Una esperienza di lettura "Una donna" di Sibilla Aleramo.
Le pagine ingiallite, la copertina un po' scollata, le poche righe della calligrafia giovane e intelligente di mia madre... costruiscono un ponte ora, fra lei e me, un filo di continuità nella storia antica del mondo, delle persone.
Scopro stupendamente che anche in mia madre, al cui confronto mi sento così spesso piccola e insicura, essere ancora indefinito e troppo ignorante sul mondo per avere una posizione propria, c'è una persona che ha avuto dubbi e diverse alternative.
Scorgo in lei lettrice anni fa di questo libro la stessa curiosità che ora sento mia. Scorgo lo stesso mio desiderio di conoscere il mondo, la disponibilità e la voglia di cambiarlo.
Tocco questo libro come il sacro testimone di un passaggio che è forse la vita. Mi sento coinvolta in una sorta di alto rito d'iniziazione... Raccolgo quest'intima eredità - come la chiama Sibilla Aleramo - con una gioia immensa di bambina che riceva un dono "da grande" e, insieme, qualche nuova responsabilità.
Leggo incuriosita il sincero timore dell'autrice bambina di non riuscire ad amare la propria madre.
Comprendo il sentimento di precarietà della quindicenne cui viene distrutto il mito del proprio padre, quel crollo degli affetti che le sarà fatale, che la spingerà fra le braccia proprio di chi l'ha precipitata in tale crisi.
Partecipo emotivamente al dissidio interiore di una ventenne sposa e madre, costretta da una lettera d'amore a gettare uno sguardo sincero sulla propria condizione, a non nascondersi più nulla, a riconoscersi sola, disamata, assetata ed anelante, sinceramente disorientata davanti alla possibilità di lasciarsi coinvolgere dall'amore, offertole per la prima volta dalla vita, ma ferma nella volontà di rimanere fedele ai propri doveri di sposa, di non lasciar corrompere quella creatura umile ma splendente di maternità che era diventata da un anno.
La capisco in quel punto della nostra esistenza, crocevia di possibilità diverse, dove ognuno di noi sente di avere in mano la propria vita, di avere la responsabilità di scegliere per la propria felicità e in parte per quella altrui... e non se ne sente, magari, del tutto capace.
M'infiammo al dramma d'una madre venticinquenne costretta alla scelta: "Partire, partire per sempre. Non ricadere mai più nella menzogna. Per mio figlio più che per me! Soffrire tutto, la sua lontananza, il suo oblio, morire, ma non provar mai più il disgusto di me stessa, non mentire al fanciullo, crescendolo, io, nel rispetto del mio disonore!".
Singhiozzo forte nel cuscino leggendo il bacio, l'ultimo, di una madre che parte senza poter versare una lacrima...
Certi libri hanno il potere di farci trovare degli amici negli scrittori che si aprono a noi con così spontanea sincerità. Amici nel senso più profondo, di condivisione.
E così io lettrice scopro che qualcuno, in qualche angolo di questa Terra, ha pensato esattamente quello che ho pensato io. E non posso che sentirmi legata a questo qualcuno; sento di capire perfettamente cosa vuole dire e desidero esprimere a mia volta le emozioni che provo e che nessuno ha ancora raccontato. Sorrido, ché la condivisione è proprio un gran bel modo per affrontare quest'immenso incomprensibile che è la vita.
Viviamo un po', e un po' lo raccontiamo, per provare insieme a capirci qualcosa di più. Si forma una sorta di grande amicizia a distanza, di luogo ma, speciale, anche di tempo.
E conoscere gli altri ci aiuta a conoscere meglio noi stessi; certe cose non sai neanche di averle prima di condividerle.
"... non me ne preoccupavo, o, per meglio dire, mi liberavo tosto dalle impressioni fastidiose senza cercar di approfondirle. Forse era un po' istintivo timore di scoperte troppo gravi per la mia età? Non so." Quante volte io sono riuscita a tranquillizzarmi, ad uscire da uno stato di penosa preoccupazione, con il solo pensiero? E quante volte, come l'autrice, rileggendo una lettera prima di spedirla, mi è parso di "aver scritto per me sola, di aver sintetizzato la mia anima"?
Da tempo mi chiedo perché la società in cui vivo limiti al ricordo la conoscenza degli eventi, se non si debba invece riconoscere all'uomo la capacità anche di qualche sentore o intuizione, se non sia già impressa in un'ipotetica memoria irrazionale qualche immagine futura, se la vita non sia, davvero, un sentiero già tracciato. La naturalezza con cui l'autrice parla di certe sue premonizioni mi conforta, non mi fa sentire l'unica.
Infine anche l'avvocato rinunciò ad ogni trattativa. Io restavo proprietà di quell'uomo, dovevo stimarmi fortunata che egli non mi facesse ricondurre con la forza. Questa era la legge.
Una grande indignazione, ed al contempo un sentimento immenso di gratitudine per chi, con la propria forza e le proprie sofferenze è riuscita a cambiare la legge. E il mondo.
Mi sento anch'io forte e importante, in grado di attraversare la vita con tutte le sue avversità, di agire nel mondo per il bene mio e di chi verrà dopo di me.
Chiudo Una donna con la sensazione di non aver ancora vissuto tanto da poter confrontare le mie esperienze con tutte quelle dell'autrice, con il piacere di sentire questo libro come compagno delle mie future emozioni, per, forse, tutta la vita.
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