Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
6ª edizione - (2003)

Dall'esperienza di lettura de "Il Piccolo Principe"
di Susanna De Guio
Menzione d'onore

Avevo attraversato molti universi, sorvolato pianeti, doppiato stelle, prima di arrivare, alla fine, trasportata da un vento dispettoso, su quel minuscolo pianeta.
Ma allora ero solo un piccolo seme, non potevo capire.
Misi radici fin dal giorno del mio atterraggio. Mi aspettava un periodo intenso di espansione e di rinforzo e cominciai subito con energia e determinazione.
Ma allora ero solo un germoglio, non potevo sapere.
Giorno dopo giorno, ora per ora, con metodica scrupolosità, mi dedicavo alla costruzione di me. Prendevo nutrimento dal suolo, fertile e accogliente, esaminavo l'aria, la latitudine della mia postazione, preparavo i primi rametti entusiasta e mi dedicavo con amore e infinita cura alle venature verdi della mia prima foglia...
Solo allora, d'improvviso, potei rendermi conto.
Ero nata su un microscopico asteroide illuminato da un unico misero sole, sul quale altro non c'era se non tre insignificanti vulcani, qualche fiorellino spelacchiato e un buffo ometto che si divertiva ad osservarmi e controllarmi tutto il dì.
La verità è che non mi piacque nemmeno un po'.
Ed era troppo tardi per chiedere al vento amico di portarmi via, avevo già messo radici! E mi ero data così tanto daffare!
Che sciocca, che ingenua, ecco, ora pagavo per le mie incapacità! Bisogna essere diffidenti nella vita, e stare sempre bene attenti a quello che si fa. Uf, ma io ero solo un piccolo seme inesperto e pieno di buona volontà, non era stata colpa mia, come potevo...
Inutile stare a rimpiangere gli errori fatti, dopotutto non avevo ancora trascorso nemmeno due settimane sul mio minuscolo e desolato mondo, non potevo certo dire di conoscerlo!
Rimasi molti giorni incerta, tra lo sconforto di aver sbagliato tutto dall'inizio e la prospettiva di tentare una vita che forse mi riservava anche novità, belle sorprese o chissà...
Presi infine coscienza del fatto che non avevo alternative e che quindi tanto valeva provare. Mi convinsi che non mi era andata poi così male, e promisi che ce l'avrei messa tutta per rendere il più possibile gradevole il mio soggiorno sul piccolo ma in fondo confortevole pianeta.
Cominciai dunque a prepararmi fiore, animo nobile, creatura superba.
Cominciai a prepararmi, splendente rossore, incredula bellezza.
Maturai l'idea che, essendo la sola rosa di tutto il pianeta potevo considerarmi unica nel mio genere, esclusiva ragione d'orgoglio per l'intero asteroide, regina delle regine di infinita fierezza e sensibilità.
Fu così che la preparazione dei petali e della corolla divenne un vero e proprio rituale, una lunga toeletta alla quale il mio piccolo, buffo ammiratore assisteva trepidante.
Mi sentii finalmente pronta un mattino alle prime luci e pensai che sarebbe stato un grande vanto nascere insieme al sole.
Mi schiusi con l'eleganza e la delicatezza che solo noi rose conosciamo, mostrai i miei petali freschi e profumati sicura di apparire nel pieno del mio splendore.
- Ah! mi sveglio ora. Ti chiedo scusa... sono ancora tutta spettinata...
Il piccolo principe non poté frenare la sua ammirazione:
- Come sei bella!
- Vero, e sono nata insieme al sole...
Il piccolo principe era una personcina dall'aspetto e dai modi stravaganti. Divenne in breve l'unica creatura che mi prestava attenzione e che chiacchierava con me, ma non era esattamente quello che avrei definito un amico. Era così infinitamente gentile, così tremendamente servizievole, così esageratamente affezionato...
