La grotta blu
"Non giudicare un uomo se non hai camminato nei suoi mocassini almeno una volta.".
Un detto Sioux che qualche compagno di classe aveva scritto sul diario di Erik alla fine dell'anno scolastico.
Era una frase che l'aveva colpito profondamente anche se lui stesso non sapeva spiegarsene il motivo. Non credeva in quelle parole: lui, un ragazzo di 17 anni, bello e spigliato, non si preoccupava certo di mettersi nei panni degli altri prima di giudicarli.
Era difficile capirlo: era sempre chiuso in quella sua aria da bullo, con il suo chiodo e i suoi anfibi vissuti.
Molti pensavano che fosse solo un gasato, altri sostenevano che sotto la sua dura scorza si nascondesse un ragazzo dolce e sensibile.
Caterina apparteneva alla seconda categoria di persone: era una cara amica di Erik e aveva con lui un rapporto molto particolare, quasi speciale. Era stato lui a farla entrare nella loro compagnia di amici ed era stato sempre lui a risvegliare in lei la passione per la musica e per la chitarra.
Erano molto affiatati e spesso non servivano parole per far capire all'altro pensieri, intuizioni o problemi, ma bastava uno sguardo.
Caterina era forse l'unica a conoscere il vero "io" di Erik, a sapere che sotto la sua apparenza da duro si celava un ragazzo capace di grande affetto, anche se a volte un po' superficiale. Questo era il grosso difetto di Erik: tendeva a non andare in profondità, a fermarsi alla semplice apparenza delle cose e a etichettare le persone usando questo metro.
In molti casi questo suo atteggiamento gli era costato l'amicizia dei coetanei e gli amici che gli erano rimasti si curavano molto poco di lui.
Tutto questo faceva soffrire molto Caterina, che era preoccupata per la felicità di Erik.
Aveva provato a parlargliene, a convincerlo a cambiare atteggiamento e a fargli capire che non doveva fermarsi soltanto a ciò che appare: aveva persino provato a provocarlo con parole forti, dure, per cercare di scuoterlo, ma la sola reazione del ragazzo era stata una scrollatina di spalle.
Ma adesso c'era quella frase, quel proverbio indiano scritto sul diario. Erik non sapeva come mai, ma continuava a girargli in testa, come un ritornello: l'unica cosa che voleva era cercare di dimenticarlo, di cancellarlo, come se non avesse mai letto quelle righe.
E in parte c'era riuscito: l'aveva relegato nell'angolo più buio del suo cervello, credendo che in quel modo non gli avrebbe più provocato quello stranissimo senso di disagio.
Invece...
Tutto era cominciato una mattinata di giugno, alla fine della scuola, anche se il caldo dava l'impressione di essere in pieno agosto. Erik era andato alle fontane, dove aveva appuntamento con degli amici: nell'attesa si era seduto sul bordo della vasca e guardava i pesciolini rossi sguazzare tranquilli nell'acqua fresca. Pensava a Caterina. Da quando aveva il ragazzo - ed era parecchio tempo, ormai - era sparita dalla circolazione: non era questione di gelosia, perché per lui Caterina era solo un'amica, anche se specialissima, ma aveva l'impressione che gliela stessero portando via.
Era immerso in questi pensieri quando arrivarono gli altri; non aveva ancora fatto in tempo a salutarli che quasi cadeva nella fontana per la sorpresa: c'era anche Caterina. Il suo bello era partito per accompagnare il fratellino in colonia e lei era "sola" per due giorni. Anche a Caterina mancava moltissimo Erik e aveva una voglia matta di passare un po' di tempo con lui.
Dato che le giornate erano molto calde e che tutti avevano voglia di scappare dal grigiore della città, fu lanciata la proposta di fare una gita in montagna. L'idea fu accolta da tutti i membri della compagnia con grandissimo entusiasmo e i preparativi cominciarono immediatamente.
Si sarebbe partiti il mattino successivo con il treno delle 8:45, meta il Lago Cristallo. Il viaggio non sarebbe durato più di due ore e il programma della giornata prevedeva il completo relax: un picnic (possibilmente all'ombra di qualche albero) e un po' di svago con il pallone e il frisbee.
Alle 8:30 del giorno dopo erano già tutti in stazione, pronti a passare insieme una giornata all'insegna del divertimento, come non accadeva da troppo tempo.
