L'angulus del mio retrobottega
Bene vixit qui bene latuit scrisse Ovidio: pertanto ben si vive se ben si sceglie il proprio angoletto nel mondo. È proprio da lì che l'immensità di un nuovo mondo si apre. Nella riflessione meditativa, accompagnata e accolta dalla natura, l'uomo ritrova tutto se stesso e si trascende; comprende l'essenza della sua esistenza: il proprio essere, quell'unico tesoro che mai gli sarà tolto.
Si racconta che nelle isole Seeland, nel Nord, ci sia un luogo nel bosco Grib che, è chiamato l'angolo degli otto cammini. Lo trova soltanto colui che lo ricerca con la cura che merita, non colui che fa uso di carta topografica. Nessuno lo attraversa, se non quel viaggiatore fuggitivo che continuamente guarda attorno per ritrovarsi.
L'uomo è colui che amerà per sempre il mare: infatti egli rivede la propria anima nello svolgersi infinito dell'onda. Guardando il mare annega se stesso per trasfondersi nella sua luce liquida, poiché tanto più l'acqua è profonda, quanto più l'uomo rivive se stesso. Ed è questo istante che, come un colpo d'occhio, apre le porte alla vita: si ritorna al passato, si anticipa il futuro per meglio carpere il presente.
Ogni giorno della propria esistenza, nella quiete serafica della natura, diventa una stilla rugiadosa impalpabile che giunge a commuovere il più profondo di se stessi. Ed è soltanto sedendo e mirando interminati spazi e i sovraumani silenzi che il cuore per poco non si spaura e che sovvien l'eterno.
E luoghi dell'anima sono i propri borghi natii, la propria patria. È lì che si cresce, che si matura e come la città cambia, così anche l'umana coscienza si evolve. Allora il milieu non determina l'individuo, perché questi sa fare dell'ambiente lo specchio della propria trasformazione. Il luogo è luogo dell'anima se saprà mutarsi in uomo, se, con il trascorrere del tempo, gelosamente custodirà quella piccola o grande meraviglia che è l'esperienza umana, e se riporterà alla memoria l'umano naturale che lo pervade. Il luogo è luogo dell'anima se ha la grandezza di essere complementare alla ermeticità dell'esistenza: dunque la natura squaderna l'io con la grazia del suo linguaggio, che è una fitta rete di simboli: il mare russava, [...] sbuffava [...] le stelle ammiccavano più forte. Tutto ciò che dall'uomo è taciuto, è rivelato dall'angulus, mantenendo quell'aurea di mistero che lo vela.
Là dove le foglie degli alberi, toccate dalla luce, subiscono una alterazione della propria sostanza l'uomo percepisce la bellezza del proprio essere, anche se dapprima non ravvisa la causa esteriore della grande gioia.
Anche una città, che non è la propria, può essere luogo dell'anima.
Camminavo per un vicolo oscuro di Padova, quando di fronte ai miei occhi scoppiò uno scintillio di luci: Prato della Valle. L'esperienza fu mistica: un raggio dall'eterea consistenza investì il mio corpo, trascendendone i limiti fisici, accarezzò con le sue calde mani non solo i miei occhi, ma anche il mio cuore. Il tempo si era fermato, lo spazio si era contratto. La viride distesa erbosa d'un tratto perse i suoi contorni per sbavare nel turchino cielo. L'acqua della fontana brillò argentea. L'oro e l'argento invasero il mio essere, gonfiandolo di gioia e di meraviglia. Sul mio volto due stelle tumide di luce metamorfosarono i miei occhi. Ero felice. Avevo scoperto qualcosa di ineffabile: lo spirito della Città e quell'attimo ha attratto la mia coscienza. Tra il mio Io e Padova si era creata una comune complicità.
Ed ecco che richiamare dal tempo e dallo spazio astratto della memoria quell'inesprimibile esperienza, cui lo spazio reale e il tempo passato avevano partecipato, solleva se stessi. Allora quello che tu credevi un piccolo punto della terra, fu tutto.
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