"Antigone" - Sofocle Esodo
"Ma il giovane lo guarda con occhi sbarrati, lo fissa, senza nulla rispondere, quindi gli sputa in faccia, e subito, estratta la spada, sopra di lui si getta che sta fuggendo.
Allora, infuriato, rivolge contro di sé la spada, se l'immerge nel fianco, a fondo: e già morente cinge in un abbraccio languido la sposa, sulle gote di lei, su quel candore, versa un fiotto di sangue."
Questi pochi versi hanno suscitato in me sentimenti di rabbia e disprezzo nei confronti di un uomo, Creonte, talmente accecato dalla superbia, dall'ambizione e dall'egoismo, da causare la morte del proprio figlio e, sebbene avvertito da Tiresia, da lasciare che ciò accadesse. Mi ha colpita molto la PASSIONE di Emone nei confronti di Antigone; egli infatti è l'unico che riesce, con le sue parole, a far rinsavire il padre, e, senza esitare, tenta fino alla fine ma inutilmente, di salvare la donna amata. Leggendo il testo di Sofocle, è l'amore l'aspetto, secondo me, predominante e che più mi ha emozionata. L'AMORE che guida tutto e tutti, e che, seguendo comunque le leggi del fato, SCONVOLGE ogni cosa.
Incontriamo l'amore per il fratello che porta Antigone a ribellarsi alle ingiuste leggi di un re-tiranno, l'amore fraterno di Ismene, l'amore materno di Euridice che solo con la morte trova un rimedio al DOLORE per la scomparsa del figlio, e, infine, l'amore che non si rassegna, l'amore disperato di Emone per Antigone. Ma questo sentimento dirompente, che cambia ogni cosa e capovolge le convenzioni, sa anche riportare l'ordine fare GIUSTIZIA. Antigone è l'eroina, colei che sfida le leggi dello Stato per obbedire unicamente a ciò che la sua coscienza, religiosa nonché umana, le consiglia di fare. E paga con la morte per questo; ma è comunque una vincitrice, perché Polinice riceve almeno in parte gli onori funebri, ed, inoltre, Creonte viene colpito da una doppia tragedia.
Quest'ultimo è, infatti, sconfitto, poiché gli rimane solo l'ODIO del figlio e uno schiacciante senso di rimorso. L'uomo ama - strano a dirsi! - Emone, e vederlo morire così, squarciato da una spada, sul cadavere della donna tanto amata, è per lui la peggiore delle punizioni. Le responsabilità delle proprie azioni piombano su di lui, colto dal rimpianto e da un pentimento tardivo. L'AMORE e la MORTE si alternano, si intrecciano fino a confondersi, fino a diventare un'unica, tragica VERITÀ che porta allo stato di conoscenza, come un risveglio improvviso da un incubo, con la comprensione di ciò che è stato commesso in precedenza. Nei versi di Sofocle la violenza e la dolcezza si alternano: il tentativo di Emone di uccidere il padre, poi il suicidio, sono descrizioni violente ma non crude, la disperazione e l'impeto del dolore sono, infatti, i sentimenti che sulla scena emergono maggiormente. La scena della morte del ragazzo però si conclude con parole di estrema dolcezza e delicatezza da parte di Sofocle, come per ricordare che è sempre l'amore a spingere gli uomini ad agire.
Penso che questa scena abbia anche un significato simbolico: le GOTE di lei - si noti la delicatezza - sono CANDIDE, e il sangue di Emone non le sporca, ma si versa su quel candore.
Il sangue che è il segno tangibile della STOLTEZZA di Creonte e della HYBRIS che ispira le sue azioni, si versa e si confonde con il candore, l'INNOCENZA della fanciulla, che non ha avuto altra colpa, se non quella di credere alle leggi divine, e, soprattutto, al suo cuore.
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