Il Bel-Ami nel ventunesimo secolo
Il treno sferragliava sulle rotaie. L'aveva preso mille volte per andare in paese e conosceva a memoria ogni sobbalzo. Si era ormai abituato al paesaggio che passava veloce e confuso, mentre vedeva le sue montagne che si allontanavano. Ma questa volta era diverso: andava in città. Con i soldi che era riuscito a racimolare in una tasca e un panino al salame così amorevolmente preparato da sua zia nell'altra, camminava nervoso lungo il vagone, pensando a cosa l'aspettava. Una nuova vita gli si apriva davanti: avrebbe dovuto iniziare con un lavoro semplice, ma sicuramente presto sarebbe riuscito a far carriera e a guadagnare abbastanza per levarsi finalmente di dosso quell'aria da provinciale insignificante. Stava fuggendo dalla mediocrità, e se per farlo doveva abbandonare la famiglia e i luoghi in cui era nato e cresciuto, che amava più dei suoi stessi genitori, beh... C'è un prezzo per tutto, no? Ormai una lunga serie di paesi, ponti, fiumi e boschi riempiva il finestrino, allora finì per rilassarsi e si addormentò così, in piedi appoggiato al finestrino del corridoio, con il panino che sbucava indispettito dalla tasca. Stava sognando di correre tra gli alberi di faggio della sua foresta, quando il treno con una brusca frenata lo gettò a terra. Sbatté la testa sul pavimento di plastica e il panino rotolò via per fermarsi nel centro del corridoio. Subito le porte esplosero riempiendo l'esiguo spazio di gente. Lottando per la propria vita, vide il panino cadere ingloriosamente sotto i colpi dei pendolari, ma riuscì ad alzarsi e ad imbucare l'uscita. La città gli dava il benvenuto.
Attraversò la stazione guardando di sottecchi gli spazzini e i ferrovieri. Pensava pieno di sé di poter ottenere un lavoro ben più gratificante, e che non si sarebbe mai abbassato a quei livelli. Ma ora iniziavano ad affiorare nella sua mente i problemi. Innanzitutto: dove dormire? Si mise a camminare finché non trovò un'agenzia immobiliare. Entrato, uscì poco dopo con qualche informazione su dove cercare un appartamento in affitto. Finalmente giunse in un viale nel quale sembrava che tutti gli immobili a fitto della città si fossero dati appuntamento. Non sapendo quale scegliere, si affidò alla sua fortuna e prese un numero a caso. Il prezzo lo lasciò stordito per qualche minuto, ma infine decise di tentare. Era ormai quasi sera, così andò a letto senza cena e si addormentò pieno di pensieri. L'alba lo trovò già sveglio, pronto ad affrontare la prima giornata della sua nuova vita. Lasciate le sue poche cose in stanza, uscì e prese un giornale per cercare offerte di lavoro. Ben presto si perse nell'intrico di lettere e parole, così decise: puntò il dito in un punto a caso del foglio. Un'agenzia di pulizie. Riprovò, ma ogni volta il suo morale scendeva sempre più per il lavoro che gli veniva offerto. Sembrava che la città fosse un immenso condominio abitato da spazzini. Non riuscendo a capacitarsene, si mise a camminare senza meta per le vie della città, guardando distratto le vetrine. Improvvisamente gli balzò all'occhio un'insegna "cercasi personale". Fu un attimo, perché un tram si fermò subito tra lui ed essa, dall'altra parte della strada. Immobile, aspettava incredulo che quella scatola di ferro ripartisse. "non ci metterà un'ora per far salire la gente!". Non capendo perché tardasse tanto, girò la testa verso il semaforo, una cosa mai vista! Contro ogni legge della fisica un camion si era infilato nel traffico, rimanendone intrappolato. Questo incredibile ingorgo aveva tutta l'aria di dover durare in eterno, ma egli non desistette. Non voleva rompere l'incantesimo, aspettava solo che il tram ripartisse per svelargli il suo futuro, il luogo dal quale sarebbe partita la sua scalata alla società. Il cielo, che minacciava già dal mattino presto, passò ai fatti e volle provare fino a che punto avrebbe perseverato il nostro ragazzo. Così iniziarono a cadere le prime gocce di pioggia, e subito gli autisti che erano usciti dalle automobili per lasciarsi andare alle espressioni più colorite tornarono nelle loro vetture. Ma lui impassibile continuava a stare fermo, a fissare i vetri appannati del tram con tale accanimento che certo pensava di poterli distruggere, di poter far saltare per aria col solo sguardo quel sassolino che si frapponeva tra lui e la sua gloria. Mentre era dilaniato da questa guerra interiore il temporale raggiunse l'apice, e ben presto i fulmini illuminarono a giorno il mondo, diventato improvvisamente buio. Lui sembrava non accorgersene neppure, la mente persa in mille fantasticherie, così ben presto anche il cielo si stancò e la pioggia smise. Era arrivata la polizia, che minacciava il camionista di fargli pagare una multa astronomica se non riusciva a spostare il suo ingombrante mezzo dall'incrocio. Con una lentezza incredibile, il camion riuscì a districarsi nel traffico e l'ingorgo scomparve. Il momento fatidico si avvicinava, e lui aveva acquisito ormai un potere divinatorio che gli permetteva di stabilire quanti minuti lo separassero dalla ricchezza. Il tram pigramente riprese a muoversi, le ruote cigolavano in uno sforzo che per ore non avevano dovuto subire.
