Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
5ª edizione - (2002)

Un'esperienza di lettura - rielaborazione e riflessioni.

Un'esperienza di lettura che mi ha particolarmente segnata è il libro di Stephen King A volte ritornano.
E di cosa tratta? Sostanzialmente di paura.
La casa è deserta mentre scrivo e fuori la luna sembra scrutarmi con sguardo indifferente.
La cosa che ha reso più significativa questa lettura è il fatto che l'autore mi ha messa faccia a faccia con una delle mie più grandi paure: avere paura.
Mi chiamo Cristina, ho quattordici anni, vivo in una casa normale, con una famiglia normale e mi ritengo una persona perfettamente normale, eppure, trovandomi qui tutta sola, non posso fare a meno di avere paura. Qualsiasi rumore mi fa sobbalzare, mi viene quasi voglia di maledire Stephen King e chi mi ha regalato quel dannato libro. Ma, tutto sommato, sono contenta di averlo letto, mi ha aperto gli occhi su molte cose.
Ad esempio mi ha fatto capire che la maggior parte delle persone che fingono di non avere paura, che si ritengono superiori, spesso ne hanno il doppio di chi lo ammette.
Prima di questa lettura, quando qualcuno mi prendeva in giro, rimproverandomi di avere la testa fra le nuvole, spesso ci rimanevo male. Ora provo solo dispiacere per loro, i "grandi", i "superiori" e per la loro totale mancanza di immaginazione, pur ammettendo che tenere teste d'aglio sopra il comodino per allontanare i vampiri è un po' strano, ma in fondo, se ciò mi rende più sicura, che male c'è? Non mi pare di fare del male a nessuno (tranne ai vampiri).
Inoltre, dopo questa lettura, non mi va più di dormire con una gamba fuori dalle coperte, come ero solita fare, perché se per caso una mano gelida si protendesse da sotto il letto per afferrarmi la caviglia, potrei anche urlare. Sì, potrei lanciare un urlo da svegliare i morti. Sono cose che non succedono, naturalmente, e lo sappiamo tutti.
In questo libro incontrerete esseri notturni di ogni genere: i vampiri, amanti di demoni, una cosa che vive nell'armadio. Nessuno di essi è reale. L'essere che, sotto il letto, aspetta di afferrarmi la caviglia non è reale. Lo so. E so anche che, se sto bene attenta a tenere i piedi sotto le coperte, non riuscirà mai ad afferrarmi la caviglia.

...

Ci sono altre due domande che mi devo porre dopo certe esperienze:
1) perché l'autore scrive questa roba macabra?
2) perché la gente la legge?
Per quanto riguarda la prima domanda, la risposta è un'esclusiva di Stephen King; per la seconda credo di poter rispondere, basandomi su una mia semplice opinione.
Se chiedete a un adulto che differenza c'è tra il TG2 e un racconto dell'orrore, vi risponderà che il primo è dotato di maggior gusto. Non è sempre vero. I telegiornali ci mostrano ugualmente incidenti di auto, i cadaveri sono stati rimossi, ma possiamo ancora vedere le lamiere contorte e il sangue sulle imbottiture. Il punto è che sono pochissimi quelli che si possono astenere dallo sbirciare i rottami illuminati dai riflettori e circondati dalle macchine della polizia.
Il mattino seguente, persone anziane si affrettano a consultare gli annunci mortuari per vedere chi è sopravvissuto.
La verità è che la paura ci attira.
Ci piace avere paura e sentire quel brivido che ci attraversa la schiena... Non sempre, ma spesso. Qualche lettore di horror potrebbe semplicemente affermare: "io li leggo per divertirmi", ed è proprio qui che sta il paradosso: leggere un libro di Aldo, Giovanni e Giacomo per divertirsi è comprensibile, ma un libro dell'orrore è molto strano. E qui ci ricolleghiamo al discorso di prima: ci piace avere paura, sempre che sia quella data da un libro.
È inutile negare ciò che è ovvio: la vita è piena di orrori, sia piccoli che grandi. Ma poiché sono quelli piccoli che siamo in grado di comprendere, sono questi che vanno a segno, proprio come nel caso di un incidente automobilistico.
Ma di quante cose abbiamo paura? Abbiamo paura di infilare una spina nella presa di corrente con le mani bagnate; il sabato sera, quando nostro figlio promette di essere a casa per le undici, ma è già a mezzanotte e la pioggia batte contro i vetri, fingiamo di guardare la TV, ma ogni tanto l'occhio corre al telefono muto e avvertiamo quell'emozione che ci rende ciechi e che manda lentamente in rovina i nostri processi mentali. Noi "tocchiamo" ciascuna paura con la curiosità morbosa di uno strano interesse, cercando di ricavare un intero con cento parti: scoprire la paura, quella vera, circondati da tanti orrori quotidiani.
Immaginiamo la paura con una forma, tocchiamola. I bambini la afferrano facilmente facilmente, la dimenticano e tornano a sperimentarla da adulti.
La forma è là. Tutti arrivano a comprendere presto o tardi che cos'è. È la forma di un cadavere sotto un lenzuolo. Il nostro.
Il significato dei racconti d'orrore di tutti i tempi è che essa serve da paura della nostra morte.
Questa narrativa non è molto considerata sarà perché (per quel che ho capito) porta sempre brutte notizie: "Tu morirai" afferma "ti accadrà qualcosa di brutto, potrà essere una paralisi, un cancro, un incidente automobilistico, ma presto o tardi ti accadrà". Ti prende la mano, la imprigiona nella sua, ti accompagna nella stanza e ti fa mettere la mano sulla forma e ti dice di toccarla qui... qui... e qui. Ma, in fondo, in un racconto horror non c'è altro che la voce dell'autore bassa e razionale, che parla del solido mondo di tutti i giorni che inizia a sfasciarsi, vi dice che volete vedere l'incidente, ed è vero: lo volete.
C'è la voce di un morto al telefono; c'è qualcosa giù in cantina ed è più grosso di un topo; vi mostra tutto ciò, ma non gli basta, l'intento dell'autore è fare toccare con mano la sensazione triste e cruda della morte. E piace, o per lo meno a me è piaciuto.

...

Ora che mia madre è tornata mi sento più tranquilla. Datemi della pazza, se volete, tuttavia, per dimostrarvi che l'orrore si annida in ogni casa, andrò in cucina da lei e le tirerò scherzosamente uno spicchio d'aglio e (sperando che non mi tiri dietro una ciabatta) scoprirò se nel suo D.N.A. è stato modificato qualcosa. Naturalmente è impossibile che possa accadere qualcosa del genere... O no?


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010