Intervista a Gandhi
Ero laureato da poco e, fortunatamente avevo trovato subito lavoro in un giornale: il Dada.
Dopo qualche anno venni mandato dal mio direttore, un uomo distinto, alto, robusto, con una barba folta e chiara; in India dove avrei dovuto intervistare Mohandas Karamchand Gandhi.
Sono partito da Londra il 22 gennaio del 1940; ho preso l'aereo per l'India alle ore sette in punto, ero nervosissimo poiché presto avrei dovuto incontrare il Mahatma (grande anima), come lo aveva soprannominato Rabindramath Tagore.
Sull'aereo rimembro Gandhi, quando quell'uomo piccolo raggiunse l'Africa nel 1893, egli, infatti, non ha mai negato a nessuno il nervosismo e il timore del suo primo viaggio di lavoro.
Sono arrivato in India la mattina seguente, ad aspettarmi non c'era nessuno, ho chiamato un taxi e mi sono fatto portare in uno dei quartieri più vicini al maestro: tra la povera gente.
Sceso dal taxi allibito sono restato a guardare l'anziano signore, magro, senza capelli, con un paio di occhiali piccoli e tondi sul naso e un lenzuolo per veste. Egli era seduto su un muretto e intorno una gran folla, tacita, ascoltava i suoi insegnamenti.
Non ci credevo, non credevo ai miei occhi, lì a soli pochi metri sedeva Gandhi. Poi strattonato dal tassista tornai in me e, dopo aver pagato Rodriguez, questo il suo nome, giungo nel campo dove Gandhi stava spiegando ai suoi fedeli il significato dell'Ahimsa ovvero la pratica della non violenza e del Satyagraha che indicava la fermezza e la verità.
Ascoltai in silenzio quella voce stridula, ma che si sapeva imporre.
Non riuscii a strappargli nemmeno un'intervista e dopo qualche giorno venni richiamato a Londra.
Tornai in Inghilterra il 2 febbraio del 1940 non avevo ottenuto molto, ma ero in ogni modo soddisfatto poiché avevo udito personalmente le parole del maestro, scrissi allora qualche articolo che fece eco nel mondo.
Due anni dopo ebbi la fortuna di tornare in India e questa volta incontrai e parlai personalmente con il Mahatma.
Gandhi era stato arrestato poiché si era opposto al governo britannico.
Così decisi di andare a trovarlo proprio lì, in uno squallido carcere e lì iniziai a porre qualche domanda.
In principio le mie domande non ebbero alcuna risposta: pensai che, forse, dovevo guadagnarmi la sua fiducia. Scrissi ancora qualche articolo sui suoi problemi, articoli che vennero pubblicati.
Dopo qualche settimana Gandhi accettò di parlare con me.
Ero lì in quella stanza grigia e buia con lui, Mohandas Karamchand Gandhi.
Iniziai a sudare, sentivo caldo, ero nervoso poi mi tranquillizzai e chiesi:
- Con quale forza lei è riuscito a prendere queste decisioni importanti; si è opposto al governo Sudafricano prima e londinese poi.
Lui mi fissò con gli occhi pieni di speranza e rispose:
- Credo nella non-violenza poiché non sopporto i soprusi verso la povera gente; la povera gente sa amare e l'amore è l'unico rimedio contro ogni forma di odio. Sboccia soltanto nel cuore di un uomo senza paure.
Lo guardai e mi resi conto in quel preciso istante quanto noi sottovalutiamo l'amore per il prossimo. Dopo aver riflettuto su tutto quello che mi era stato detto da lui tramite quella risposta dissi:
- Lei si ritiene libero, vero?
- Vero! - affermò Gandhi
- Non si ritiene povero, giusto? - continuai
- Giusto! Ma la prego continui - ribatté il maestro.
Gandhi rispondeva alle mie domande molto semplicemente, con frasi che noi oseremo definire "frasi fatte".
Non capivo cosa voleva dire a me e al mondo; o meglio lo capivo, ma ero incerto, perplesso.
Rivolsi a Gandhi altre domande ma le risposte erano sempre dello stesso "tipo": enigmatiche come fosse un oracolo della Grecia arcaica; cercai allora di essere più preciso e guardandolo presi coraggio e chiesi:
- Lei è un uomo libero, ma cosa è la libertà per lei? -
Gandhi rispose:
- L'uomo vive liberamente soltanto se pronto a morire, se necessario, anche per mano del fratello mai a ucciderlo.
Ripresi e dissi:
- Perché ha scelto di vivere nella povertà e nella miseria vivendo con una tazzina di latte di capra al giorno?
Gandhi scosse il capo e affermò:
- Più si soffre più si aiuta. Accumulare ricchezza vuole dire accumulare peccati.
Allora continuai, imperterrito, a far domande a quell'uomo che io ancora, vedevo contorto.
Il giorno seguente tornai alla prigione, ma il Mahatma era stato rilasciato poiché i militari inglesi non avevano accuse contro di lui.
Pensai ad altre domande da porgli, ma non mi venne in mente nulla.
Iniziai, allora, a pubblicare articoli che riguardassero le sue parole, le sue idee, la sua vita giorno dopo giorno.
Nel 1944 egli s'impose per un'India libera; in seguito guidò una marcia di protesta contro il monopolio inglese del sale. Gandhi ebbe un ruolo fondamentale nel corso delle trattative e nel 1947 l'India divenne indipendente.
Approfittai del fatto per tornare alla riscossa: volevo intervistare Gandhi, ma questa volta con domande più precise e senza timore. Chiesi:
- Come è riuscito nel 1915 ad ottenere importanti riforme a favore dei lavoratori indiani in Sud Africa?
Gandhi molto sinceramente affermò:
- Non ci sono riuscito io, ma c'è riuscita la gente e il loro reciproco amore.
Ripresi a far domande con più sicurezza e domandai:
- Come è riuscito nel 1919 e nel 1921 a realizzare queste "campagne di protesta"?
Gandhi rispose fermamente alla mia domanda:
- La non violenza del popolo deve essere temuta più della violenza dei governanti.
- Nel 1934 lei ha abbandonato la politica, per quale motivo? Cosa intende lei per stato?
Gandhi mi fissò, rivolse gli occhi al cielo, poi, riprese a tessere vicino a una ruota di legno ormai superata, rispose:
- Ho abbandonato la politica perché volevo intraprendere un viaggio tra le campagne per insegnare e promuovere le riforme sociali. Lo Stato? Lo Stato per me è la rappresentazione di una forma concentrata di violenza.
Gandhi si alzò e uscì dalla porta di legno che chiudeva la sua abitazione.
Io non ebbi il coraggio di seguirlo e questa fu l'ultima volta che io, Michael Peacenight, giovane giornalista del Dada, lo vidi.
Tornai a Londra due giorni dopo e subito mi misi a lavorare, pubblicai diversi articoli su Gandhi e sulle sue idee. Un anno dopo venni a sapere che nel gennaio del 1948 Mohandas Karamchand Gandhi, ovvero il Mahatma fu assassinato da un fanatico indù mentre era assorto in un momento di preghiera per cercare di rappacificare indù e musulmani.
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