Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
1ª edizione - (1998)

Riflessioni su di una lettura

 Per partecipare a questo concorso, ho deciso di parlare di un piccolo libro di Sepulveda: Storia di un gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare.
Quando una sera ho comunicato questa mia decisione ai miei genitori, subito ho sentito commenti del tipo: "Ma è un libro da bambini!"; oppure: "Federico, hai quindici anni!".
Ebbene, posso assicurarvi che ho letto libri più ponderosi e più seri, come Sostiene Pereira di Tabucchi o come Fontamara di Silone o La ragazza di Bube di Cassola e altri ancora; ma sono fermamente deciso a parlare di questo piccolo libro di Sepulveda, perché sono convinto che i grandi abbiano perso la sensibilità che costituisce parte integrante dell'animo dei piccoli, o meglio dei giovani, e senza di essa non sono più stimolati o attratti da un libro piccolo che però insegna a cogliere dalla semplicità di un testo concetti molto importanti.
Il libro narra di una gabbiana adulta che in viaggio verso il nord Europa con altri gabbiani, in vicinanza di un porto, precipita in una macchia di petrolio e a stento riesce a raggiungere il balcone di una casa, dove trova un gatto di nome Zorba e, morente, gli chiede di custodire l'uovo che avrebbe deposto, di allevare il piccino che sarebbe nato e di insegnargli a volare.
Zorba promette che farà tutto questo e in effetti con grande fatica e con l'aiuto dei gatti del porto, riesce nel suo intento.
A prima vista questa storia può sembrare davvero una favola per bambini con una morale semplice e scontata. Tuttavia, nelle due parti in cui è suddiviso questo libro, si articolano delle tematiche molto importanti ed attuali. In primo luogo si parla del problema ecologico, sottolineando la leggerezza con la quale gli uomini si occupano dei problemi della natura, come l'inquinamento dei mari che mette a repentaglio la vita della fauna marina. Ma nel libro si trattano anche temi molto più profondi che riguardano in primo luogo la personalità umana. Tra questi, il problema del razzismo, che è purtroppo vivo in ogni parte del mondo. Lo spirito con il quale Zorba accoglie e alleva la povera Fortunata (così verrà battezzata la gabbiana) si contrappone vivamente all'intolleranza di molti uomini nei confronti delle razze diverse dalla loro. Zorba infatti pur essendo un gatto, per natura dunque abituato a mangiare gli uccelli, vince i suoi istinti riuscendo così ad avvicinarsi sempre di più alla gabbiana.
Al razzismo, il racconto contrappone una positiva, vivace e intelligente valorizzazione della diversità: Zorba riesce a convincere la gabbianella ad essere fiera della sua natura e a non aspirare ad essere un gatto, come fatalmente Fortunata è indotta a fare dalle circostanze. Come sarebbe triste il porto senza gatti! Come sarebbe vuoto il cielo senza il volo dei gabbiani e quanto più povero sarebbe il rapporto tra Zorba e Fortunata se lui non fosse un gatto e lei una gabbianella!
Grande spazio nel testo prende la metafora del volo. Fortunata, essendo una gabbiana, deve volare e, perché ciò accada, c'è bisogno che qualcuno le insegni a farlo, ma, soprattutto, serve avere buona volontà e perseveranza e solo dopo molti sforzi e grazie ai gatti ed ad un umano, la gabbianella riesce a spiccare il volo.
Volare significa crescere, progredire, ma per crescere e progredire servono sforzi, serve costanza e nessuno può dare queste qualità: esse possono nascere solo nella persona, perché vola solo chi osa farlo, trovando in sé il desiderio e la determinazione per gettarsi nel vuoto.
Perché Fortunata voli, i gatti chiedono aiuto ad un umano, un umano diverso da tutti gli altri, un poeta, un uomo che vola con le parole.
La figura del poeta rappresenta l'opposto di ciò che purtroppo diventano gli adulti. Egli rappresenta un bambino, suggestionabile e sensibile a tutto, che si integra perfettamente nel lavoro educativo che ferve intorno a Fortunata.
Sepulveda appare critico e diffidente nei confronti dell'uomo: lo dimostra con eloquenza l'avversione dei gatti verso tutto ciò che ha forma umana. Di qui nasce spontaneamente una domanda: perché l'uomo è diventato ostile al gatto (e alla natura) e questo diffidente nei confronti di lui?


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010