Un'esperienza di lettura
"...Ma certo se ti dico che ti amo ti amo da morire ed anche un po' da viverne
E non voglio dire che non amo che te che non amo partire
partire per ritornare che non amo ridere
e che ai tuoi teneri lamenti io non preferisco il tuo sorriso...."
(tratto da "Mai più di Jacques Prevert)
Come un fiore di magnolia
Il tintinnio continuo della pioggia sui tetti, un sole pallido in lontananza che rispecchia un mio stato d'animo rassomigliante.
Il mescolarsi dei petali di ciliegio a quelle gocce di rugiada cadute dal cielo come acqua marina luccicante alla luce malata del temporale, trasformavano una tranquilla giornata di maggio nascosta dietro una coltre di tristezza e rancore nei confronti dell'ignoto, della mancanza, del nulla.
Le mie dita scorrevano veloci tra le righe di quel libro vecchio e ingiallito dai tanti anni che lo avevano visto passare di mano in mano fino a giungere a me.
Seduta sul calorifero ormai spento, nella mia stanza ascoltavo l'eco della tristezza, la ferita del tradimento, l'amarezza della bugia.
Quante cose sono state dette e poi ritrattate, quante parole sono state scritte con inchiostro indelebile color pervinca tra le pagine del mio cuore e ora perse, lasciate scivolare via come lacrime su un viso fanciullesco.
Poco rimaneva di quel tempo ormai passato, solo una poesia di un sapiente scrittore francese che mi guardava al di là delle sue parole piene di consapevolezza e rimpianto.
Di verso in verso percorrevo un fiume languido di memorie offuscate da una nebbiolina rosea e scintillante.
Ogni sillaba mi faceva ricordare, ogni frase era ricondotta a quel momento felice sparito dietro un paravento di incertezze e paure che avevano dato una fine a tutto.
Passo dopo passo, tempo dopo tempo, quella pugnalata a malincuore non cessava di sanguinare e il pianto ormai esaurito raggiungeva la mia anima senza lasciarla mai con la speranza del tuo ritorno, sempre affacciata ad una finestra adornata da orchidee fiorite, non poco lontana da me, così sola e confusa.
Rimiravo in uno specchio sporco la mia immagine riflessa, gli occhi lucidi, un'iride blu così spento, una pupilla morta, uccisa dalla stanchezza della depressione, dalla faticosa impresa di dimenticare.
Rivangando tra le parole pure e semplici della poesia letta e riletta, ormai sciupata dalla mie sottolineature e le mie annotazioni, trovavo ogni volta un significato diverso alla pesantezza del periodo che stavo attraversando a malincuore, aspettando con impazienza il passare dei minuti, l'arrivo di un giorno nuovo, il cessare della pioggia fastidiosa e affascinante in egual misura e nello stesso tempo.
L'ansia e l'inquietudine di rivedere il tuo volto luminoso davanti a me,ancora una volta, soltanto una, mi assaliva tutte le sere e mi accompagnava fino allo spuntar del sole oltre gli edifici, impedendomi di dormire.
Chiudevo gli occhi che, come tende di velluto scuro, mi avvolgevano della notte e mi portavano su un pianeta diviso tra inferno e paradiso, incubo e sogno e tu eri proprio nel mezzo, amato e odiato dal mio cuore che viaggiava come un treno su una rotaia tutta sua, fendendo la pioggia ma potendo percorrere solo una strada.
E mentre io muoio quando muori, vivo quando tu vivi, piango quando tu piangi, mi tradisci e mi lasci in solitudine. Mi lasci sfiorire come un fiore di magnolia che si piega al vento di un temporale primaverile.
Tutto il mio vivere sembrava uno stanco movimento, il senso di colpa mi affliggeva e non potevo fare a meno di pensare che forse era anche colpa mia.
Camminavo pesantemente, un aspetto impeccabilmente falso, un sorriso tirato da attrice perfettamente immersa in una felicità apparente. Mille occhi addosso, consapevoli dell'accaduto, consapevoli della loro curiosità inopportuna per i fatti degli altri.
Avrei voluto non conoscere nessuno, essere invisibile, non essere chi sono; guardare la mia vita dal corpo di qualcun'altro e bisbigliare anche io alle orecchie degli amici frasi sconvenientemente impiccione e scorrette.
Non potevo, potevo solo vedere immagini confuse di folla scorrere davanti ai miei occhi, mille colori confusi mescolarsi insieme mentre la mente vagava per sconfinati deserti nella mia testa e sperare che, il tuo sguardo, il più lontano, sempre luminoso e magari, coperto anche lui da una maschera di cera destinata sciogliersi, si alzasse verso al mio imprevedibile sorriso che si unisse a un tuo guardarmi, mortificato.
