Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
8ª edizione - (2005)

Il lume e la tempesta da "Le paure del re" di I. Calvino

 

Giovanni era un buon servitore. Famiglio dell'imperatore. Il più fedele e il più fidato.
Giovanni era un uomo di mezza età, alto, brizzolato, dall'aspetto gradevole e dal portamento elegante. Serviva l'imperatore sin dall'infanzia e sin dall'infanzia alloggiava nella stanza accanto a quella imperiale, per rassicurare ogni notte un sovrano definito da molti paranoico e insicuro. Ma Giovanni non giudicava il Re, si limitava ad accudirlo fedelmente e rendergli quanto migliore servigio gli fosse possibile.
Ogni notte, il paziente famiglio vegliava sul sonno del suo Sire che puntualmente, al calare del crepuscolo, era colto da timori e preoccupazioni che lo tormentavano fino all'alba; ma bastava una parola del buon servitore Giovanni per tranquillizzare l'animo inquieto dell'imperatore. Quella notte, però, era particolarmente buia e l'approssimarsi di una tormenta aveva risvegliato i moti di sgomento dell'anziano Re; a tal proposito, Giovanni, che sedeva in abito da notte alla sua scrivania, decise di restare sveglio finché le nubi non avessero smesso di tuonare.
Accese una candela per concedere all'animo un po' di luce e calore in una così fredda e cupa notte. Prese carta, penna e calamaio e cominciò a scrivere. Giovanni amava scrivere: fin da bambino si dilettava di composizione poetica, senza ritenersi abile come lirico, ma semplicemente provando gioia e serenità anche solo nell'intingere la vecchia penna nel nero calamaio.
Quella notte le nubi ruggivano minacciose e il cupo echeggiare di tuoni nel sordo buio ispirava il romantico cuore del notturno poeta...

Nero l'abisso del cielo che muore
Dietro la nube che occulta la quiete
Rugge di tuoni stringendomi il cuore
Freme il respiro salato di sete

Con il mugghiare del vento gli squarci
Stridono aspri, son lame di gelo
Esita il lume, gonfiandosi il velo
Dama di fiamma, timore a ghermirci...

Un tuono improvviso fece sobbalzare Giovanni, che fu costretto a riscrivere alcune parole rese illeggibili dal sussulto.

Giunge alla fine, qual morso fatale
L'animo grida tentando di unirci...

La candela si spense in un alito di vento.

...ma la natura ti ha resa mortale.

Giovanni decise di posare la penna e tornare a letto: era stanco.
Fu passando accanto alla parete che udì l'imperatore pronunciare in un sussurro il suo nome, come in richiesta d'aiuto.
Rispose immediatamente, come tutte le sere, con voce più rassicurante possibile: "Comandi, maestà"; e come tutte le sere il re si addormentò e a Giovanni rimase solo il silenzio.
Riscaldandosi con la coperta vide infine dalla finestra che la tormenta era passata e che il cielo era stellato...e pensò:

Eppur risplendi, dal cielo rapita
Nubi desiston dal rombo regale
Tra l'altre stelle ritrovi la vita.

Poso la penna. Mi risistemo gli occhiali sul naso, come per scrutare meglio la pagina ancora calda d'inchiostro, quella pagina scaturita dal mio polso come acqua di sorgente liberata dal peso di una gabbia di terra millenaria, quella pagina nata da un'esperienza di lettura, quella pagina nata da insiemi di lettere e spazi che sono penetrati nella mia mente, spalancando le porte del pensiero ad un'immagine, frutto di un altro pensiero, canale di comunicazione diretta tra me e l'autore. Così nasce tutto quanto. Un seme, un bocciolo, e la fantasia nutre il resto. "Comandi, maestà", e un mondo intero apre il suoi portali al pensiero che non vede confini, un mondo parallelo, fantastico eppure reale, immaginario eppure così vivo. Stanco, spengo la luce. E sedate le nubi che turbandomi il cuore mi ispiravano parole, righe, pagine, libri di racconti; il mio animo torna quieto. Nel silenzio della notte chiudo gli occhi per aprirli alla finestra dei sogni. E ricomincia il mio viaggio.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010