Il compagno di viaggio
Non oltre è dato andare nella fine di Zenone...
Accidenti, sembra... sembra quasi che lei... che sia stata lei a vivere con Zenone tutta una vita. Lei ha capito, ha compreso... come ha potuto? Ha raggiunto le profondità più recondite di quel grande uomo e le ha percorse agilmente in tutti i suoi meandri con la sua sola immaginazione ed è arrivata al vero. Sì, sì Zenone era proprio così, erano tanti anni che volevo dirlo, gridarlo, secoli che volevo ricordare la vita di quell'essere ordinario ed eccezionale che lui è stato. E lei è come se avesse scoperto e afferrato il mio pensiero sbiadito anche alla mia mente e lo avesse privato dei veli e della polvere che lo ricoprivano. Come dite? Sì, io sono stato il suo compagno di viaggio... e ne sono fiero. Già, ma allora non se ne parlava proprio di tessere le lodi di uno come lui, di un eretico, di un suicida... e poi rimanda, rimanda, la vecchiaia, ma non dovete farmi una colpa del mio silenzio: lei è stata bravissima, va meglio così. Ma, accidenti, a dispetto della mia età, non riesco a trattenermi, risorgono in me emozioni perdute e rose dal tempo, un brivido mi scuote dai pochi capelli che ancora mi restano in testa fino ai miei piedi un tempo alati ed ora appesantiti dagli anni... E dire che non ne volevo proprio sapere di essere affiancato ad un bimbo, beh ecco, bastardo, destinato, come centinaia di altri ad una noiosissima carriera ecclesiastica. Ah, ma ho capito subito che non si trattava di un ragazzo qualunque: ragionava con la sua testa, criticava, era amico di persone sospette a quei tempi ma senza le quali oggi l'umanità vivrebbe ancora un'esistenza faticosissima e minata dalle più insignificanti malattie. Fin qui, ammirazione e nulla più. Ma ricordo ancora il sussulto di gioia del mio cuore quando Zenone decise di lasciare la propria casa per vedere se l'ignoranza e la paura riscontrate in patria regnassero ovunque e proprio ora sento rimbombare dolcemente nella mia mente le parole rivolte al cugino: Cerco hic Zeno, me stesso.
Quanto mi manchi Zenone, dove sei?
No, non era solo un uomo coraggioso ed intraprendente, un bravo medico, era molto di più, era uno che aveva delle opinioni, e a quel tempo non erano molti, ed era disposto a tutto pur di vivere coerentemente con esse, al timore, all'esilio, alla morte... e poi, poi era dotato dell'ardire estremo, di quell'ardire che porta a guardarsi nell'animo, ad ammirare i suoi segreti e a scrutare l'abisso dell'esistenza umana con la lucida analisi dei suoi ricordi. Ah, non avrei mai dovuto lasciarmi prendere dalla curiosità di leggere questo scritto, ho ceduto ad un istinto fanciullesco... il ricordo mi dilania, perdonatemi, sono straziato da una passione divorante... anni e anni per raggiungere l'equilibrio, ed ora è tutto perduto. Che cosa? Il mio errore sta nel volontario oblio? Già, ho cercato di rimuovere quegli splendidi cinquantanove anni al cui pensiero ero scosso da un rimpianto misto ad un'immensa gioia ed ora ecco che, per una semplice lettura, il drago assopito e mai sconfitto delle passioni mi sfida e quasi mi fa soccombere. Semplice lettura! Ipocrita che non sono altro, il mio cuore veleggia in universi sconfinati di letizia ed angoscia ma la mia mente e le mie parole si ostinano a non lasciarsi inghiottire da questo vortice: eppure sento che solo passando attraverso di esso potrà trovare gioia e unità. Ho taciuto per troppo tempo, per troppo tempo mi sono nascosto all'ombra immensa che proiettava su di me quell'uomo gigante. Lo ammetto, lo grido, ascoltatemi tutti: in qualunque modo sia andata a finire la sua vita, Zenone fu un uomo nascosto e profondo che non potrò mai cessare di ammirare e neppure di amare e, se anche fossi morto lo stesso giorno in cui morì il suo corpo, la mia gioia avrebbe potuto colmare le nere profondità dell'oceano.
Che uomo splendido! No, non guardatemi male, so che non era perfetto, so che non era un mito, so che nella sua vita ha agito spesso in maniera discutibile, ma non diciamo forse che il sole brilla anche se è pieno di macchie? Lui, così abile nel fermarsi e nel ricercare se stesso prestando attenzione ad ogni fremito dei suoi tendini e delle sue vene, sapeva anche gettarsi nella luminosità e nella freschezza di una mattina serena, in preda al sentimento di una libertà totale e pienamente consapevole di essere. Godeva della vista della tenera erba verde, del nitrito di un puledro al galoppo e dell'odore di pasta e grasso del rosticciere: gioiva della compagnia e della solitudine e sempre osservava e rifletteva. Rifletteva lasciando scivolare un pugno di sabbia fra le dita e ricordava parole scolorite dagli anni... miriadi di secoli sono un momento del respiro infinito... e si immergeva nelle onde e in un'immensità in cui nulla aveva nome, penetrava e diventava tutt'uno con la semplice natura in cui non c'era posto per le insensate preoccupazioni umane. Tuttavia la sua vita sarebbe stata fino in fondo con gli uomini... forse se fosse partito da Bruges, se avesse abbandonato la sua attività di medico, avrebbe vissuto un altro quarto di secolo, felice: ma che senso avrebbe avuto attaccarsi ad anni che sono come granelli di sabbia e continuare a fuggire e a nascondersi senza potersi godere la vita? Lo stimo per la sua scelta, lo stimo per l'amore che, dopo tutto, provava nei confronti degli altri uomini. Lo stimo per il motivo stesso per cui i suoi contemporanei, ottusi e vili, lo hanno disprezzato, perché era un ribelle, uno che aveva osato dire di no e che, tuttavia, cercava di seguire la via della virtù, cosa che indispettiva ulteriormente la folla: lo stimo, ma chi mi può dire se sarò mai in grado di imitarlo, nella sua grandezza, o se nella mia vita prevarrà la meticolosità di Marta e con essa la sua mediocrità? Dite bene, parlo come uno che ha dinanzi a sé le immense praterie della vita, ma che importa il colore dei miei capelli? Come Zenone, posso ancora amministrare il poco tempo che mi resta da vivere nell'infinità dei secoli: potrei accettare compromessi e mentire oppure giungere addirittura a lasciarmi ammazzare per le mie convinzioni...
Ancora oggi non riesco a comprendere come Zenone si sia risolto a togliersi la vita e a rimanere così lucido e presente fino all'ultimo istante, trattando la propria morte come un semplice momento dell'esistenza: mi domando se l'abbia fatto per paura, per mantenere la sua dignità o per quale altro motivo, talvolta mi domando anche se non sarebbe stato meglio che fosse arso sul rogo da mani comunque colpevoli...
Ed ora, ecco, il mio animo è più leggero, anzi no, è gonfio di tristezza e di gioia a tal punto che mi sembra di essere tornato a quel 18 febbraio 1569 in cui Zenone morì, lasciandomi più triste ma anche più saggio: col tempo l'immagine della sua vita è sbiadita nella mia mente e, con essa, gli insegnamenti che avevo ricavato. Posso, forse, entrare a far parte del gruppo di coloro che si onorano di essere capaci di pensare domani diversamente da oggi, posso, ne sono certo, ricominciare...
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