Fu così che divenne il commesso di una macelleria.
Quel giorno il lavoro era stato poco, una decina di clienti al massimo. Stava riportando le carcasse nel congelatore, quando il macellaio gli mise la mano sporca di sangue sulla spalla. "Sai, sei un bravo ragazzo, mi sei subito stato simpatico. Ormai hai imparato il tuo mestiere, io sono vecchio e stanco e, vedi... ho pensato di lasciarti la macelleria. Beh, sono stato un po' brusco, ma cosa pretendi da un macellaio? Comunque ti conosco ormai da un anno e mezzo, mi fido di te. Che ne pensi?". Bum! Altro che brusco! Col suo fiume di parole l'aveva lasciato di sale, incapace di formulare una qualsiasi risposta. Poi la sua testa iniziò a funzionare, si ricordò che con il suo stipendio poteva giusto sopravvivere e pagare l'affitto di quel monolocale in cui aveva sempre abitato. "Non saprei, dovrei fare prima due conti, vedere se mi conviene...". In realtà stava pensando che il vecchio finalmente si era deciso a cedere e a ritirarsi dall'attività lasciandoli il negozio. Tutto grazie al fascino che aveva saputo esercitare sulla moglie del macellaio. Il loro era uno strano matrimonio, lei poteva essere sua figlia tanto era giovane, ed erano ormai anni che stavano insieme. Fin dal primo momento che aveva visto la signora Rossi, il ragazzo le aveva scorto negli occhi quell'espressione di insoddisfazione rassegnata che l'aveva subito commosso. Lei, d'altro canto, non aveva saputo resistere a quel raggio di giovinezza che le attraversava la vita e illuminava il negozio, dopo troppo tempo passato senza stimoli, così in quel pomeriggio afoso che vide il loro incontro fu subito amore. Passarono ore a parlarsi con gli sguardi, senza osare dire una parola. Lei gli si offriva come la vittima al carnefice, e lui era lì ad aspettarla con le mani già sporche di sangue.
Con vuote promesse era poi riuscito a convincerla a persuadere il marito di lasciargli la macelleria. Certo non era proprio un lavoro che lo entusiasmasse, squartare porci, ma era un bel passo avanti verso quel futuro di gloria che iniziava a perdersi. Tutto fu sistemato in qualche giorno, il macellaio salutò la sua clientela assicurando loro che il suo successore sarebbe stato in grado di condurre la "macelleria Rossi" e il ragazzo iniziò a fare conti su conti per decidere la prossima mossa. Calcolò che se si fosse stabilito nel retrobottega avrebbe risparmiato una buona somma e avrebbe finalmente abbandonato quell'odiosa stanza che era arrivata a soffocarlo. Così la sua vita subì un brusco cambiamento: ora possedeva un'attività, doveva tenere i contatti con i fornitori, ingraziarsi la clientela e ben presto finì per abituarsi ad essere considerato uno con le mani sempre nel sangue. Non era quella la posizione sociale a cui aveva puntato, così cercava comunque un modo per cambiare lavoro. Prese ad uscire la sera, cercò di trovare qualche amicizia nei locali e nelle discoteche, ma la maggior parte delle volte finiva per buttare soldi e basta. Non riusciva a prendere un aggancio con qualcuno di importante, o con un tramite che avrebbe potuto mettere una buona parola. Così una sera si lasciò andare, si riempì di alcool come una botte e iniziò a camminare per le strade deserte, evitato da tutti.
