Un'esperienza di lettura
Ordine. Ho bisogno di ordine. Per tornare a casa, per trovarti lì. Per sedermi e per pensare. Io lavoro nell'ordine, mangio e riposo. Si ferma il tempo, quasi paralitico, e quando invece diventa sera si fa presto a mettere giù una tovaglia, anche fresca di bucato, con le pieghe della stiratura. E se si mangia in due bastano uno e due piatti. Poi mi viene in mente che oggi sono passata in lavanderia, che è tua madre a pulire i pavimenti e che tutto ha il suo posto. Si studia bene. E poi si riescono a sviscerare i dubbi, si consultano i vecchi quaderni che dopo si rimettono via. Spazio per gli esperimenti, per le prove e per la merenda. Per consultare, confrontare, approfondire. Certo casa tua è stupenda; lì hai imparato a suonare e hai fatto le tue feste di compleanno. Senza mai spezzare gli equilibri, senza romperli. E senza neanche rompere i vetri dei quadri. Pochi, uno e due appesi sul muro di quel salotto. L'unico salotto. Ma ci si diverte anche se non lo si immaginerebbe, così, con i tuoi genitori. Mi serve venire a casa tua perché è vissuta e razionale. Non c'è puzza né pretese.
Casa mia è arancione, ci entrano tutti e nessuno saluta. I tempi si appiccicano tra loro con la colla della marmellata di pesche che si tiene in frigo. E la si mangia quando si torna, non a merenda. E la si mangia sopra i crostini al rosmarino, perché il pane è da sgelare (e poi sarebbe da tagliare). Uno e due, poi però tre, quattro crostini. L'acqua dei fiori è da cambiare, ma si può fare anche domani, o non fare e basta. Sulle cornici c'è polvere. Fa niente perché adesso devo leggere un pezzo di un libro, continuare il puzzle sul tavolo e spazzolare mezzo gatto. Sì, l'altro mezzo l'ho già spazzolato un'altra volta. Una e due parti di gatto, ma anche tre e quattro parti se in più si conta il cane. Non ci sono biglietti attaccati al frigo e neanche appoggiati in ingresso. Non so per quanto tempo non ci sarà nessuno in casa.
Mi ospiti a casa tua per qualche giorno? Ho bisogno di ordine. E ho bisogno di tempo. Uno e due giorni. Poi per dormire torno da me. Perché in effetti solo lì mi riesce di addormentarmi; nel frastuono del frigo e dei filobus, sul cuscino che prima stava per terra.
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