Lo scudo di Talos
Il libro che ho letto si intitola Lo scudo di Talos e in confronto agli altri due libri letti mi è piaciuto di più, perché l'autore nella prima parte ci vuol fare capire cosa significa essere iloti, cosa significa farsi sottomettere dalle persone più potenti, ubbidire senza lamentarsi, lavorare molto senza essere giustamente ricompensati e lo fa capire con delle parole ricche di significato, ed estremamente semplici.
Queste parole fanno anche capire, in modo chiaro il paesaggio cui queste persone si trovano, fa capire i vari raggruppamenti di abitazioni sparse per la montagna e quindi si intende chiaramente l'esclusione, dal gruppo, lo stato di inferiorità di questi ultimi.
Gli Iloti abitavano in montagna e possedevano veramente poco, c'era chi coltivava la terra, c'era chi faceva delle commissioni per dei padroni e c'era anche chi era pastore, proprio come Talos.
Verso la fine della prima parte si intravede qualche stato d'animo nei confronti della guerra, che sono espressi più chiaramente nella seconda parte.
Nella seconda parte del libro invece l'autore ci vuol fare capire cosa significa perdere qualcosa a noi caro, nelle tante battaglie che si sono fatte. Sono state molte le perdite da parte degli ateniesi, spartani o persiani e non è stato piacevole vedere gli amici di battaglia morire sul campo di guerra per gli amici, figuriamoci per i famigliari!
Le parole dell'autore ci fanno capire in modo chiaro come i guerrieri affrontavano a testa alta gli avversari, senza tirarsi indietro, morire in modo glorioso, invece che salvare la vita e vivere un'esistenza da vile.
Anche Kleidemos vide morire una persona a lui cara, il nome di questa persona era Brithos, che morì gloriosamente sul campo di Platea.
A volte l'autore ci fa capire con dei termini un po' violenti la brutalità di queste battaglie e il "gusto" di massacrare l'avversario anche con ogni mezzo.
In generale ci sono dei momenti del libro che cambiano da un momento all'altro, per esempio, l'autore sta descrivendo una determinata cosa, c'è un po' di spazio bianco e poi si ricomincia con un altro argomento, nelle prime pagine che uno legge, può sembrare strano, ma poi ci si abitua.
L'autore ci fa capire anche come la vita degli uomini sia condizionata dagli dei, per esempio se succede un determinato fatto, loro pensano subito che sia scritto nelle leggi sacre degli dei. Anche per quanto riguarda il piede rattrappito di Talos, si pensò che era segno degli dei.
Poi l'autore ci vuol far capire la sofferenza che ha Talos, essendo cresciuto sulla montagna, tra gli Iloti, ma essendo uno dei figli di Aristharcos, uno degli uomini più stimati di Sparta, di come si senta Talos; sa di appartenere ad una famiglia nobile, ma non può dimenticare la sua vita di adolescente.
Un fatto che a me ha incuriosito molto è stato quello della Kripteya, un'associazione segreta, che sapeva tutto di tutti. In un primo momento il lettore non ne conosce l'esistenza, ma quando lo scopre, la lettura diventa più bella e piacevole.
Infine un fatto che mi ha incuriosito molto è stato quando il pastore Karas vide l'armatura di Talos vuota, con a fianco un lupo...
Di preciso non si sa che fine abbia fatto Talos, l'autore ci può far fantasticare come si vuole.
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