Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
8ª edizione - (2005)

Un'esperienza di lettura

 

L'opera che ha suscitato in me maggiori emozioni è di tipo cinematografico, il cui titolo è La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana.
Questo film nacque in principio per la televisione ma, dopo specifiche rielaborazioni, il regista decise di destinarlo al grande schermo.
Ciò accadde nell'estate del 2003, che fu diviso in due atti, ma in Italia non ebbe molto successo.
Diversamente andò in Spagna, in Francia e in America dove tuttora raccoglie numerosi consensi.
Il regista presentò la sua opera al Festival del Cinema di Cannes dove vinse il premio Un Certain Regard.
La meglio gioventù è uno di quei film che hanno il potere di costruire un mondo che, anche alla fine della proiezione, non vorresti abbandonare mai più.
È una di quelle storie che aiutano a vivere, a capire, ad amare, a ridere, a provare un dolore profondo, tutto nel più intenso dei modi possibili.
In sei velocissime ore, percorrendo a ritmo sostenuto dieci chilometri di pellicola, Marco Tullio Giordana ti strappa il cuore, ma solo per rianimarlo e restituirtelo più forte di prima, danzante sulle note struggenti di Oblivion, palpitante insieme a quello degli straordinari personaggi che danno "corpo e anima" sullo schermo a quarant'anni di Storia Italiana, dall'estate del 1966 alla primavera del 2003.
Un colpo di fulmine che si trasforma in amore vero, tanto che arrivi a sognare Stefano Rulli e Sandro Petraglia sceneggiare la tua vita, con la stessa passione con la quale i due hanno scritto quella delle loro "creature".
Il film, che prende il titolo da una raccolta giovanile di poesie di Pier Paolo Pasolini, è stato considerato il seguito ideale di Novecento di Bernardo Bertolucci.
Non è un banale sussidiario delle vicende politiche e sociali del nostro Paese, è un gran romanzo popolare e corale, lucido, puntuale e commosso al tempo stesso.
Tra Torino, Roma e Palermo, attraverso la storia dei Carati, una famiglia borghese come tante, ci restituisce la memoria di quei tempi, ricordando l'alluvione a Firenze e le occupazioni studentesche del '68, le lotte operaie e gli scontri con la polizia, il terrorismo e le battaglie per aprire i manicomi, la mafia e i giudici che si sono fatti ammazzare per servire lo Stato, i sogni, i desideri, ma anche le sconfitte di una gioventù che negli anni '60 sembrava aver guadagnato potere.
In primo piano ci sono due fratelli, Nicola e Matteo, interpretati da Luigi Lo Cascio e Alessio Boni, insieme a loro, le due sorelle e i genitori.
Dopo gli anni dell'università e della spensieratezza, i quattro ragazzi imboccheranno strade diverse, scegliendo ciascuno le proprie battaglie, inciampando nella Storia tra errori e vittorie, matrimoni, nascite, funerali e lunghi addii.
Ai loro destini si intrecceranno quelle degli amici e di persone incontrate per caso, destinate però a cambiare le loro vite.
Lontano dalle trappole degli ideologismi e dal cinismo della disillusione, Giordana ci presenta un'umanità che silenziosamente resiste e per farlo ci regala dei personaggi "in carne, ossa e sangue".
Non li usa come rigide metafore di concetti e opinioni ma li "arma" di sguardi e gesti che appartengono alla sua vita come a quella di tutti noi, dimostrando, non solo un grande amore per la materia che crea, ma soprattutto gran rispetto e fiducia in un pubblico televisivo ritenuto non all'altezza di prodotti di gran qualità.
Ci restituisce senza giudizi il senso del passato e quello del futuro che potrebbe essere migliore, riabilitando parole come amore e famiglia, intese nel senso più amplio del termine.
Si può dire, che La meglio gioventù, diventa un sentito omaggio a quegli ex-ragazzi che in punta di piedi, senza che i più se ne accorgano, contribuiscono con il loro lavoro e la loro vita a rendere più vivibile il nostro Paese.
Ho voluto parlare di questo, a mio parere, capolavoro, perché, quando lo vidi per la prima volta e poi dopo un anno, reagii in eguale modo.
Penso che ci sia nascosto fra le battute qualcosa di grande, che però non si riesce a cogliere.
Forse è un messaggio che ci vuole trasmettere il regista, attraverso questo spaccato di vita, ci mostra com'era e purtroppo è tuttora la realtà.
È un film che suscita molte domande e provoca emozioni inspiegabili.
Mi ha colpito in particolar modo il personaggio di Matteo, perché, in alcuni casi mi assomiglia, essendo un ragazzo buono, ma nello stesso tempo introverso e complicato.
Più dimostri di volergli bene, più lui si ritrae, quasi volesse proteggersi da un nemico.
È un personaggio solo, triste e non ha per niente stima in se stesso e nelle cose che fa, ammira molto suo fratello e vorrebbe assomigliarli.
Più tardi sceglierà di abbandonare per sempre le persone che ama di più, forse, per non deluderle.
Il suo pensiero era quello che nessuno potesse amarlo, anche davanti ai fatti; quello che lui cercava erano soltanto regole da rispettare.
Chi si pentirà per il fatto di non averlo protetto, saranno soprattutto il fratello psichiatra e la madre.
Nicola, appunto, il quale avrebbe dovuto capirlo più di chiunque altro, lo ha lasciato solo, perché, secondo lui, ognuno è libero di fare della propria vita ciò che vuole; ma in questo caso la libertà è stata quella di morire.
Ma che libertà è morire? Questa domanda lo tormenterà poi per il resto dei suoi giorni.
Forse il messaggio del regista, di cui parlavo prima, è di non lasciare mai andare le cose come vanno, soprattutto quando ci sembra non siano giuste.
Il film di Giordana colpisce le parti più sensibili, di chi le percepisce.
Non chiunque però lo può apprezzare; può cambiare la vita o semplicemente il modo di pensare, basta saperlo capire.
Insomma, spero di aver espresso nel migliore dei modi a me possibile, le emozioni che quest'opera mi ha suscitato e che questa mia esposizione abbia incuriosito chi ancora non lo conoscesse.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010