Mi dava fastidio, ecco. Mi irritavano quei suoi occhioni sempre attenti e bonari, occhi curiosi da bambino eppure saggi come quelli di un vecchio, lo odiavo per quei suoi riccioli impertinenti che lo accompagnavano in ogni gesto, scaglie d'oro e di sole sul viso fin troppo pulito e perfetto.
Avrei preferito essere trattata male, umiliata, picchiata... avrei avuto qualcosa di reale di cui lamentarmi e disperarmi. La sua cortesia mi impediva di sfogare la rabbia immensa per l'ingiusta sorte toccatami, io meritavo una vita da regina, da rosa regina dei fiori! E invece mi sentivo un cactus nel deserto, nessuno poteva capire la mia grande frustrazione, non avevo nessuno accanto a consolarmi e comprendermi, solo quel principino così mieloso che si faceva in quattro per vedermi sorridere... Non ci sarebbe mai riuscito, mai! Che ne sapeva lui, di rose e di splendori!? Come poteva comprendere il mio grande dolore!?!
E allora mi difendevo raccontandogli le mille storie che esaltavano il mio ego e facevano crescere la sua ammirazione, gli parlavo della nobiltà del mio sangue rosso che dava tono e intensità ai miei petali, gli raccontavo della mia unicità nell'intero universo e lo costringevo così a mille servigi e premure per ovviare a bisogni inventati. Forse era un po' una vendetta, chissà, ci provavo gusto nel vederlo affannarsi per la mia sete, proteggermi dal vento e dal freddo, prodigarsi per ogni capriccio, era il mio modo di rendermi in un certo senso superiore a lui, insomma, non era degno di essere mio pari, io meritavo una vita da regina! Da rosa, regina dei fiori!!
Una volta gli raccontai il valore e l'importanza delle spine in una rosa. Ne avevo ben quattro e gli dissi che mi avrebbero protetto dagli artigli delle tigri.
- Non ci sono tigri sul mio pianeta.
Se c'era una cosa che detestavo davvero nel piccolo principe era la mania di interrompere e puntualizzare, di ribattere sempre in quel modo candido. Rifletteva in silenzio e poi tirava fuori le sue considerazioni d'improvviso, quasi stranito, come fosse appena arrivato da un mondo sconosciuto. Mi indisponeva, mi confondeva e non potevo più proseguire nel mio discorso.
- Non ho paura delle tigri ma ho orrore delle correnti d'aria... non avresti per caso un paravento?.
Dovevo allora ricorrere a qualche richiesta per distrarlo, non potevo certo perdere la mia credibilità, la mia reputazione!
- Fa molto freddo qui da te... non è una sistemazione che mi soddisfi. Da dove vengo io...
Ecco, era successo. Mi ero esposta troppo e mi ero lasciata scappare una piccola bugia. Non conoscevo nulla degli altri mondi perché ero arrivata sottoforma di seme e lui lo sapeva. Si rabbuiò in volto e io tossicchiai imbarazzata.
- E questo paravento?.
Tossii di nuovo nel tentativo di farlo sentire un po' in colpa. Ma ormai il piccolo principe aveva cominciato a dubitare di me e delle mie troppe parole.
Decise di partire all'improvviso e fu come se il mio piccolo pianeta esplodesse insieme a me in un silenzio assordante. Rimasi così stordita che non potei fare altro che chiudere la campana di vetro, per avere il tempo di accusare il colpo.
Già, la campana di vetro... l'avevo voluta io, uno tra mille capricci, ma più che proteggermi mi isolava dal mondo, non me ne accorgevo allora. Mi ci rifugiavo per piangere di solitudine, la notte senza sapere che proprio lei, invece che un rifugio era una gabbia, mi aiutava solo ad essere vittima di me stessa.
Decise di partire all'improvviso e si addormentò accanto a me quella sera. Non chiusi occhio, stetti a guardarlo tutta la notte, l'ultima notte.
