Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
12ª edizione - (2009)

Cosa rimane di noi?

Noi viviamo delle nostre azioni, dei nostri pensieri, di ciò che proviamo e delle nostre esperienze; se non formuliamo nessun pensiero, se non prendiamo parte in nessuna azione, se la nostra vita non ci regala nessuna esperienza e non è in grado di stimolare il nostro cuore in nessuna direzione, allora noi non viviamo davvero.
Se tutto ciò che sappiamo pensare ci distoglie dalla vita, se tutte le nostre azioni e riflessioni sono riferite e dirette a qualcosa che nella vita non sperimenteremo mai, non vivremo mai davvero.
Se non siamo capaci di provare sentimenti che ci leghino alla vita o di prendere parte attivamente in movimenti che non rispecchino sempre una monotonia estenuante di pseudoesistenza, non vivremo mai davvero.
Ma cosa rimane di noi se, nonostante nella nostra vita siamo stati capaci di emozioni forti e sentimenti profondi che ci hanno resi davvero presenti, a un certo punto tutto quello su cui si basava la nostra esistenza viene meno?
Cosa rimane di noi se, quando eravamo convinti di avere tutto, di aver raggiunto l'equilibrio con noi stessi grazie a quello che facevamo e a chi avevamo vicino, quando la nostra vita era tutta focalizzata su un singolo elemento, questo singolo elemento scompare?
Scompare anche la nostra vita; la nostra esistenza diventa vuota, niente più ha senso, niente più ha importanza, non esiste più niente se non il vuoto totale.
Di noi non rimane più niente, solo un fantasma di ciò che eravamo, solo fantasmi abitano i nostri pensieri, solo fantasmi nei nostri sogni.
Questi possono essere i pensieri e i sentimenti di una persona senza più aspettative dalla vita, senza speranze di un futuro felice o libero da preoccupazioni, libero dal peso delle esperienze negative che ha vissuto.
Tuttavia, nonostante il rispetto che si può essere portati a provare nei confronti di questi pensieri, bisogna riconoscere che questi ultimi non rispecchiano la realtà nel suo profondo.
Alla persona da noi presa in esame, infatti, a prima vista può sembrare che la sua vita sia finita, che tutto ciò che di bello aveva da ricevere da essa, una volta ricevutolo, sia stato inghiottito dall'oblio e che il suo futuro non possa riserbarle niente che sia in grado di risollevarlo.
Certo, per una persona distrutta il passato non esiste più e tutto ciò su cui si basava la sua vita è quasi del tutto scomparso. Dico quasi del tutto, perché in realtà è sopravvissuta la cosa più importante della sua vita: la sua persona stessa.
Nessuno può essere in grado di prevedere cosa succederà in futuro; oltre a una persona distrutta, anche una persona felice, la persona più felice del mondo, potrebbe a un certo punto fermarsi a riflettere sul suo futuro e vedere dolore e sofferenza. Entrambe però non possono essere certe, non possono basare lo sconforto del presente sulla paura del futuro; perché il dolore del presente spesse volte è dettato anche dalla paura del futuro, dalla paura di non riuscire.
Il nostro futuro lo creiamo noi con le nostre scelte, siamo noi padroni del nostro futuro e non dobbiamo temere per ciò che dipende da noi appunto perché dipende dalle nostre scelte, e noi dobbiamo essere fiduciosi sul fatto che, una volta arrivato il momento, sceglieremo per noi stessi il meglio possibile.
Una persona distrutta non deve perdere il coraggio, non deve fermarsi e lasciarsi in balia dell'esistenza, perché facendo così compie una scelta per il suo futuro, e questa scelta si ripercuoterà su di lui per il resto della sua vita.
Il senso della vita è quello di continuare: noi in realtà non smettiamo mai di esistere, ma continuiamo a vivere nei nostri figli, nei pensieri che abbiamo trasmesso alle persone a noi vicine e nelle opere da noi lasciate al mondo. E così, quando la nostra vita sembra distrutta, noi in realtà continuiamo a esistere perché non ci troviamo dove siamo grazie al cammino che ancora dobbiamo compiere, ma grazie a quello che ci siamo lasciati alle spalle, grazie a ciò che abbiamo fatto. Rimane quindi da prendere una scelta: quella di continuare a esistere, ad operare secondo i nostri pensieri e a trasmettere questi stessi agli altri, affinché la nostra vita possa diventare immortale.
Non è la morte, la distruzione o il dolore che uccidono una persona: finché il ricordo di questa persona rimarrà saldo nelle menti, finché le memorie di azioni passate, nonostante la vita in cui furono compiute non esista più, rimarranno radicate dentro di noi o nelle menti degli altri, allora noi non smetteremo di esistere.
I grandi personaggi del passato, chi più chi meno, vivono ancora, poiché i loro pensieri, opere o azioni continuano a essere studiate, citate e ricordate dalla gente.
Tutti nel nostro piccolo possiamo lasciare qualcosa di noi nel mondo: attraverso gli altri e la loro memoria, attraverso le opere che lasciamo e attraverso le azioni che abbiamo compiuto.
Perciò, alla domanda: Cosa rimane di noi? la risposta è: noi.

Questo testo è dedicato alle vittime del terremoto in Abruzzo, che trovino la forza per proseguire nel loro cammino.


»Torna all'elenco dei testi
»Torna all'elenco delle edizioni

Copyright © 1999 - Comitato per Sofia - Tutti i diritti riservati.
Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010