Campi di girasoli fioriti, prati verdi, case dai tetti rossi: il panorama che si poteva godere dal finestrino mentre il treno scorreva via veloce era tra i più belli che Caterina avesse mai visto. Naturalmente era pretendere troppo che anche Erik partecipasse a quel meraviglioso spettacolo.
Si era immediatamente ficcato nelle orecchie le cuffie del walkman e aveva tirato fuori i suoi fumetti preferiti: aveva alzato gli occhi dalla lettura e spento la musica solo per chiedere a Caterina, che era seduta vicino a lui, di smettere di disturbarlo tirandogli gomitate per mostrargli il paesaggio. La ragazza si era abbastanza seccata, ma in fondo quell'atteggiamento faceva parte dell'indole di Erik ed era inutile mettersi a discutere, tanto più che erano quasi arrivati.
Il paesino che circondava il lago era molto carino e accogliente e fu piacevole per i ragazzi attraversarlo per raggiungere il prato dove avevano intenzione di pranzare e passare il pomeriggio.
Dato che il sole era allo Zenith e il caldo stava diventando insopportabile, decisero di fare un bagno, prima di pranzo, nelle acque fresche del lago.
Detto, fatto: senza togliersi né magliette, né calzoncini, erano già tutti in acqua a spruzzarsi come bambini.
Tutti tranne Erik.
Era tipico con lui: voleva sempre far vedere di essere il migliore e giocare ad arrivare primo in tutto. Questa volta si era allontanato a nuoto ed era andato verso la piccola scogliera che chiudeva l'accesso al lago.
Avvicinandosi si accorse che dietro un angolo, nascosto alla visuale, c'era un piccolissimo pertugio. Era un passaggio angusto, ma la curiosità era forte. Così, facendosi largo tra le alghe entrò.
Appena dentro, lo stupore: da fuori si aveva l'impressione che non ci fossero poi grandi cose all'interno, ma una volta entrati lo spazio diventava molto più grande, l'acqua era più bassa e trasparente e si poteva camminare su un fondo di sabbia soffice e dorata.
L'aria era fresca e le pareti riflettevano un colore azzurrino che rendeva l'atmosfera magica e surreale.
Erik era stupefatto: non aveva mai pensato che dietro ad un esterno tanto brutto si potesse nascondere tanta bellezza.
Si era reso conto improvvisamente che il suo cuore batteva forte e che le emozioni gli scorrevano dentro come un fiume in piena.
In quel momento qualcosa gli tornò in mente, qualcosa che sembrava provenire da lontano e che però gli risuonava in testa come un'eco.
"Non giudicare un uomo..."
Era la frase del diario, la frase che pensava di aver rimosso dalla memoria e che invece riemergeva e ritornava chiara e distinta.
Erik tornò a riva molto turbato.
Intanto gli altri avevano steso la tovaglia sull'erba e stavano cominciando a tirare fuori il pranzo. Caterina era abbastanza preoccupata perché era più di mezz'ora che Erik si era allontanato a nuoto; tirò un sospiro di sollievo quando lo vide arrivare, anche se era evidente che gli era successo qualcosa che l'aveva scosso profondamente.
Al suo sguardo interrogativo il ragazzo rispose con un gesto che voleva significare che le avrebbe spiegato tutto più tardi.
Erik si sedette a tavola con gli altri e mentre mangiava guardava i loro volti, le loro espressioni, li ascoltava ridere e scherzare. Era strano, ma sentendoli parlare non udiva le loro voci, ma quelle dei loro cuori. Per ogni loro gesto capiva le motivazioni che li avevano spinti a farlo.
Quella giornata passò in un attimo, tra giochi e scherzi, ai quali (incredibile!) partecipò anche Erik.
Tutti si erano accorti del suo strano comportamento, soprattutto dopo che sul treno di ritorno si era messo a guardare fuori dal finestrino, facendo notare quanto fosse bello il panorama.
Erik non aveva avuto il tempo di prendere in disparte Caterina per raccontarle ogni cosa, ma lei capiva che gli era accaduto qualcosa d'importante, pur non sapendo esattamente cosa fosse.
In realtà Erik aveva capito che ognuno ha una ricchezza dentro e bisogna scoprirla.
Aveva capito che ognuno ha delle motivazioni che lo spingono ad agire in un certo modo e non bisogna fermarsi alle apparenze, ma mettersi nei panni di quella persona e non giudicarla prima di averla capita.
Da quel giorno Erik è stato capace di leggere nell'anima della gente e di usare la sua sensibilità per comprendere gli altri.
"Non giudicare un uomo se non hai camminato nei suoi mocassini almeno una volta.".
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