Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
5ª edizione - (2002)

Un'esperienza di lettura
di Chiara Levi
Menzione d'onore

Caro Gino
il mio pappagallo è sepolto da qualche parte, lo so.
Mi aspetta e spera che un giorno io lo possa trovare.
Non so perché sia voluto scappare così lontano, è andato verso sud, insieme agli altri, e ora deve essere accovacciato in qualche grande prato fra le valli di uno dei tanti paesi dimenticati.
Ho ingaggiato investigatori ed esperti ricercatori per trovarlo, ma mi hanno avvertito che una ragazzina di undici anni l'aveva già trovato. Lui se ne stava sotto poco più di un metro di terra, con le ali verdi ancora aperte.
Poi è esploso portando via con sé un piede e qualche frammento di muscolo.

Ho pianto tanto in questi mesi, ho pianto ovunque, e ogni volta mi sono sentita sempre più debole, il mio gregge di pensieri si è perso, e non pensavo fosse così dura riunirlo.
Ecco, mi ritrovo ancora penzolante a metà, indecisa se lottare o mollare.
Sai Gino che cosa ci frega? Siamo troppo umani, troppo sensibili, ci preoccupiamo e commuoviamo troppo spesso. Ci fregano i bambini, la sofferenza e la capacità di sperare.
Non mi amo più come una volta, adesso mi guardo allo specchio con diffidenza. Amo le cose cattive, mi avvicino e mi appassiono solo alle cose marce, dolorose. Mi interesso alle guerre, ai bambini, ai loro campi minati e alle loro mamme stuprate.
Mi fa male. Mi faccio male.
Ma è un dolore a cui non posso rinunciare: più soffro più sono orgogliosa, orgogliosa di essere ancora una "canna pensante", così schifosamente interessata e curiosa.
Ma perché soffrire? Perché scavare fra le informazioni, tra le fotografie troppo pesanti e fra i libri troppo sinceri? E una volta che saprò tutto?
Che cosa potrebbe succedere se un giorno dovessi capire il senso della guerra, della violenza o la verità su un attentato?
Nessuno crede più alla verità.
Ci si accontenta delle notizie facili, di quelle che ci saltano addosso ogni sera, che ci sbattono in faccia attraverso i telegiornali. Ci fanno bere tutto. Tutto di un fiato. Tutto quello che vogliono.
Ormai siamo tutti drogati. Drogati i professori, drogati i giornalisti, drogato il mio compagno di classe che disegna una svastica, drogati gli otto "grandi", drogata la politica, drogata la televisione, ma soprattutto drogati i nostri cervelli.
Così l'uomo si è abituato alla guerra, è diventato normale per lui vedere scene di morti o esplosioni è un po' come guardare la pubblicità del dentifricio sbiancante. Sapere che c'è una nuova guerra ci tocca quasi come la notizia di un nuovo shampoo antiforfora.
E noi Gino che cosa facciamo, continuiamo a vivere tranquillamente la nostra vita?
Come si fa ad andare a scuola, a studiare e lavorare mentre il mondo esplode, mentre i bambini esplodono e mentre i soldati fanno esplodere?
La storia, mi dicono. La storia è la chiave di tutto. Studiando si possono comprendere gli errori che l'uomo ha commesso, per poi non ricadere sui passi sbagliati in cui siamo inciampati, evitare quindi guerre, stermini, inutili vittime. Ma se ancora una volta ci ritroviamo schierati, con un'arma in mano, pronti a sparare, vuol dire che dalla storia non abbiamo imparato proprio niente.
Non ci sappiamo ascoltare, siamo noi stessi una torre di Babele.
Ci parliamo e non ci ascoltiamo. Sbagliamo ma non impariamo.
Aveva ragione Vico, apparteniamo tutti alla ciclicità della storia, siamo ormai appassionati agli errori del passato, non vogliamo più liberarcene.
Noi, figli dei figli dei fiori, siamo così stupidi da rifare gli stessi errori commessi dai padri, dai nonni dei nostri padri.
L'uomo fa la guerra da sempre e da sempre non impara.
Non lo accetto.
Non accetto che l'uso delle armi, della violenza, della vendetta, siano l'unica soluzione. Non lo accetto dagli stessi uomini che hanno inventato Internet, che camminano sulla Luna e che clonano gli animali.
Non concepisco il fatto che l'uomo, l'essere intelligente per antonomasia, non abbia ancora imparato a eliminare le parole violenza, guerra e vendetta dal proprio vocabolario.
Adesso, solo adesso, si rendono conto che il mondo sta collassando. Solo adesso parlano di un mondo arrivato al capolinea, lì lì per precipitare.
Ma dimmi Gino, il mondo prima com'era? In pace? Giusto? Eravamo tutti fratelli, tutti tolleranti e tutti protagonisti del grande mondo globalizzato?
Dilla tu la verità Gino, tu che l'hai vista con i tuoi occhi, che l'hai annusata, che l'hai curata... la verità. Diglielo che le ingiustizie ci sono sempre state, che sono sempre esistiti i popoli sottomessi, i bambini mutilati dai loro pappagalli verdi e le loro mamme imprigionate.
Sono sempre stati lì, nel loro piccolo sporco mondo, ignorati e schivati.
Gino alzati, parla delle armi dei bambini soldato, dei mille Afghanistan che esistono al mondo, delle mine made in Italy, delle persone che hai ricucito.
Ecco, sì, vorrei che gli abitanti di questa palla di acqua, cielo e terra in cui viviamo pensino all'Italia in questo modo.
Vorrei che pensassero a te.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010