Non potevo parlarti, anche se volevo, non potevo scriverti anche se volevo; ma perché non potevo?
Regole del comportamento tra un ragazzo e una ragazza me lo impedivano, leggi non scritte nell'aria piena di sicurezza nelle proprie capacità che aleggia come una coltre di fumo nero tra ogni adolescente.
E le giornate passavano, e la distanza diventava sempre di più.
Una luce che illuminava solo noi due lungo un cortile poco curato, si faceva sempre più lontana, più fioca, e io facevo fatica a trovarti.
Era inutile andare avanti con questa frustrante situazione di menzogna che ci eravamo creati da soli e dalla quale non riuscivamo a uscire, come un gabbiano immerso nella pece.
Il gioco di ruoli lo guidavi tu costretto a seguire il mio volto che ti mancava tanto, e io lo sapevo.
Sapevo di essere il tuo primo pensiero all'alba e l'ultimo prima di chiudere le palpebre stanche.
Eppure non tornavi da me e il motivo la sapevi solo tu, mio prezioso oracolo che rischiaravi come una luna pallida questa strada persa nel buio.
E come un abitudinario, ritornavo su quelle pagine di libro antico riscoprendo le mille sfaccettature di diamante davanti alla quale mi ritrovavo, un motivo geometrico ripetuto, e ripetuto e ripetuto.
D'improvviso, come premonizione mi sei apparso in sogno in una notte senza astri, in cui il tormento mi aveva lasciato tregua, mi guardavi, mi carezzavi il viso umido di vecchie lacrime, come se non fossi mai svanito, come se avessi sempre vissuto in un pensiero nascosto dalla mia immaginazione.
Impaziente, consapevole della mia capacità di sbirciare nel futuro, aspettavo agitata l'autobus che mi avrebbe condotta da te e mi accorgevo che, se aspetti qualcosa, il freddo sembra farsi più fine e pungente, uccidendoti poco a poco; il vento ti si butta addosso come una marea di paure, i tuoi movimenti si rallentano e pensare diventa impossibile.
Eri lì, che mi attendevi nervoso, quella mattina dopo tanto tempo passato a nascondersi nei ricordi, aspiravi lunghi tiri a una sigaretta che sembrava inesauribile.
Il tuo guardarmi di sfuggita evitando il mio sguardo curioso di aspettative, il tuo farneticare d'altro, il tuo cambiar discorso mentre mi parlavi viaggiando da un mondo all'altro senza dare troppa importanza alle parole, ormai inutili, solo una linea di frazione tra noi due che avevamo istaurato un rapporto di sguardi e espressioni intense simili a quelle di un bimbo che ti scruta con attenzione.
Occhi lucidi, parole difficili, orgoglio da sconfiggere, ma tu eri lì e mi bastava questo per tornare a respirare, sbocciare di nuovo dopo un lungo inverno passato ad attendere l'arrivo della nuova stagione.
La gelida brezza del nord entrava nelle ossa mentre percorrevamo il giardino, quel inverno venuto dalla montagna solo per noi per rendere le cose ancora più difficili; poche parole per dire "pace fatta", poche ma quasi impronunciabili nel silenzio del luogo di ritrovo di noi giovani solitamente affollato, rumoroso, allegro ma falso che, a quell'ora di mattina, era disabitato da ogni tipo di esclamazione e bugia.
Eri tornato da me, di nuovo insieme, inseparabili, malgrado i continui litigi che ci rappresentano ormai e sui quali a volte scherziamo ancora adesso per la nostra capacità così infantile di porci l'uno all'altra; non importava quanti ostacoli avremmo dovuto ancora affrontare, l'unica cosa preziosa era una spalla a cui reggersi, passo dopo passo, volta dopo volta, dimenticando i flash back che ancora ci illuminano lo sguardo, avviandoci verso un mondo troppo cattivo per essere affrontato da solo.
E se l'uomo è come un albero, solido e impassibile, la donna è come un fiore di magnolia che nella sua vita muore centinaia di volte ma che non perde mai la speranza di rifiorire a primavera.Amore o amicizia? Io non lo specifico, sta a voi decidere come interpretare questa piccola lettura che riassume tutta una vita in una pagina, tutte le incertezze di una ragazza in poche parole, tutte le paure in una miriade di sillabe.
Spero che leggerlo piaccia a voi quanto a me è piaciuto scriverlo.
Tengo a ricordare: non perdete mai le persone che amate... sono loro la vostra vita, sono loro che vi aiutano a fare di voi, semplicemente VOI.
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