Monologo di un giovane rinato
Stare sdraiati a godere il calore del sole: è primavera e l'erba cresce senza cure.
Io non appartengo a nessuno, nessuno appartiene a me. APPARTENENZA: mio, tuo no, nessun possesso! Nulla è permanente. Innamorarmi continuamente anche se sono innamorato; lasciare chi amo libero di innamorarsi di qualcun altro e continuare ad amarci.
Io lavoro per vivere, se potessi non lavorerei: sul cancello di Auschwitz si legge ancora ''Il lavoro rende liberi''. Cercare il piacere comunque chi l'ha detto che il dolore unisce? Io mi sentivo solo.
Non riesco a pensare al domani, il futuro è inconoscibile e potrebbe non esserci un futuro il passato non è più; i ricordi sono ancore che impediscono di navigare: "Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io fossimo presi per incantamento e posti in un vascel che ad ogni vento per mare andasse a voler nostro". Perdere così il senso della realtà, girare su se stessi come bambini per spingere fuori i pensieri, creare il vuoto per aprirsi a un'altra realtà ma vivere anche la realtà sentirsi responsabili delle ingiustizie del mondo, pur sapendo che nulla di ciò che si fa determinerà grandi cambiamenti.
Il mio corpo non è un tempio da venerare, è solo appartenenza, ma ne trarrò piacere e lo preserverò dal dolore.
La morte, guardarla senza timori, considerarla un'esperienza necessaria, anche sapendo che il mio primo dovere è
VIVERE!
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