Silbando Dall'ascolto del brano "Silbando" di Piana e Castillo.
Un caldo pomeriggio di maggio. Sono le tre ed un'interminabile fila di turisti aspetta impaziente il proprio turno per visitare il museo egizio.
La vecchia Agata passeggia per l'antica piazza d'armi del castello Sforzesco e li osserva: tante famiglie e qualche coppia, poche persone da sole. Comincia a fare congetture sulle loro vite e intanto attraversa lo spiazzo per tre o quattro volte. Quella è la sua casa: ormai non le resta altra occupazione che scrutare i passanti e gli unici viventi che le prestano ancora attenzione sono i gatti randagi del castello.
Giacomo sta uscendo da scuola, deve muoversi o non arriverà più all'appuntamento con Gaia. Se solo la chitarra non pesasse tanto! È all'ultimo anno del conservatorio e può considerarsi quello che si dice uno spirito libero: tanta musica, tante ragazze, poco studio.
Agata è ferma vicino ad una panchina, non sa se sedersi o proseguire nella passeggiata Si accorge appena del ragazzo che sta correndo nella sua direzione e lo scontro è inevitabile. Qualcosa di rigido, grande e nero la catapulta in avanti, addosso ad un ignaro signore giapponese che tenta di cambiare la memoria della macchina fotografica. "Malcriado! Si te prendo vedi!"
"Mi dispiace tantissimo, signora, non volevo! È che sono di fretta. La prego mi perdoni!" Certo che queste vecchie pensano che tutto il mondo sia il loro viale da passeggio!
Giacomo arriva davanti al bar stabilito e non sa come scusarsi con Gaia per il ritardo, ma non serve inventare storie perché lei non c'è ancora.
Aspetta per un'ora intera. Ci ha messo tre mesi per ottenere solo il numero di telefono ed altri tre per un appuntamento ed ora è disposto a trascorrere lì tutta la notte! Le cinque, le sei e lei non arriva. Più deciso ad ingannare il tempo che ad arrendersi all'evidenza del raggiro, estrae la chitarra dalla custodia e comincia a strimpellare un vecchio tango insegnatogli dal nonno. Note tristi e malinconiche.
Sono note tristi e malinconiche quelle che trafiggono l'udito di Agata facendola fermare di colpo. Stupido, chi si credeva di essere? stava ancora rimuginando, lei non faceva niente di male e si doveva veder maltrattata dal primo sbarbatello che aveva più fretta del solito. Però aveva una chitarra, rifletteva, magari era un musicista in erba...Ma che musicista e musicista, un gran maleducato era! Se solo avesse avuto qualche anno di meno, o tanti anni di meno, lui si sarebbe subito fermato per fare il galante...ed ecco che il tango la raggiunge, ed insinuandosi nelle sue orecchie tocca subito il cuore, e tutto ritorna con quella vecchia musica. Il porto con le chiatte, le reti incrostate di salsedine e la sera colma d'angoscia in attesa del ritorno, poi il suo viso scuro e forte.....Javier, che ad ogni festa la trascinava in quel ballo sfrenato, e lei si sentiva la regina di Playa de los lobos. Quando lui era morto, lei se n'era andata per lasciare quel luogo nell'aura inviolabile della dolcezza e non bagnarlo di pena e nostalgia, ma la fuga in Italia non aveva portato fortuna, a provarlo il suo vagabondare per il Castello. Erano anni che non ripensava ad allora ed adesso Silbando che ritornava, irrompendo nella sua anima, strappandola dal presente per riportarla ad un passato che era quasi riuscita a dimenticare. Si avvicinò e vide lo sbadato chitarrista.
Quando Giacomo la vide inizialmente ebbe paura, gli mancava solo una strigliata da una vecchia barbona per completare la giornata. Poi scorse le sue lacrime e ne cominciò a distinguere la voce fra i rumori del traffico: cantava sul loro tango e sembrava avvolta dalla tempesta di un sogno o forse di un ricordo. Lei si sentiva trascinata indietro da quelle note alle sere d'amore, e lui era del tutto affascinato da lei, da non poter evitare di seguirla.
Una vecchia ed un ragazzo.
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