da "L'amante" di Marguerite Duras
No... purtroppo sono arrivata alla fine anche di questa avventura, assaporata come un frutto succoso, divorata famelicamente come fosse un nutrimento fondamentale per la mia sopravvivenza: fino all'ultima parola, fino all'ultima lettera, mi sono lasciata trasportare dal contenuto di questo oggetto.
Ricordo la prima volta che lo vidi: il mio occhio da lettrice in cerca di emozioni, lo localizzò subito e, al primo impatto visivo, non reagii positivamente; era così banale, così maledettamente comune che ne rimasi quasi stupita. Probabilmente fu per questo motivo che decisi di accoglierlo tra le mie mani.
Cominciai ad osservarlo e una sensazione improvvisa si impadronì della mia persona... lo trovavo affascinante e quasi misterioso nella sua semplicità e prosaicità.
Poi osservai per un istante la fotografia stampata sulla sua copertina e l'espressione di quella bambina m'incuriosì; chissà cosa nascondeva quello sguardo quasi inquisitorio, chissà perché era stata scelta proprio quell'immagine come simbologia dell'opera? Questi enigmi mi spinsero verso la decisione di fare mio quel libro.
Ricordo la prima volta che lo aprii per iniziarne la lettura e sento di avere ancora stampato nella mia mente il colore delle sue pagine, quasi ingiallite, quasi conservassero ricordi sbiaditi dall'acre odore di muffa.
Ignara di ciò che mi aspettava cominciai a leggere. Subito dai primi capitoli mi resi conto di essere stata catapultata nell'Indocina degli anni Trenta: niente rumori, solo silenzi... una serie di descrizioni, di racconti chiari, lucidi, ma nello stesso tempo freddi, distaccati, come se il prezzo da pagare per scivolare per un solo istante dal presente al passato, fosse la perdita completa della capacità di esplicitare le emozioni vissute; come se l'autrice richiedesse l'aiuto dei propri lettori, perché cercassero di capirla nella sua freddezza e nel suo distacco, come se usasse questi due elementi per svuotare completamente la sua anima dal carico insostenibile delle sue sensazioni.
Andai ulteriormente avanti nella lettura e mi accorsi che queste sensazioni, così uniche nella loro imperturbabilità, stavano incatenando i miei occhi e la mia fantasia sulle strade di Saigon, paesaggio usato come sfondo di questo viaggio nel passato; feci correre i miei occhi veloci sulle righe nere, formate da innumerevoli lettere, e ben presto queste ultime si trasformarono, immergendosi nel loro più profondo significato in immagini chiare e distinte.
Altrettanto limpido il ricordo della descrizione della ragazzina, protagonista di questo "cammino": addosso solo un vestito di seta, quasi trasparente, e un cappello da uomo.
Benché questa sia l'unica immagine ancora ben radicata nella mia fantasia, l'emozione che provai nel "vederla" la prima volta fu grande. Mi innamorai subito di lei. Probabilmente mi affascinava moltissimo quella figura così piccola, ma così grande nella sua inconscia profondità, così femminile nella sua mascolinità, così semplice nel suo modo di rendere esplicito l'intrigo dei suoi pensieri, delle sue sensazioni.
E tutto questo, era ai miei occhi stupendo, perché reso trasparente solo attraverso il vestire un comune cappello da uomo. Tutto ciò, pensai, era una chiara allegoria del desiderio di autorevolezza, di potere; dell'aspirazione a diventare adulti per riuscire a sostenere le difficili prove della vita di un'adolescente.
Prove che in un primo momento sembravano banali, ma che, se analizzate in profondità avevano un significato molto intenso, la cui efficacia mi colpì sentitamente: un lungo viaggio su una nave, il primo lungo viaggio che la ragazzina indifesa dovette sostenere nella sua solitudine; un amore incomprensibile, passionale e profondo il primo amore che accolse nel suo cuore, che sofferse attraverso le sue lacrime, che fece scivolare dentro di sé mediante i suoi occhi... Tutto questo mi lasciò elettrizzata, quasi senza fiato.
Più andavo avanti nella lettura, più mi rendevo conto dell'abilità della scrittrice di rendere così esplicite per mezzo di poche parole smilze le sue emozioni, le sue palpitazioni, le sue commozioni e i suoi turbamenti, usando come metafora di tutto questo l'immagine della sua infanzia.
Analizzando meno superficialmente lo stile di scrittura dell'autrice, capii che, in realtà, la sua freddezza e il suo distacco erano una strategia per tenere il lettore a dovuta distanza dalle sue esperienze e di farle arrivare ai suoi occhi come uniche ed irripetibili.
E sta proprio in quest'equazione aridità = unicità, secondo me, la chiave di tutto il lavoro, il vero obiettivo della scrittrice: un avvicinamento profondo del lettore al protagonista, attraverso un distacco, non meno meditato, della voce narrante.
E solo dopo aver letto tutto il libro mi sono resa conto del significato della fotografia in copertina: l'espressione consapevole di una bambina-donna nella fase della sua crescita, dichiarata prima da avvenimenti quasi insignificanti, fino poi a raggiungerne l'apice nella scoperta dell'amore carnale e spirituale nei confronti di un uomo adulto.
Un amore possente verso la maturazione, la sua maturazione.
L'amante di un individuo qualunque che l'ha fatta soffrire, che l'ha fatta gioire, che l'ha resa una donna forte, che l'ha trasformata nell'amante della propria spiritualità...
nell'amante della propria vita.
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