Jules et Jim
di Luca Bacherini
Menzione d'onore
Inverno.
L'amore era svanito, da poco. Fuggita nella notte, scacciata da quella che era la necessità rivelata a noi novelli VOLENTEROSI amanti - ma - un ultimo saluto era sembrato il minimo, e mentre aspettava l'ascensore, freddi minuti ricoprivano gli sguardi
Nulla più sarebbe stato
Faccia contro volto, la mia individualità pescata a tradimento da uno specchio dietro la porta appena richiusa
sul niente
forzava il mio istinto di sopravvivenza. Il film interrotto (quante ore prima? Ed era ancora tempo in quel momento e per tutta la notte che ancora doveva giungere?) si offriva. La volontà alleata al desiderio di un piacere ed il buio
illuminato fuori all'ultimo piano di una casa NON mia e l'attesa desiderata anch'essa - del padrone di casa -
Nessun orologio
Catherine era splendida. "La terza, la francese..." Dio mio, da quanto tempo... i lineamenti baciavano lo schermo, gli occhi caricavano le occhiaie - o viceversa ? - , la malinconia di un passato dorato, la condizione regale persa e lanciata lì, nella Parigi di inizio '900 facevano esplodere la sua consapevole determinazione che in ogni mossa, ogni accenno, si manifestava ai miei occhi increduli... della bellezza. L'ideale raggiunto di una statua, la natura che si piega alla forma
- o viceversa ? -
ma con che vestiti, con quale ambiente ella veniva...? Perfetti, nella loro temporalità perfetti, ma lei trasvolava un passato mitico da quegli occhi, non doveva essere lì! Lanciata, lanciata da chissà quale mondo, abituata ad essere servita nel fasto e nella semplicità della nobiltà dovuta ed ora eccola, in un paesaggio, transito di vita in quel momento ed in quel luogo (adattata)
la remissione di chi ormai è nato
fuori casa
La scena successiva mi fa tornare con la mente a un'altra donna, che rideva tenendosi il cappello con una mano, o forse beveva con l'altra, ma la fotografia si è già ristretta e ha cominciato a sfocarsi.
(grandi finestre - Torre Velasca illuminata fuori dai vetri)
E pensare a una settimana prima, ero nello stesso posto e la settimana di festa premeva facendomi esplodere di progetti e situazioni di felicità che ero sicuro avrei compiuto...
"Jules, guardaci bene!"
La mattina incombeva in uno strano colore giallo, una discussione col mio amico - abitante della casa suddetta - non aveva avuto conseguenze sul mio stato d'animo, così me ne andai dalla città; già tornavo in treno nel mio paesino al limitare della metropoli. Non ho ricordi su questo momento.
Il pomeriggio finsi una febbre a me stesso e mi attaccai al divano, dopo aver messo Jules et Jim nel videoregistratore. - Ancora una volta -
ed
Alberi !, alberi!, alberi! fluivano nello schermo, a milioni ! Un tappeto di impressioni correva e mi portava dritto a uno chalet immerso nel fuori-mondo. Lì Catherine aveva smesso di vivere; Jules l'aveva annientata con la sua non-vita , il suo desiderio di realizzata estraneità, la sua anima, già fragile nel sogno bohemienne estenuata dalla guerra che tutto aveva distrutto, era scappata. Rifugiata nell'altrove, immobile.
Il fatto che il tempo fosse immobile attorno a me, ancora una volta, aiutava il mio ricordo.
L'ultima estate si era consumata, era arsa come alberi in tempesta. Allora la amavo alla follia, era stato il mio VERO amore. Con lei avevo costruito un Luglio dorato, un mese di felicità eterna, assoluta.
Ma il sogno si era frantumato, la visione di una vita slegata dalla finalità, il godimento puro e necessario degli ultimi attimi della giornata. La bicicletta mi riportava allora a casa fremente; nella fotografia del nuovo giorno che ancora doveva giungere.
Ma
Tutto ( l'autunno )
era in agguato, teso alla gola di quell'incanto. Credo ci siano anime che possono godere la felicità senza prospettive future. Ma il futuro reclamava a me la sua esistenza, e non c'è pace nel futuro. Fu così che l'abbandonai.
...un regno di alberi circondava lo chalet, e Catherine e Jim si erano persi nelle sue stanze. Parlavano di ricostruzione.
Ma chi ancora crede nella ricostruzione? L'avevo infatti rivista, avevo ricostruito il mio luglio disperso. Tutto può riaccadere, ma non nella mente. Il corpo gode, è felice, è la malinconia associata alla gioia del ritorno; è la malinconia che si aggancia alla disperazione. È cercare nuovi punti di attracco, lì dove si è già approdati. In quei porti non c'è tempo, in quei porti c'è morte. La mente lo sa, la mente sa che lì non c'è OLTRE, la mente sa benissimo che non ci sarà vita dopo la restaurazione.
L'AUTOCONSERVAZIONE
la mente nega il dopo per non impazzire
elimina il dopo per non annullarsi
distrugge il tempo per esistere
ma quanto a lungo si può fingere?
Un'ultima chiamata dal regno della morte. Fu così che venni a sapere cos'era successo da quell'ultima notte.
20 Marzo
La chiamai un pomeriggio, dopo un po' di tempo. Eravamo entrambi scossi, entrambi ci eravamo appena staccati da un film.
Catherine si era rassegnata alla mediocrità. Si erano incontrati al cinema, erano entrambi appena stati segnati da una comune esperienza. Ma l'uno era proiettato nel futuro, l'altra proiettava se stessa nello schermo; e i rancori della malinconia non davano tregua.
Si trovarono. Si parlarono. La volontà feroce di Catherine si risvegliò. Come poteva, come poteva?
Sopportare la visione di quell'ideale risvegliato, quel passato di illusioni la feriva, ma non una ferita d'amore, una ferita di tradimento. Non poteva sopportare, non poteva sopportare! Stava per sposarsi, sì, lui, Jim, il suo vero amore, l'aveva tradita, aveva consapevolmente dato fuoco a lei, aveva distrutto quello che a Catherine sembrava l'amore perfetto, l'aveva abbandonata... era fuggito nel futuro.
Un ultimo tuffo. Catherine aveva appena ucciso loro stessi.
Un ultimo saluto. Appena messo giù il ricevitore, morimmo anche noi.
Avremmo voluto disperdere le nostre ceneri nel vento, ma ciò non fu possibile.
FIN
La primavera cominciò il giorno dopo.
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