Trascorsi lunghe ore contemplando le linee del suo viso, ora non più così ostili, era bello il mio piccolo principe, come avevo potuto non accorgermene fin ora? Sognava forse, sotto quelle palpebre chiuse, un sorriso abbozzato sul volto. Dolce e ingenuo, sì, ed ora con una comprensione tutta nuova, l'astio e il fastidio, spariti. Era forse simpatia, forse affetto, che provavo d'improvviso per quel suo solito modo di guardarmi, un po' ammirato e un po' triste? Per quel suo cascare stupito dal mondo dei pensieri, che mi imbarazzava, è vero, ma che era solo suo, e non sarebbe stato lo stesso principe senza!
I primi raggi di sole sfiorarono i riccioli ribelli, ora tanto cari, formando strani giochi di luci e ombre sulla sua persona accovacciata.
Il piccolo principe spazzò accuratamente i suoi vulcani, anche quello spento, perché, come diceva lui "non si sa mai", strappò poi con una certa malinconia gli ultimi germogli di baobab.
- Addio - mi disse il piccolo principe quando fu pronto per partire.
Non risposi perché avevo un nodo amaro in gola e perché avevo così tante cose da dirgli in una volta sola, che alla fine non riuscii a tirarne fuori nemmeno una.
Ricordavo ogni sua parola, e ognuna acquistava ora il suo valore, il suo significato nel farmi capire quanto sciocca ero stata. Orgogliosa e inaccessibile. E mi credevo tanto grande! Fiera e distante. Ero così infantile invece! Unica rivale di me stessa.
- Addio - Ripeté.
Tossii ma questa volta sapevamo entrambi che non era per il freddo.
- Sono stata una sciocca, scusami, e cerca di essere felice.
Fu tutto quello che mi riuscì.
- Ti voglio bene, e tu non l'hai saputo per colpa mia.
Non l'aveva saputo, ma mi amava lo stesso, nonostante non lo avessi mai ricambiato dal profondo. Gli concedevo briciole di cortesia, per non offenderlo. Ora gli avrei donato in un addio tutto l'affetto di cui non ero stata capace, ora che ad un tratto mi accorgevo di non poter fare a meno di lui, ora che se ne andava.
- Cerca di essere felice. Lascia questa campana di vetro, non sono poi così raffreddata, l'aria fresca della notte mi farà bene, sono un fiore!.
Trattenni le lacrime finché non fu partito. Avevo ancora una dignità dopotutto.
Poi, quando lo vidi allontanarsi, mi lasciai inondare dalla disperazione.
Quanto era desolato il pianeta senza il mio piccolo principe, non avrei mai più trovato una creatura così meravigliosa e non ne volevo un'altra, non volevo sostituirlo, solo lui era speciale per me!
Ancora una volta avevo sbagliato tutto e me ne accorgevo troppo tardi, il viaggio del piccolo principe divenne un lutto.
Decisi che non avrei avuto altri rapporti, con nessun altro essere vivente, erano troppo dolorosi, e così infinitamente difficili da costruire. Chiusa nel nuovo dolore e nella profonda riflessione sulla mia inutile esistenza rifiutavo cibo, acqua e qualsiasi protezione. Prendevo il sole tagliente dritto sui petali, ormai sgualciti, e la pioggia più violenta in pieno viso, con orgoglio, senza cedere, senza lamentarmi mai. Mi infliggevo un'autopunizione nella vana speranza di espiare così la mia incapacità di vedere oltre l'invidia e i rimpianti, di scoprire cosa il mondo mi offriva. Mi detestavo, rifiutavo la rosa superba che ero stata e non potevo accettarmi adesso, di nuovo sola e senza via d'uscita.
