Un'esperienza di lettura
Esistono libri capaci di aprirci ad una profondità di pensiero e di emozione tale da destare in noi un'intensa e sconvolgente commozione. Il Tao della fisica di Fritjof Capra è stato per me uno di questi libri. Questo libro mi ha trasmesso qualcosa di totalmente intangibile ed indescrivibile che io stessa ancora non comprendo, ma che mi ha condotto ad una dimensione di estasiata meraviglia e confusa contemplazione di un "qualcosa" che dia senso all'esistenza dell'intero genere umano. La mia incontrollabile e sorprendente emozione scaturita dalle ultime parole del libro, può forse essere paragonata a ciò che un qualsiasi credente prova di fronte ad una sua improvvisa e personale rivelazione e comprensione di un'entità divina.
Ciò che forse ognuno di noi cerca è un'immagine dell'inimmaginabile, una visione, una comprensione di ciò che è nascosto alla nostra vista e al nostro intelletto, ciò che le nostre emozioni, speranze e angosce ci spingono a contemplare. È una cosa senza nome, che sentiamo che c'è eppure non c'è, l'unica cosa forse che può veramente compensare la sconcertante solitudine che ogni singolo essere umano prova di fronte alla contemplazione della sua infinita piccolezza e dell'ineluttabilità della sua morte.
Con le sue appassionate e convincenti parole, Capra mi ha mostrato lucidamente la frustrazione della mente umana che con le sue astrazioni e i suoi innumerevoli simboli cerca invano di delimitare l'infinito e realmente comprendere ciò che per noi è inevitabilmente incomprensibile. La fisica moderna ha superato i confini dei nostri sensi ed esplorando il mondo subatomico si è elevata ancora di più ad un mondo astratto di orbitali, particelle virtuali e simmetrie di quark. Ma paradossalmente più rendiamo precisa la nostra rappresentazione della realtà, più la realtà ci sfugge e diventa ancora più complessa e indefinibile.
L'immagine della vita che mi appare alla mente è quella di un mondo inconoscibile e indescrivibile, solo raramente intuibile e misteriosamente vissuto come da un cieco. Un cieco che vive in un ambiente lo sente, pur percependo solo un lato della sua realtà, e sempre cercando, tendendo verso una visione completa, ma continuando a essere immerso nell'oscurità. Così siamo noi: piccoli esseri che ambiscono all'infinito e alla multidimensionalità, ma possono solo vivere in tre dimensioni e sognare ciò che la loro mente non è neanche in grado di immaginare. Così al mistero dell'universo possiamo solo dare un volto di ciò che noi conosciamo. In realtà forse né la scienza né la religione ci possono mostrare il vero volto della realtà, ma forse possono proiettarci una sua esile e multiforme ombra che possa illuminare la nostra logica raziocinante.
La fisica e le religioni orientali partono da punti completamente opposti ma con le moderne teorie sono arrivate sorprendentemente a conclusioni molto simili. È questo fondamentalmente l'oggetto dell'affascinante comparazione compiuta da Capra tra la fisica e il Tao. Io avevo sempre nutrito un profondo interesse per entrambi, ma, leggendo il libro, per la prima volta li ho considerati contemporaneamente. La visione del mondo che questo processo ha prodotto in me è indescrivibile, ma incredibilmente toccante ed emozionante. Sto iniziando a comprendere che la razionalizzazione forzata e ossessiva non porta ad una vera e profonda conoscenza, ma che anzi può essere fuorviante e provocare solamente frustrazione ed angoscia. La via verso l'illuminazione può essere intrapresa solo non pensando, quando la mente è a riposo e la coscienza allenta la sua rigida vigilanza. Allora, abbassate le difese, l'inconscio fa trasparire un'idea illuminante, qualcosa di molto profondo e forse disturbante che prima la coscienza impediva che fosse reso cosciente. Così forse invece di affannarci e rifiutare con disperazione il non sapere senza trovarvi alcun senso o scopo, dovremmo lasciarci coinvolgere e farci trasportare dal fluire perenne delle cose e senza fretta né pretese seguire il Tao, la via interiore, la possibilità d'essere di ognuno di noi. Forse l'illuminazione, più che giungere al sapere, è proprio l'accettare ciò che si può sapere e non sapere, trovare così la vera pace interiore, e capire che forse non c'è nulla da sapere. E se fosse questo il vero sapere?
Forse se al cieco fosse restituita improvvisamente la vista verrebbe immediatamente accecato e annientato dall'intensità della sconosciuta luce. La saggezza è capire e accettare il nostro posto e la nostra reale importanza all'interno dell'infinita rete cosmica e non pretendere niente di più di quanto si possa pretendere.
La fisica e il taoismo concordano sull'unità e l'interdipendenza di tutte le cose. L'uomo non è uno spettatore che guarda il mondo come da dietro una finestra, ma ne è un attivo partecipante ed è anche lui mondo. Così dall'immagine del cerchio degli antichi e da quella della linea retta, si è giunti all'immagine dell'universo come di una rete infinita. Di questa rete ogni piccola parte è fondamentale e necessaria e non possiede significato né spiegazione in quanto tale, ma solamente se considerata all'interno di un gigantesco sistema di parti correlate. Ogni parte può osservare se stessa, ma il resto della rete è per lei un mistero, pur interagendo con essa. È solo così che può esistere una totale e perfetta unità, che non permette ad alcuna parte di essere superiore alle altre. È proprio la nostra tendenza a dividere, delimitare, osservare "da fuori" che ci impedisce di considerare l'universo come un tutt'uno inscindibile e noi come una sua parte integrante.
Forse però ciò che ci salva è proprio la nostra impossibilità di comprendere la realtà ultima. Infatti, la nostra sopravvivenza è assicurata nel momento in cui prendiamo coscienza del nostro piccolo mondo quotidiano e cerchiamo di migliorarlo e viverlo al meglio. Dobbiamo utilizzare la razionalità per creare un piccolo mondo organizzato in cui poter vivere insieme con regole comuni, dobbiamo crearci noi una piccola rete, anche se necessariamente imperfetta. Distaccandoci dalla contemplazione della realtà ultima dobbiamo adattarci ad una realtà in cui l'umano, nel suo piccolo, possa sfruttare la sua praticità e razionalità.
Ma il fascino per il cosmo e i tentativi per comprenderlo non cesseranno mai di palpitare in noi, poiché ciò che spinge i nostri cuori è costituito dal mistero della nostra origine, la cui ombra non ci lascerà mai. Anche se l'universo, con la creazione di ciò che noi chiamiamo vita, è arrivato al punto di osservarsi, non potrà mai arrivare a scoprire il suo segreto, forse perché la stessa scoperta sarebbe la sua distruzione.
E noi piccoli uomini così angosciati ed estasiati dal vivere siamo spettatori ed attori del gioco incessante della vita e della morte e possiamo solo dire, con emozione e stupore, che nel momento in cui tutto finisce, niente finisce.
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