Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
4ª edizione - (2001)

"Il Miglio Verde"

Uno dei tanti film che ho visto al cinema, quello che mi ha colpito di più e che mi ha spinto a diverse ricerche d'approfondimento è stato: Il Miglio Verde.
Il film è stato tratto da un romanzo di Stephen King, pubblicato un paio d'anni fa e diviso in sei puntate di cadenza mensile.
Il titolo indica il nome del "Braccio della Morte" di un carcere statale negli Stati Uniti d'America, in cui arriva un nuovo ed enorme inquilino: John Coffey, condannato per violenza carnale ed omicidio nei confronti di due bambine.
Andrà sulla sedia elettrica, così come gli altri tre residenti del "Braccio E", ma lui è diverso dagli altri.
Nonostante le sue dimensioni fisiche è buono come il pane e soprattutto ha un dono di Dio: sa fare i Miracoli.
Se questa storia fosse vera, potrei anche credere nel Miracolo stesso com'è definito dalla Chiesa.
Il regista di questo film è Frank Darabont, il quale, ispiratosi al romanzo The Green Mile (il miglio verde), ambienta il film una decina d'anni indietro nel tempo (1935) rispetto all'anno di pubblicazione dello stesso e sposta il punto di vista da un prigioniero (nel libro) ad una guardia carceraria (nel film), interpretata da Tom Hanks, uno degli attori più apprezzati di Hollywood.
Al suo fianco, nella recitazione del film, ci sono diversi volti in parte noti, ma nessun nome veramente importante, come James Cromwell (direttore del carcere che ha ricevuto una nomination per il film Babe), Barry Pepper, Jeffrey De Munn e David Morse, che interpretano molto bene le altre guardie carcerarie.
Il Miglio Verde ha una durata di circa 180 minuti, ma non è pesante ed impegnativo grazie alla presenza di scene divertenti e drammatiche alternate tra loro.
Finisce per essere un po' dispersivo perché i temi trattati nella sua proiezione sono molti, infatti, non si riferisce solo ed esclusivamente alla Pena di Morte, ma anche ad un uomo dotato di un dono straordinario e del suo rapporto con la guardia carceraria.
Raccogliendo diverso materiale, sul quale ho lavorato, sono riuscita a distinguere due chiare considerazioni: alcuni pensano che Il Miglio Verde sia un film contro la Pena di Morte, perché è presentato l'orrore dell'esecuzione con tutta la sua crudezza e l'esperienza lascerà ricordi nelle guardie protagoniste; mentre altre persone o altri critici sono convinti che l'istituzione della Pena viene presentata in maniera obiettiva e non critica.
Loro pensano che il film non voglia prendere nessuna posizione nei confronti della Pena di Morte, ci viene presentato un fatto e siamo liberi d'interpretarlo a nostro piacere e di esprimere una propria opinione; aggiungono che, secondo loro, il regista volesse solamente raccontare una storia surreale e suscitare delle emozioni negli spettatori.
Il modo in cui la storia viene raccontata è spesso più importante della storia stessa riesce a trasmettere emozioni non per quello che è, ma per il modo in cui vi è narrata.
Il Miglio Verde ne suscita molte, data la sua costruzione e la sua obiettività.
Non avendo le idee ben chiare sulla Pena di Morte, ho fatto una breve ricerca sulla sua storia.
La Pena di Morte ha sempre suscitato numerose polemiche tra sostenitori e detrattori, impegnando le menti di giuristi, filosofi, sociologi e politici.
Questo processo tende ad eliminare i delinquenti più pericolosi che non lasciano nessuna speranza di ravvedimento.
La tendenza favorevole alla condanna ha cominciato ad avere numerosi contrasti dalle prime civiltà fino alla metà del '700, nel periodo della Rivoluzione Francese.
I principi individualistici ed egualitari cominciarono a mettere in dubbio la legittimità del diritto dello Stato di disporre la Vita dei sudditi al proprio arbitrio.
Le obiezioni ebbero particolare fama in Italia, dove Cesare Beccaria (scrittore de Dei Delitti e delle Pene) dimostrò che la Pena di Morte non era né utile né necessaria ed il suo scopo era quello di giungere alla piena eliminazione della Pena stessa.
Venne però introdotta di nuovo dal Fascismo (Codice Rocco del 1930).
In questo periodo regnava la concezione di uno Stato forte ed autoritario dove l'individuo doveva contribuire sempre e solo alla comunità e poteva essere eliminato quando recava nocumento a tale interesse, che su tutto e su tutti doveva prevalere.
La caduta di questo Regime portò alla soppressione della Pena di Morte (1944).
Purtroppo non esistono statistiche sulla sensibile riduzione dei delitti nei Paesi dove questa atroce Pena è sempre stata applicata.
Circa i modi della sua esecuzione, dalle barbariche forme dell'esposizione alle belve alla precipitazione dalla rupe, dal rogo alle tenaglie, dall'impalamento alla crocifissione, dalla ruota alla morte per inedia, per svenamento, sepoltura, strangolamento, annegamento, lapidazione etc. etc. si è giunti gradatamente ai mezzi più moderni, ma non meno orrendi, della forca, della ghigliottina, della sedia elettrica, della camera a Gas e della fucilazione.
Se dovessi prendere una mia posizione all'interno del discorso, sosterrei che sono pienamente contraria alla libera esecuzione di questa bruttissima Pena.
Mi affido a ciò che mi è stato insegnato ed essendo una persona Cattolica affermo che niente e nessuno ha il diritto o il dovere di togliere la Vita ad un suo simile, perché solo Dio può farlo.
Alla mia età è difficile avere degli ideali molto forti e stabili perché il Mondo è talmente grande che a volte non basta neanche una Vita per conoscere tutto... Il presente di per sé è già lungo e complicato, figuriamoci il passato!
Legato alla Pena esiste anche un discorso, oltre che Religioso, anche politico perché a volte l'esecuzione è motivata dagli stessi ideali.
I miei ideali politici sono un po' instabili, ma di sicuro posso assicurare che sono contro ogni discriminazione, ho idee antifasciste, non sopporto nessun tipo di violenza e credo che sia veramente inutile condannare un mio simile alla Morte, perché dev’essere lui stesso a capire e motivare i suoi sbagli.
Gli si deve dare l'opportunità di farlo e gode pienamente di questo diritto, quindi condannando, si commette un errore ancora più grande del delitto del processato.
Sono anche convinta che uccidere per far pagare una condanna non serve di certo a migliorare le cose, perché niente e nessuno può cambiare il passato e secondo me la peggiore punizione che si può dare ad un uomo è di vivere in solitudine, ma in condizioni dignitose, immerso nella consapevolezza dei suoi stessi sbagli.
Sbagliare è umano, ma a questo Mondo, che a volte ci complica la Vita, esistono vari tipi di sbagli e purtroppo non tutti sono rimediabili ...non per niente si dice:
"Sbagliando s'impara!".


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010