Emozioni
Le prime note già si diffondevano nella stanza quando ad un tratto chiusi gli occhi, non sapevo perché, ma sembrava che l'atmosfera quasi lo imponesse. La luce del sole penetrava lievemente attraverso i ricami confusi della tenda sulla finestra socchiusa: c'era uno strano tepore che riscaldava l'aria...
...l'erba era ancora leggermente bagnata dal bacio della rugiada mattutina e questo la rendeva piacevolmente fresca a contatto con la pelle. Il cielo era azzurro come non mai, sembrava che le nuvole si fossero date appuntamento da un'altra parte, lontano, probabilmente solo dove il pensiero sarebbe potuto arrivare. Ma non mi sembrava il caso di muovermi ancora. Così rimasi lì, tra il rigoglio di un fiume che scorreva nelle vicinanze e il fruscio delle foglie sull'albero alle mie spalle.
Si era alzata una leggera brezza. "Perché?" pensai. Senza dubbio era una bella domanda, ma chi mi avrebbe risposto? Ero solo, perduto nella campagna, nessuno con cui parlare o condividere opinioni. Forse avrei dovuto farlo con me stesso...
...Assopito nei miei pensieri, la mia attenzione fu attratta da un airone che volteggiava sopra la mia testa. Era tutto così familiare, ma allo stesso tempo così triste. Mi alzai: di fronte a me la pianura si distendeva quasi stancamente e il fiume correva tra le anse e i meandri, quasi fuggisse da qualcosa, fino ad incontrare una collina che si ergeva solitaria nella distesa. Iniziai a camminare verso la collina con la speranza di trovare risposta alla mia domanda, se mai una risposta ci fosse stata. Come un cercatore d'oro che scorge il bagliore del metallo prezioso e inizia a correre verso di esso, così io proseguivo la mia corsa verso la collina. Quando arrivai ai piedi dell'altura mi accorsi che anche la mia ombra mi aveva abbandonato e con lei il sole. Il mio cuore fu pervaso da mille sensazioni: tristezza, solitudine, malinconia... cercai di reprimerle ma fu inutile: "come può uno scoglio arginare il mare?", pensai.
Scorsi di nuovo l'airone nel cielo e lo seguii fino alla cima della collina. Colto da stanchezza mi sdraiai sotto le fronde di un albero. Per la prima volta mi sentivo veramente solo, sentivo il bisogno di avere accanto qualcuno che mi amasse, che colmasse il vuoto nel mio cuore. La tristezza cadde in fondo al mio cuore così come la neve, d'inverno, cade sul prato, senza rumore. Cercai di distrarmi e pensare a qualcosa che mi rendesse felice: la mamma, il papà, gli amici, l'amore. Ma tutto appariva effimero come un castello di sabbia sulla riva del mare. D'improvviso l'airone si poggiò dinnanzi alle mie gambe: per un lungo attimo lo fissai negli occhi. Nei suoi occhi vidi la stessa malinconia che io provavo nel medesimo istante: tutto si fece molto strano. Uscii nella brughiera oltre la collina, correndo: era mattina e una spessa coltre di nebbia copriva ogni cosa. La mia domanda era ancora senza risposta: persi ogni speranza e le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. Continuai a camminare e riuscii a percepire di lontano il gorgoglio dell'acqua: corsi nella direzione del suono.
C'era qualcuno. Sentivo dei passi sulla riva del fiume, una voce confusa, una barca.
"Un pescatore", mi venne da pensare; la mia supposizione era corretta. Urlai cercando di attirare la sua attenzione ed egli mi vide, accostò la barca e mi venne incontro. Sembrava sorpreso di vedermi ma subito mi offrì qualcosa da bere e da mangiare e si sedette accanto a me. "Sei triste, lo vedo nei tuoi occhi" disse. Annuii. Parlammo per ore ed ore anche se in realtà il tempo sembrava essersi fermato. D'un tratto capii che forse avrei potuto trovare la risposta che tanto avevo cercato: "Perché...." dissi. "Perché la sofferenza e la solitudine, la tristezza e la malinconia?". L'uomo mi guardò dritto negli occhi e non disse nulla: restammo in silenzio per lunghissimi attimi. All'improvviso egli indicò qualcosa alle mie spalle: mi voltai e vidi una piantina verde ancora scoperta in una buca poco distante. Mi alzai e la ricoprii di terra; quando alzai lo sguardo rimasi senza parole: un'immensa distesa di rose si ergeva di fronte ai miei occhi. Capii che non ero il primo a passare per quel luogo. "Non perdere mai la speranza!" disse l'uomo alle mie spalle, "Non c'è tristezza senza gioia, né vita senza morte". Cercai di riflettere su quanto mi era stato detto ma quanto più mi sforzavo di trovare una risposta tanto più mi convincevo che una risposta non c'era. Proseguii lungo il corso del fiume con la speranza che la nebbia si diradasse: speranza vana. Fu così che decisi di sedermi a riposare in attesa dell'alba. Chiusi gli occhi.
Le ultime note riecheggiavano ancora nella stanza. Mi alzai dal letto, spensi lo stereo e chiusi la finestra. Ero ancora solo, ma non ero più triste. Era stato tutto un sogno ma avevo capito che ad ogni sofferenza corrisponde un'immensa gioia e che quindi alcuni sacrifici nel corso della nostra vita sono inevitabili. Capii che per ottenere la gioia e la felicità era prima necessario donarle agli altri e capii anche che per farlo non occorreva molto. Passai l'ora seguente a riflettere su quanto mi era accaduto cercando di trovare una spiegazione: "Emozioni" pensai sorridendo tra me e me. Fin da piccolo, probabilmente per l'influenza di mio padre, fui un grande fan di Battisti. La sua morte avvenuta la settimana precedente mi procurò un immenso dolore che peraltro non riuscii mai a manifestare. La carica emotiva che accumulai, in concomitanza con la stanchezza e la canzone forse più bella di Battisti mi ha proiettato direttamente tra le note della stessa rendendomi partecipe. Fu senza dubbio una grande emozione ma per evitare che tutto quello che avevo vissuto passasse indifferentemente nella mia vita come un ricordo sbiadito del passato pensai di conservare le emozioni e le suggestioni che scaturirono dallo spartito di quella canzone. Mi sedetti alla scrivania e presi carta e penna dal cassetto della scrivania...
Regala agli altri la voce che non hai,
la forza che non possiedi;
la speranza che senti vacillare in te;
la fiducia di cui sei privo.
illuminali del tuo buio.
Arricchiscili con la tua povertà,
regala un sorriso quando hai voglia di piangere,
sprigiona serenità dalla tempesta che hai dentro.
"Ecco quello che ho, te lo dono"
questo è il tuo paradosso!
E ti accorgerai a poco a poco
che la gioia entrerà in te
invadendo il tuo essere e diventerà
veramente tua, nella misura in cui,
con amore,
l'avrai regalata agli altri.
Non avevo mai scritto poesie prima di quel momento. Certamente non erano il mio genere, ma in quell'occasione i versi con i loro metri i loro schemi si rivelarono il mezzo più efficace per fissare sul foglio i miei pensieri. Riposi la penna nel cassetto.
Sono l'essenza della vita, la speranza che senti vacillare in te, la voce che non possiedi, la fiducia di cui sei privo: ma tu chiamale se vuoi emozioni.
Dedicato all'indimenticabile Lucio Battisti.
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