Passavo il mio tempo scavando nei ricordi fino a logorarli, ormai senza più lacrime per donare rugiada al mattino che fedele tornava sempre a controllare il mio stato d'animo, con costanza, con devozione. E io, sole o pioggia, luna o nubi, restavo inflessibile, indurita nell'immagine della mia grande perdita che nessuno era all'altezza di comprendere, irrigidita nell'idea di sofferenza che avevo costruito di me, volta ormai soltanto alla compassione di una rimanenza dello splendido fiore che ero stata.
Mi ritrovai vuota di pensieri e sensazioni, emotivamente morta.
Fu allora che il piccolo principe mi fece il suo secondo dono.
Era notte fonda ma non potevo dormire, parlavo con le stelle.
Una stella nasconde molto. Tu vedi una lucina fioca e flebile in mezzo al cielo, e rimani forse anche un po' ammirato col naso all'insù, ma poi, inevitabilmente torni coi piedi per terra, e quel momento di cielo si perde tra i mille senza importanza, fino alla prossima occasione.
Era una notte fredda, mi ricordai la premura del piccolo principe nel ripararmi con l'assurda campana di vetro.
Una stella cadente può essere una di queste occasioni. L'attimo in cui la vedi passare, limpida striscia di luce, è solo tuo, tu e la stella, il mondo sparisce, solo per quel frammento di tempo... e senti che non puoi proprio fare a meno di emozionarti, esprimi un desiderio in fondo a te stesso, che è sincero anche se forse non lo ammetti, perché a tutti a volte piace credere ancora alle favole, ed è bello sentirsi bambini, in queste occasioni. Stupore per quel mondo che vive silenziosamente sopra la tua testa, scoperta, meraviglia infinita, rivelazione.. non sai cos'è ma sei sicuro di averla provata davvero, e sorridi, senza saperlo, sorridi.
Mi scoprii a sorridere per la prima volta dopo tanto tempo, una sensazione bella, strana.
Lei, la stella che ti ha donato se stessa, in un volo fulmineo attraverso la notte, ha deciso di regalarti quell'emozione, quel sorriso.
Le stelle sono sagge, hanno una coscienza profonda
.
Il piccolo principe mi sorrideva sempre, con quel fondo di malinconia incomprensibile negli occhi, ora potevo capirlo, ora quel sorriso dolce e amaro mi invadeva le membra.
Lei, che è la tua stella, lo sa bene, che ti ricorderai di lei, perché in fondo si vive di emozioni, puntini sparsi nell'immensità degli eventi sempre ordinati uno dopo l'altro, con rigore, con continuità. Sono quei puntini che tutti insieme danno colore alla vita, sono quelli che ti ricordi anche a distanza di molti anni, come squarci di luce nel buio dimenticatoio di ognuno.
Ora il piccolo principe era davvero parte di me, l'avevo raggiunto e potevo abbracciarlo con tutta me stessa, diventare tutt'uno con lui, senza bugie o piccole astuzie, senza nascondersi, senza falsi pudori o assurde fierezze.
Nessuno era stato degno di me per tanto tempo, poi, per molto tempo solo il piccolo principe lo era stato. Non lui era cambiato per divenire degno di me, ma io, io ero riuscita a vederlo con occhi diversi. Non poteva essere di nuovo così? Non avrei più atteso una creatura speciale che venisse a consolarmi. Mi guardai attorno, nella notte fredda: le stelle erano mie amiche, ognuna particolare e per questo unica, preziosa, i vulcani erano miei amici, insostituibili compagni sul mio asteroide, il piccolo principe era mio amico, d'ora in poi sempre dentro di me come ricetta per la felicità.
Avevo imparato ad amare.
Amo! E so ora che smettere di giudicare è a volte l'unica chiave che apre la porta sulla quale si aveva tanto sbattuto la testa, e al di là c'è un intero universo inesplorato che aspettava soltanto di essere scoperto!
Amo! E voglio bene a me stessa, senza giudizi, fondamento per poter donare amore agli altri.
Regalare una rosa, gesto d'amore: la passione più forte.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010