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5ª edizione - (2002)

Una esperienza di lettura: "La Notte" di Elie Wiesel

suggestioni, emozioni, un modo di sentire, di vivere, di raggiungere universi sconosciuti e inesplorati.

 Durante la mia breve esistenza, ho avuto la possibilità di leggere molti libri, alcuni mi sono piaciuti molto, altri meno, non tutti però mi hanno trasmesso qualcosa; leggo per il semplice gusto di paragonare il mio punto di vista a quello dello scrittore e di conoscere persone diverse da me.
Recentemente ho letto un libro che mi è stato consigliato dalla mia prof.ssa di lettere La Notte di Elie Wiesel, la storia di un ragazzo ebreo deportato con l'intera famiglia in un campo di concentramento; un tema molto presente, che ci coinvolge tutti e che mi appassiona.
Lo scrittore Wiesel, in prima persona, racconta come i forni crematori abbiano distrutto la sua fede verso un Dio che ha permesso la strage di bambini innocenti bruciati vivi nei forni crematori. Io, nel momento in cui ho letto quelle parole, ho provato una sensazione di rabbia, non verso Wiesel che aveva perduto la fede, ma verso tutte le religioni del mondo, che ogni giorno ingannano migliaia di persone.
Se davvero ci fosse un Dio tanto buono, che è il padre di tutti gli uomini, che vuole solo il bene per i suoi figli, perché c'è ancora la guerra? Perché esistono le guerre di religione?
Penso che le religioni siano il frutto dell'immaginazione di uomini molto intelligenti, che forse a causa della crudeltà degli esseri umani, hanno inventato queste storie su Dio per controllare il comportamento dei propri simili.
Io sono una ragazza cinese e non sono credente: fin da piccola sono stata educata in questo modo di pensare e di guardare la vita. Ma non vorrei essere fraintesa, infatti, nessuno mi costringe ad essere atea, a differenza dei bambini cattolici e di altre religioni, che invece, seguono da piccoli la volontà dei genitori.
Se sulla Terra non ci fosse alcuna religione, non credo che la vita sarebbe migliore e neanche peggiore. Certo alcune guerre potrebbero essere evitate (es. Guerre di religione), ma altre potrebbero nascere. Riconosco che la Chiesa è molto positiva nello spingere i suoi credenti ad essere generosi, gentili, comprensivi verso le persone bisognose. Ma limita lo sviluppo della scienza e della medicina (es. La clonazione per fini terapeutici) che invece sono importanti per tutti, anche per il Papa.
Forse l'essere umano non ha il coraggio di ribellarsi ad una religione, perché nessuno di noi può essere più o meno certo dell'esistenza di Dio. Tutti abbiamo timore di commettere degli errori con la nostra superficialità. Anche Wiesel, che non credeva più nella sua religione, vedeva nel suo gesto di inghiottire la zuppa nel giorno del Grande Perdono, l'unico possibile atto di rivolta.
Penso che il modo migliore è vivere da uomo giusto, che rispetta la legge, che, se ha la possibilità di aiutare i poveri, gli emarginati, i diversi, lo fa, in modo da sentirsi in pace con se stesso e con il prossimo.
Wiesel racconta sia delle selezioni che avvenivano nei campi di concentramento, il modo in cui le persone deboli erano eliminate, mentre quelle forti erano risparmiate, perché ritenute in grado di continuare a lavorare e di servire il popolo tedesco, sia della sua preoccupazione più grande: quella di rimanere vicino al padre, quando lui stesso ne aveva bisogno, ma anche di avere la forza di non abbandonarlo quando quest'ultimo sarebbe diventato un peso morto. Questa è la parte che mi ha colpito di più, la parte più interessante, affascinante, ma soprattutto sincera: un ragazzo della mia stessa età combatte per sopravvivere, ma contemporaneamente dimostra di non essere una bestia inferocita e di possedere sentimenti, di ricordarsi delle persone a lui care, dalle quali aveva ricevuto aiuto e di non soccombere ad una visione egoistica e violenta della vita.
Per me Wiesel è stato un ragazzo molto fortunato, anche se ha perso tutta la famiglia durante la persecuzione nazista, ha sofferto tanto nei campi di concentramento e soprattutto durante le evacuazioni. Quando il clima era rigido, la pancia vuota, con il piede sanguinante sul candido della neve per un'operazione chirurgica appena avvenuta, aveva dovuto correre, senza potersi fermare altrimenti sarebbe stato ucciso o dalle SS o schiacciato sotto i piedi dei detenuti che lo incalzavano. "Correva, correva... E non si accorgeva di correre, ma i suoi piedi si seguivano l'un l'altro automaticamente". Una scena molto triste, oserei definirla agghiacciante, per un momento avrei voluto entrare nel "film" e aiutarlo, affrontare i tedeschi o semplicemente supplicare lo sceneggiatore di riscrivere la trama. L'importante è che Wiesel sia riuscito a salvarsi e abbia dato la propria testimonianza, che rimarrà impressa nella storia.
Ma molte volte la storia si ripete e mio padre spesso ripete questa frase, ha paura che succeda di nuovo una persecuzione e non solo nazista. È molto esigente verso il mio studio della lingua cinese, perché è la lingua che parla il nostro Paese, la nostra patria-sicura, nella quale possiamo tranquillamente rifugiarci se dovesse scoppiare una nuova guerra e che ci dovrà accettare per la nostra faccia, il colore dei nostri occhi e della nostra pelle.
Ho fiducia nel Vecchio continente e in Italia nessuno mi ha mai dimostrato il contrario. Nonostante questo ogni giorno mi vedo diversa dai miei compagni, amici... Mi sento diversa non solo per l'aspetto fisico, ma anche per il modo di pensare, di ragionare.
E anch'io ho paura, infatti dopo aver letto questo libro, comprendo più facilmente le idee e le preoccupazioni di papà.
Nessuno si immaginerebbe una nuova guerra con le caratteristiche della seconda guerra mondiale, perché sembra "estraneo" al nuovo millennio, in cui la specie umana viene protetta e difesa. Ma niente è sicuro, tutto può cambiare, perché Hitler non combatteva da solo ed era sostenuto da altri uomini con le sue stesse idee.
È importante mantenere la pace ed è un bene avere il giorno della memoria, in cui tutti, ogni anno, ricordiamo e ragioniamo su quello che è successo e bisognerebbe raccontarlo ai nostri figli, come ha scritto Primo Levi, perché non si commettano gli stessi errori. Ed è giusto non dimenticare anche nei confronti del popolo ebraico e di tutti quei popoli che hanno vissuto il peso e la tragedia della guerra.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010