Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
8ª edizione - (2005)

Risuonano i tuoi passi
di Alberica Bazzoni
Primo premio

 

Il problema non è l'andata, bensì il ritorno. Anche se l'andata è in salita e io ho il fiato corto, anche se al ritorno c'è il sole.
Chiudo la porta di casa, la serratura scatta - sgorga la prima nota, ferma, nitida, luminosa. Poi la serie regolare di suoni, uno forte gli altri come un sospiro che si allontana - scendo le scale; appena prima che esca dal portone il lettore cd sbatte nello zaino - l'intreccio di note è tagliato da una fessura di silenzio, esco, l'aria gelida mi investe, torna a scrosciare il pianoforte. Rischio di arrivare in ritardo, ho indugiato prima tra la maglietta verde e la camicia bianca, poi tra i Dire Straits e Chopin. Infine la maglietta è verde come la patina fosforescente che hanno le foglie imbevute del terso sole invernale, la musica è Chopin. Anche se ho sempre pensato che Chopin fosse giallo.
Supero il tratto dissestato di pavé dove invece di fare attenzione alla strada cerco di pedalare ad una velocità che faccia coincidere il ritmo delle note con le forme delle case che man mano mi scivolano di fianco - i marciapiedi sono quasi deserti.
Sento con un'intensità che quasi mi fa vacillare che ogni metro che supero mi avvicina a te. Penso che tu non ascolti mai la musica quando vieni a scuola in bici, eppure -forse per effetto del vortice di note che mi inondano mentre salgo col fiatone la stradina del Castello - eppure tra gli alberi e il verde del parco mi sembra di vedere la scia di note che ti lasci dietro, che lasci cadere con grazia mentre svolti un angolo, il busto piegato lungo una bici troppo alta per te. Qualcuno mi ha fatto notare che assomigli ad un elfo. Un elfo delicato, un elfo estremamente affascinante, aggiungo io. E questa mattina se vado in fretta forse arriverò in tempo per vederti imboccare veloce l'ingresso della via, e allora la giornata inizierà come appena nata, come se nulla vi sia mai stato prima.
Sono in mezzo al Castello. Mi fermo per bere, sembra che le note come goccioline zampillino a due a due fresche e leggere dalla fontanella. Sta finendo lo Studio n.2 (tutto sommato sto andando abbastanza veloce), mentre esco dal cortile del Castello inizia il terzo, quello che preferisco, quello che dolce sembra avvolgersi intorno al tuo viso come una calda sciarpa di lana, come una carezza, come una fila di perle lucenti.
Dolcemente la musica si distende, piana (scendo senza frenare troppo la stradina che taglia il prato), poi riprende vigore, ogni nota più vibrante, più netta, sento i muscoli delle braccia che si contraggono, istintivamente calco ogni suono con un gesto della mano, come se avessi bisogno di scrollarmi quest'intensità dalle dita, come se non riuscissi a contenerla in me, nei miei vestiti.
Si sta alzando il sole, qualche bagliore riflesso dalle vetrine o dagli specchietti delle macchine parcheggiate squilla insieme ad un singolo tocco, sento la tentazione di credere che tutto sia racchiuso in un'unica armonia. Poi arrivo all'angolo.
Mi fermo (mancano pochi secondi di musica - sta per esaurirsi la morbida cornice), spero con tutta la forza che ho - e nonostante l'affanno il respiro esita con me - che tu ci sia, che tu sia lì alla fine dello studio di Chopin. Giro, entro nella via, nel centro esatto dell'ultima breve melodia tu stai legando la tua bici.
Fermo la musica rischiando goffamente di far cadere lo zaino e mi avvicino con lentezza portando la bici a mano, voglio solo seguirti con lo sguardo mentre vai verso l'ingresso, solo vedere i tuoi capelli corti sulla nuca le calze colorate i polsi sottili, cammini svelta e risuonano i tuoi passi.
Il problema non è l'andata, bensì il ritorno. Perché al ritorno le note non si dispiegano tese verso la tua immagine, ma prive di scopo di senso di direzione si aggrovigliano, perché al ritorno il sole è alto e pallido per la nebbia e si riflette dovunque fuori tempo e io vedo che non c'è un'unica armonia, perché al ritorno le strade sono invase dagli impiegati in pausa pranzo che si sovrappongono ai palazzi e distorcono il ritmo e la vita si rifiuta di lasciarsi raccogliere dalla purezza indefinita della musica. Perché al ritorno, quando spengo la musica dopo aver legato la bici, il marciapiede si snoda in un grigio silenzio. Ma domani per un breve attimo che profuma di penetrato senso dell'esistenza di nuovo riempirai la cornice di note di Chopin, cammini svelta risuonano i tuoi passi.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010