Seduto
Seduto su una vecchia sdraio, sulla solita spiaggia, in riva al mare, ad ascoltare la frusciante litania della risacca delle onde, mi sembra d'essere l'opposto della felicità.
La sensazione più grande che riempie l'animo in una fine d'estate è la malinconia.
La malinconia di tutte le occasioni perse, lasciate volar via per uno stupido errore di valutazione, di un momento fantastico distrutto sul più bello da una carta mal giocata.
La gracchiante melodia d'amore del piano bar di turno riempie l'atmosfera di quella tristezza che mancava a completare il quadro. Sembra incredibile come l'ambiente raccolga e amplifichi le emozioni che si provano; se sei triste noti solo gli elementi tristi, al contrario se sei felice noti tutto ciò che c'è d'allegro.
I pensieri affollano la mente in cerca del loro momento di gloria, in cui si riesce a catturarli e a comprendere meglio quello che si sta facendo. Un esempio, perché sto qua ad autocommiserarmi quando potrei essere in qualche fumoso locale a divertirmi? Questo è uno dei tanti pensieri che mi rimbalzano in testa come una pallottola impazzita. La risposta è semplice: perché è molto più sgradevole sentirsi soli in mezzo alla folla che nel deserto. Nessuno, a parte pochi "eletti", restano al mare fino alla fine d'Agosto; quando gli amici sono già a casa a centinaia di chilometri di distanza e l'unica anima con cui potrei stringere amicizia è un granchio. Quindi resta solo la tranquillità che si può gustare nelle ultime sere estive senza essere oberati dagli incessanti impegni cittadini. Per rilassarsi non esiste niente di meglio al mondo che contemplare la natura, facendo la mia fine.
Sia chiaro non mi dispiace affatto questa situazione; almeno per una volta sono libero di pensare, fare considerazioni e, perché no, sono anche libero di piangermi addosso. In fondo portare a galla tutti gli errori commessi non può che giovare, in futuro non credo che li commetterò di nuovo. Un piccolo sorrisetto mi si stampa sul volto, è il ricordo di tutte quelle situazioni, a volte quasi paradossali, in cui finisco che è venuto galla. Mi riferisco alle circostanze che i genitori raccomandano caldamente ai figli di evitare. Mi ritorna in mente quella più "leggera": in cinque su un risciò noleggiato, o meglio miracolosamente avuto dato che non si può affittare a minorenni, a fare i pazzi contromano in una stradina, fino a che non siamo andati a sbattere contro una Tipo ferma in sosta, distruggendole un fanalino. Però che pacchia. In quei momenti l'unica preoccupazione che avevo era di avere le chiavi di casa. Sonno, fame, sete non provavo nulla; divertirsi più che una parola era l'undicesimo comandamento da seguire scrupolosamente. Il tempo era l'unico nemico contro cui lottare. Scappava, fuggiva, andava ben più veloce della luce. Su questa stessa spiaggia mi ricordo di aver guardato due volte l'orologio a distanza, credevo, di pochi minuti, invece era passata un'ora e mezza, dalle dieci e un quarto a mezzanotte meno un quarto! Adesso la stessa lancetta dei secondi sembra inchiodata. La luna brilla con una forza inconsueta, come se volesse usurpare il trono al sole. Eppure io vedo come nella notte più scura. Per tutto l'anno si sogna la vacanza progettandola fin nei minimi particolari e, ora, sento quasi nostalgia di casa. Gli amici di sempre sono tutti là, sembrano aspettarti.
I contorti ragionamenti della mente umana. Spesso ho desiderato con tutte le forze che fossero presenti; ma, nello stesso tempo, non lo volevo. Con loro qui non avrei fatto le stesse cose, non avrei goduto della medesima libertà. La libertà. Durante tutto l'anno vestiamo una maschera, bella o brutta che sia, che ci piaccia o no, quella è e non si può cambiare. Ma qui a molti chilometri da casa finalmente possiamo essere chi ci pare e piace; nessuno ci conosce, nessuno ci può giudicare per ciò che sa di noi. Il giudizio degli altri è una cosa terribile, una lama pronta a trafiggerti in ogni momento. Io quando mi sento libero, lontano da tutto questo, faccio ciò che non avrei mai fatto, che non avrei mai nemmeno pensato di fare. L'uomo non può cambiare quello che è, ma può cambiare quello che vuole essere.
Un gabbiano di notte? Ah no, è solo la gracchiante melodia che è ripresa in una forma ancora più fastidiosa della precedente. La brezza marina spira con una certa veemenza, anche il mare vuole dirmi che ormai tutto è finito, la quotidianità sta per riprendere il controllo della mia vita. Poco male, almeno qualche ricordo mi sarà di conforto nel futuro.
In piedi, con la sdraio vuota sto pensando al percorso da fare. Quante sciocchezze! Perché una volta tanto non prendo la vita come viene senza rimuginare contorti ragionamenti?
Come non detto.
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