermazioni e considerazioni dello scrittore, ma soprattutto di aver ricavato dall'opera qualcosa in più per il mio bagaglio culturale. Mi sprofondo alla ricerca di dati che non conosco, di contributi interpretativi da analizzare e possibilmente da discutere tutto ciò avviene in un testo di critica sugli argomenti letterari, filosofici, artistici più disparati. Mi piace scoprire di non conoscere alcune cose (e ce ne sono molte!), capire perché un certo studioso arrivi, sulla base di alcuni testi a determinate conclusioni. È un attività veramente gratificante: poter "parlare" con Seneca di filosofia della vita, "discutere" delle donne e dell'amore con Catullo, Ovidio e Properzio, capire l'importanza della dialettica con Socrate e Platone...
Approfondendo la lettura di tanti capolavori dello scrittore di Racamulto, ho apprezzato l'abilità narrativa e l'intelligenza con cui Sciascia costringe il lettore ad entrare nel bel mezzo dell'azione del suo romanzo-giallo, per coinvolgerlo nell'indagine e nella spiegazione dei fatti. Egli dissemina indizi e dati attingendo dalla sua volterianna cultura per consentirci di penetrare la chiave del suo discorso.
Le letture forniscono gli strumenti per il vivere quotidiano, che danno anche risposte (o le suggeriscono) ai mille perché proposti dal nostro rapporto con la realtà, che non è sempre (per non dire mai) così come la vorremmo.
Pirandello credeva che gli uomini non vedono ciò che è la vera sostanza delle cose, ma sottolineava una drastica sfiducia nella possibilità di conoscere veramente la realtà. Secondo lui il mondo è dominato dal caso ed è privo di senso, così l'uomo si forma delle rappresentazioni continuamente mutevoli dell'ambiente che lo circonda e perde la propria univocità, disperso nella molteplicità dei suoi rapporti. I personaggi pirandelliani nelle rappresentazioni teatrali appaiono sempre sull'orlo della pazzia, sono rigidi ed esagitati nei movimenti e Pirandello imperversa su di loro senza velarne lo squilibrio: sembra di essere al di là dell'arte.
Spesso il mondo sensibile si configura a seconda del nostro mondo interiore che riesce a plasmarlo per poterci vivere in armonia. È una realtà, quella che ci creiamo con le idee, con il linguaggio, con i testi scritti, che per noi assume la stessa importanza di quella concreta, formata da oggetti, animali, piante...
Tutto quello che ci circonda è più vivibile e chiaro grazie agli scrittori che lo rendono più coglibile nelle sue parti.
Ho letto un libro che considero bellissimo; non si tratta di un romanzo e neppure di una raccolta di storie, eppure ha una trama e dei personaggi, narra un fatto molto particolare, anche se è la storia di tutti gli uomini. Si tratta dell'"Antologia di Spoon River" dello scrittore americano E. Lee Masters, il quale immagina che le persone seppellite nel cimitero di questa piccola città parlino di sé e della propria vita passata, ognuno attraverso una poesia. I personaggi non sono però solo gli abitanti di Spoon River, sono un po' tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini del mondo; le loro vite furono simili alle vite di molti altri così pure le loro morti, che spesso vengono ricordate dalle poesie.
Tutti abbiamo un po' paura di quello che la gente potrebbe pensare di noi, ci comportiamo a volte in un modo poco sincero e preferiamo rinchidere la nostra personalità, le nostre emozioni su un foglio di carta che alcune volte diventa di dominio pubblico.
Credo che se veramente chi non c'è più potesse raccontare la sua vita, lo farebbe in modo molto diverso.
La poesia è l'espressione dell'immagine interiore dell'uomo, il tramite fra l'io inconscio e l'io conscio, un modo per scoprire la via di fuga, l'anelllo che non tiene, la maglia rotta della rete che avvolge l'umanità impedendole di sublimarsi nell'amore, soluzione unica e sicura di tutti i suoi problemi.
Giovanni Verga il nostro maggiore scrittore verista ha saputo rappresentare l'amore, anzi l'eros, dal punto di vista della donna, del corpo, del sesso e del sangue come pochi altri. Penso alla Lupa che ha consentito alla grande Anna Magnani di lasciarci un'interpretazione indimenticabile a dimostrazione di come tra libri e teatro il rapporto sia sempre possibile.
La conoscenza delle varie forme dell'amore è riscritta da Alberto Bevilacqua che la rielabora attraverso memorie, esperienze, sensualità e sessualità. Ripercorre quest'affascinante avventura con un'avvincente trasgressione, mistificando il bisogno di evasione: l'amatore è caldo e mangia con gli occhi l'amante, la prima uva, il pane...
Robert Westall racconta con spietata lucidità l'educazione sentimentale, il "Gioco pericoloso" (dopo il rugby) del giovane Akker. La sua iniziazione al sesso e ai sentimenti è densa di rischi sia per lui che per Emma, la sua innamorata, poiché nessuno nell'Inghilterra del 1949, potrebbe capire e soprattutto accettare la relazione tra un ragazzo di diciassette anni e una donna di trentadue, che per di più è la sua insegnante.
Enrico Brizzi servendosi di una trama esile, ma fitta di contorni e di dialoghi esilaranti, racconta la storia di un ragazzo, di pochi anni più piccolo di lui, ritoccati da rapide annotazioni, della scuola, degli amici e dell'amore.
Io come molti altri ragazzi mi sono rispecchiata negli spassosi giochi verbali, nelle caratteristiche sostanziali del protagonista della storia "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", Alex D., e dei suoi skazzati amici, sempre pronti ad osservare e giudicare con caustica esattezza le grettezze e il conformismo non solo degli adulti, ma anche dei loro coetanei.
Nessuno come Enrico Brizzi era riuscito a mettere a fuoco con altrettanta chiarezza la sconfitta di una generazione, nel suo ultimo romanzo "Bastogne". Il giovane autore vi descrive gli umori freddi, impassibili e crudeli di un gruppo di ragazzi di buona famiglia inferociti contro i falsi valori della società borghese, ma registra ogni sadica impresa con implacabile precisione: è un delirio di onnipotenza "confortato" da estreme giustificazioni idelogiche e ambigui modelli culturali.
Le situazioni e l'ambiente sembrano ricalcare in chiave più cruenta la vicenda del celebre film "Gioventù bruciata" e dei suoi inquieti e tormentati protagonisti, simbolo di una generazione che reagisce con la violenza a un mondo nel quale non può riconoscersi.
Questo film di Ray è un ottimo esempio della grande stagione del melodramma hollywoodiano degli anni '50 che consacrò il mito di Dean, pochi mesi prima della tragica scomparsa.
Sarò forse un po' anacronistica, ma in questo nostro tempo di crisi dei valori, di confusione e smarrimento, ho conservato gelosamente dentro di me le parole di Giuseppe Mazzini, lettemi a scuola in seconda elementare dalla mia maestra: "La vita non è la ricerca del benessere, lo studio del come procurarsi il maggior numero di sensazioni gradevoli: la vita è una missione".
Per me significano che bisogna cercare di arrivare fino alla fine senza mai arrendersi, tentando di superare le difficoltà con la fede nell'uomo e in se stessi. In questa specie di lotta la lettura e la scrittura forniscono un grandissimo aiuto, sono gli amici che ci sanno ascoltare ai quali riusciamo a confidare le nostre paurose angosce, ma anche le irrefrenabili gioie della nostra esistenza.
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