Un'esperienza di lettura
Siamo entrati in un mondo di stenografia, riassunti, notizie flash, fumetti.
Siamo bombardati da immagini visive, pensieri sconnessi che martellano la nostra mente e vengono "messi fuori" come la spazzatura.
Questo uragano di stimoli indebolisce la nostra capacità di pensare, di sentire.Per salvarsi non basta ascoltare un po' di musica, visitare una mostra, fare sport o viaggiare, occorre, invece, imparare a dominare il caos, ad ordinare le esperienze.
A questo serve la "lettura" delle grandi opere. Ritrovare le proprie energie intellettuali ed emozionali nascoste, risvegliare la propria capacità pensante; è così che si riesce a conservare nella propria mente un luogo a parte, un santuario delle emozioni da cui il ricordo, al di là del tempo e dello spazio, ci parla.
Basta saperlo ascoltare.
So esattamente come mi sono sentita quando ho visto per la prima volta l'opera di Piotr Ilyic Ciajkovskij: "Il lago dei cigni" al Teatro alla Scala di Milano...
Era il 10 giugno 1990...
Ero impaziente, agitata, per la prima volta stavo per accomodarmi nella platea di un teatro di cui avevo molto sentito parlare...
Avevo gli occhi spalancati. Non sapevo se guardare i fastosi lampadari oppure gli enormi specchi d'epoca, piuttosto che le impeccabili divise delle maschere.
Poi finalmente entrai...
Rimasi a bocca aperta, mi sentivo così piccola di fronte ad una struttura così ricca e maestosa!
Dallo stupore iniziale passai ad uno stato di agitazione e di impazienza, era un'esperienza nuova per me.
Puntualissime le luci si spensero lentamente, calò un silenzio quasi inquietante, nell'aria sentivo quasi qualcosa di magico.
Ed ecco l'apertura del sipario, la musica iniziò improvvisamente facendomi sobbalzare.Conoscevo il motivo perché all'epoca suonavo il pianoforte, ma sentirlo dal vivo era così armonico!
La prima scena riguardava il ballo organizzato per il compleanno di Sigfrido, il protagonista.
Sul palcoscenico circa cinquanta ballerini e ballerine coordinati perfettamente nell'esecuzione di passi, salti e piroette.
Dopo il crescendo ecco un motivo piano.
Era il momento del cigno bianco, la protagonista.
Avvolta in un prezioso tutù bianco l'etoile si muoveva leggera, come la più sottile piuma nell'aria, era bellissima...
Sognavo di essere al suo posto, già provavo un po' di invidia perché avevo iniziato a studiare danza da qualche anno e mi ero accorta delle infinite difficoltà e dei sacrifici che essa avrebbe richiesto per arrivare in alto.
La osservavo attentamente, il suo volto era felice. Felice di calzare quelle scarpette rosa, felice di poter comunicare con il pubblico.Le sue braccia e le sue gambe sembravano dei rami nudi ondeggiati dal vento, il vento della musica.
Un'armonia pura.
Il mio battito cardiaco aumentò notevolmente nelle ultime scene, quelle riguardanti la morte del cigno.
In scena Isabel Seabra, una delle prime ballerine.
Sola in uno spazio che appariva infinito.
Qui la danza si era trasformata in una solitaria disperazione.
Così anche la musica, un botto immediato, emotivo, potente. C'è un passaggio segreto da quelle vibrazioni nell'atmosfera che attraverso l'orecchio, attraverso la mente, attraverso la chimica delle emozioni giunge sino al nostro cuore.
Lo stesso accade nel linguaggio dei gesti, più immediato di qualsiasi linguaggio verbale.
La danza può dare la parola ad un muto.
Nella danza, infatti, non c'è parola alcuna perché il silenzio dei ballerini, in realtà è un silenzio che ruggisce, piange, ride, sfoga qualunque tipo di emozione.
La danza è l'arte, la canzone del corpo. Di gioia e di dolore.
Senza il coinvolgimento emotivo ogni spettacolo di danza si tramuterebbe in quello che, Isadora Duncan, grande ballerina americana, definiva una fredda composizione di passi, derivati da combinazioni meccaniche.
E ai ballerini non importa avere i piedi ammaccati avvolti in bende, provare giorno e notte, affrontare i rigori della sbarra, perché sul palcoscenico tutto ciò svanisce e l'emozione che provano nell'esprimersi non può essere misurata.Seduta nella poltroncina, ogni volta che assisto ad uno spettacolo di danza fremo, mi commuovo, mi identifico e mi unisco con i ballerini alla loro danza.
È questa la carica vitale della danza.
Ciascuno di noi ha un corpo, ciascuno di noi può danzare.
E non importa se non si è la prima ballerina assoluta, se si vuole danzare non importa se non si diventerà mai un giovane cigno.
Sognare, desiderare, fare dei progetti, provare intense emozioni...
Questo fa salire l'adrenalina nel nostro corpo anche quando i progetti diventano insuccessi, quando i sogni diventano frustrazioni...
Ma questo è un rischio da correre per evitare di rimanere indifferenti ed impassibili.
La mia infanzia è stata molto fortunata; ho potuto godere della libertà di conoscere diverse opere d'arte con gli occhi spalancati e affascinati.
Senza la presunzione di capire, a volte, di fronte ad un'opera, basterebbe porsi proprio con gli occhi di un bambino per arrivare a cogliere la profondità delle vibranti emozioni che l'autore ha provato.
"Il lago dei cigni" è stato il mio "primo passo".
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