Finì per perdersi nell'intrico cittadino, così diverso dall'ordinato disordine delle sue foreste, e già disperava quando si accorse di una persona ferma davanti a lui. La vista annebbiata non gli permetteva di capire chi fosse, così si concentrò sui particolari: le scarpe, la giacca, il cappello... Il mendicante vide quello strano ragazzo sbiancare in volto man mano che lo osservava, e quando tese una mano blu dal gelo chiedendo qualche spicciolo "Per favore signore... fa freddo e non ho un soldo" a momenti non si prese un colpo per il grido disarticolato che ruppe il silenzio. Il ragazzo non capiva se stesse o no sognando, ma era comunque terrorizzato da quello straccione,vedeva in lui il suo futuro, capiva di essere perduto. Non riuscendo a reggere il suo sguardo supplice, si girò e si mise a correre fino a quando cadde quasi svenuto su un prato di un parco. Così, sdraiato ventre a terra e tutto tremante, lo trovò il giorno, e così lo trovarono gli spazzini. Quei poveracci che si erano presi la briga di vedere in che stato fosse il morto, perché morto era comunque, dovettero sicuramente meravigliarsi parecchio quando il ragazzo, svegliatosi e avendo visto chi fossero i suoi salvatori, se ne andò senza una parola e con gli occhi di chi ha appena visto il diavolo. L'abitudine lo portò alla macelleria, ancora turbato per gli accadimenti della sera precedente. Ormai si era convinto che la sua fosse una vera e propria missione, riuscire in qualcosa, e non gli sembrò affatto strano che un ragazzo all'incirca della sua età ma ben vestito in giacca e cravatta entrasse nel suo negozio. Visibilmente in difficoltà, quasi spaventato da tutta quella carne rossa a cui certo non era abituato, prese a parlare con il macellaio, cercando di non distogliere lo sguardo dalla sua faccia. Così i due si conobbero e fin dal primo discorso posero le basi di quella che sarebbe stata un'amicizia propizia ad entrambi, anche se basata sul profitto personale. In realtà le prime impressioni furono esclusivamente negative. Questo giovane ben vestito, che faceva di nome Patrick, lavorava nella "servitù pagata" di un nuovo volto dello spettacolo che stava cercando di crearsi un'immagine. In quel frangente era in quella macelleria per affari: suo era il compito di trovare un fornitore di carne per le cucine di questa celebrità. Dal canto suo il macellaio seguì alla perfezione l'espressione "carpe diem" pur non sapendo il latino e ignorandone il significato. Bastarono dieci minuti per definire le formalità e così il nostro ragazzo si impegnò di tenere i pezzi migliori per il camioncino che ogni giorno sarebbe venuto a prenderli. Contento di essersi avvicinato ad un personaggio importante, sentiva comunque di essere al gradino più basso e insignificante. Guardava indispettito e verde di invidia quel ragazzo pieno di sé che usciva in fretta dal negozio, entrava in un auto sportiva e gli concedeva un ultimo sguardo, come chi ha appena abbandonato un cane e lo guarda rimpicciolire nel finestrino.
Non gli sembrò vero che la sua celebrità lo mandasse a chiamare, circa un mese dopo. Invece eccolo lì, seduto su una sfarzosa poltrona mentre guardava il suo semidio che rispondeva ad una telefonata di lavoro. Era ormai mezz'ora che era lì, e non si era ancora staccato dal ricevitore. Finalmente dette le ultime indicazioni con la sua voce stentorea e riattaccò. "Così tu saresti il mio fornitore di carne? Ti immaginavo diverso... e invece ecco che mi piove questo bel ragazzotto, un'espressione convinta sulla faccia e due occhi che potrebbero incenerire una montagna o sciogliere una ragazza al tuo volere. Usali bene, i tuoi occhi! Senza dubbio un curioso esemplare. Ti ho chiamato perché ho notato che la tua carne mi fa diventare la faccia più rosa e ha fatto salire il mio share del 3%, così siccome sto per fare un viaggio all'estero per girare un film voglio che tu me ne fornisca una scorta giornaliera. Proprio non sopporterei di dover mangiare qualcosa comprato al supermercato!".
