Buongiorno, signor Manuel Scorza
Ti ho perduto, uno, blu, scalzo, riposto sotto a mari mobili e sconosciuti. Ti sei imbarcato su una vela di "saudade". Con te vanno una parvenza di volti, una nuova aria respirabile, nuovi mondi ricadono, chiudendo le vele, dignitosamente. Riemergono in un nuovo sorriso, un nuovo alito di esperienza, di paesi, di corpi, di moltitudine.
L'autore non ha mai volto, lo si dimentica o lo si benedice. Può essere scuro, calvo, indio, oppure cenere. Mi giunge la sua voce, nutre la realtà che l'ha reso uomo, con gli occhi schiusi alla vita creativa. Li ha schiusi, ha sofferto di analisi interiore, tastandosi le pareti del cuore e della mente. Ha divorato, enorme, qualsiasi confine e si è perso negli orizzonti. Riecheggia sull'autobus, nella mia stanza, e con esso condivido uno spazio comune, scandito da albe diverse. Posso essere un buon accompagnamento, accordarmi alla sua composizione. Trovo il linguaggio che mi abbraccia e mi fa inciampare, procurandomi escoriazioni leggere, di meraviglia. Buongiorno signor Manuel Scorza! Lei sa giocare con il rosso, rosso d'amore e rosso di guerriglia.
Che percorso ha fatto da Parigi alla foresta profumata e audace? Ha viaggiato su una zattera d'ombra? Ha preso un aereo, volo internazionale? Chi la aspettava all'arrivo, l'editore? Il lettore? I guerriglieri? Gli amanti? Che assurda danza è la scelta, immobile e celata, e la sua essenza non sa danzare davanti al destino. Uno attende una donna, l'altro le formiche della tangarana. Li osservo, ma non sono né albero, né Champs-Elyseés. Vivono con me, oltre a me. Coesistiamo, semplicemente.
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