Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
1ª edizione - (1998)

"Una tragedia americana" di Theodore Dreiser

 Un libro come Una tragedia americana difficilmente si dimentica: la sua forza e la sua suggestione suscitano intense emozioni e stimolano una profonda riflessione sull'uomo, sul suo ruolo e sulle sue responsabilità nel mondo.
È la storia del giovane Clyde Griffiths, drammatico simbolo della povertà e dell'ignoranza, che si affaccia alla turbolenta vita dell'America d'inizio secolo. Clyde è figlio di genitori ossessivamente devoti alla religione ed al culto di una ferrea morale cristiana, ma privi di mezzi e costretti all'elemosina. Giunto alle soglie dell'adolescenza, egli sente l'impulso di scappare dal suo ambiente scialbo e umiliante per realizzare il sogno della propria affermazione sociale. Guardando le luccicanti vetrine dei negozi, l'ostentazione dei ricchi abitanti di Kansas City, lo sfavillio degli alberghi di lusso e delle automobili eleganti, Clyde viene stregato da un'illusoria promessa di felicità e si sente spinto ad inseguire questo mondo seducente. Ma la sua cieca ambizione lo porta ad una serie di errori e di sbagli, ad azioni sempre più malvagie e prive di scrupoli, fino al concepimento del delitto. L'ultimo atto della sua "tragedia" si chiude con la condanna a morte e l'esecuzione.
Fin dall'inizio, il personaggio di Clyde appare dominato da passioni molto forti, che non riesce a controllare. Il suo tentativo di compiere una "scalata" sociale si rivela affannoso e disordinato perché nasce dalla frustrazione e dall'orgoglioso desiderio di un successo immediato; è destinato al fallimento perché si basa sull'ingenua visione che Clyde ha del mondo, sulla sua convinzione che nel lusso e nella ricchezza risieda ogni felicità. Clyde viene ingannato da una realtà priva di consistenza etica, contro la quale, nella sua ignoranza, non ha difese. È un individuo moralmente debole, che alla fine viene schiacciato dalle aspirazioni che la società stessa alimenta. La morte di Clyde è l'inevitabile conclusione delle passioni spinte oltre ogni limite, ma è anche il capolinea di un'ambizione sfrenata.
L'autore Theodore Dreiser, scrivendone la storia, ha voluto offrire un esempio che riassumesse i caratteri principali del sogno americano, i fondamenti della politica del successo. Il libro, scritto nel 1925, introduce una serie di problemi rimasti tuttora attuali, a distanza di decine d'anni. Dreiser intitola la sua opera Una tragedia americana, ma essa è anche una tragedia umana di portata universale: il meccanismo in cui Clyde rimane intrappolato rappresenta in un certo senso il comune denominatore di ogni società. Il tema dell'arrivismo e della conseguente scomparsa di umanità nei rapporti interpersonali riguarda non solo l'America, ma anche tutto il mondo. L'origine di questo male è spesso individuabile nella miseria e nell'assenza di cultura: laddove il concetto di successo personale non può contare su un solido sistema di valori atto a sostenerlo e dove non esistono ideali su cui fondarlo, esso prende il sopravvento nella forma di culto fanatico dell'individuo. È facile intuire che in un simile clima il traguardo finale equivalga esclusivamente alla piena realizzazione economica. Non di rado è proprio questa la molla che fa scattare la criminalità negli ambienti più poveri e degradati.
Questa realtà, però, diventa tipicamente americana in quanto l'America è il paese in cui il valore dell'uomo si misura da sempre in termini di ricchezza e potere. Una tale concezione di vita deriva essenzialmente dal fatto che la storia americana è relativamente recente: dal 1492 l'America accoglie uomini giunti per cercarvi fortuna ed un facile arricchimento, spesso privi di un adeguato bagaglio culturale e morale. È diventata un paese in cui si dà ampio spazio all'intraprendenza individuale: in essa già vigeva il pragmatismo quando in Europa il successo si raggiungeva ancora attraverso intrighi di corte o finanziari o attraverso l'intellettualismo o la superiorità ideologica. La filosofia americana si è diffusa poco alla volta anche in Europa contagiando molti aspetti della nostra vita. Ma, pur avendone assimilato molte caratteristiche, spesso rimaniamo increduli di fronte a certi fenomeni: la stessa società in cui domina l'assoluta liberalità in campo economico, dà l'impressione di abbandonare a se stesso l'individuo e di intervenire solo come giudice sommario e sbrigativo dei suoi errori. Per questo la fine di Clyde è crudele: egli muore nella solitudine e nel dubbio di non essere del tutto colpevole. Lo tormenta il pensiero della propria effettiva responsabilità negli sbagli della sua vita e nell'omicidio che ha commesso. Non ha infine delle scusanti? Non era povero e solo, ignorante e inerme contro le tentazioni?
Terminata la lettura, anch'io ho cercato di dare una risposta a questi interrogativi: forse bisogna scoprire l'importanza dei valori autentici che può dare l'istruzione o forse è necessaria una società che tuteli di più gli individui meno preparati alla lotta: certo è che a Clyde furono negate entrambe queste possibilità ed è proprio osservando la sua condizione che questo libro diventa la condanna di uno stile di vita meschino e alienante.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010