"Ma... cosa dovrei?".
"Non ti preoccupare, parlerai con Patrick. È lui che si occupa dei miei affari. Raggiungilo in giardino". Disorientato, si fece condurre da un cameriere sul retro della villa, dove si estendeva un immenso giardino, in quel momento pieno di gente. Faticò a trovare Patrick, che infine scorse attorniato da ragazze in costume. Non appena lo vide si alzò e, con l'espressione di chi sta per annunciare un re o un capo di stato, disse: "Mie care signore, sua maestà il macellaio!". La folla scoppiò in una risata che gli rimase addosso, impregnò i vestiti e destò una rabbia antica, il desiderio di vendetta. Ciononostante si controllò e stava per rispondergli a tono quando una mano gli si posò delicatamente sulla spalla. Se gli angeli girassero seminudi avrebbe giurato di averne appena visto uno. "Lei è un bravo ragazzo. È stato fortunato ad incontrarLo. E chissà, in futuro...". L'apparizione disparve, come la nebbia bianca che aveva riempito i suoi occhi, e lui fece in tempo solo a scorgere un paio di gambe che si allontanavano veloci. "Sembra che il nostro macellaio abbia un debole per la figlia del capo!". Queste parole destarono un altro scroscio di risa e lo riportarono alla realtà. Patrick lo stava guardando con un aria divertita, ma nei suoi occhi un attento osservatore avrebbe scorto il bagliore feroce dell'invidia. Gli cinse le spalle con un abbraccio che voleva essere fraterno e gli mise in bocca un sigaro. "Ora possiamo parlare d'affari". Il ragazzo, ancora stordito, riuscì solo a dire qualcosa come: "È veramente la figlia del capo?". Patrick stava perdendo la pazienza, era evidente che non era un argomento di cui voleva parlare. "Fossi in te lascerei stare. Il padre ha deciso di darla in sposa solo ad un attore che abbia vinto un oscar. Non penso sia il tuo caso". Qualche risata. Ormai l'attenzione si era spostata altrove, catturata da un uomo visibilmente ubriaco che stava facendo qualcosa di divertente sul bordo della piscina. "Comunque il capo ha deciso che vuole la tua carne per il suo viaggio. Starà via per sei mesi e vuole che gliene mandi ogni giorno. Le spese di spedizione saranno a suo carico", Così detto scrisse una cifra sul tovagliolo dorato che aveva in mano.
"Al mese?".
"Al giorno, certamente!". Ci mancò poco che il ragazzo svenisse per il colpo. Dopo qualche minuto riuscì a rispondere. Decisero di incontrarsi dopo nell'ufficio di Patrick per firmare le carte necessarie. Il ragazzo sentiva crescere una sensazione nuova, la fiducia in sé che tanto aveva cercato. Gli sembrava di avere il mondo nelle sue mani. Ed è in questo stato che incontrò nuovamente la ragazza. In realtà ci andò a sbattere contro e per poco non la vece cadere nella piscina, ma riuscì a cingerle la vita giusto in tempo. "Ancora tu? Certo che hai proprio la testa sulle nuvole! Allora, ti piace la festa?". Non sapeva come risponderle: doveva mostrarle rispetto, un "Mi scusi sua maestà" oppure... Comunque lei si stufò di aspettare e stava per andarsene, quando finalmente riuscì a dire: "Almeno dimmi come ti chiami!". Lei si girò di scatto, lo guardò in faccia e disse: "Il mio nome è Rosa. È troppo chiederti il tuo?".
"Max".
"Max? Bel nome. Viene dal latino, lo sai? Max maxis... mio padre me lo ha fatto studiare nonostante mi opponessi. Max...". Continuava a ripetere quel nome, come se volesse pesarlo, valutarne il valore. "Max? Sarai un grande attore!".
E i suoi occhi non mentivano.
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