Lettura del film "Vai e vedrai"
L'Africa, con i suoi stupendi tramonti, i suoi aridi e immensi deserti, le sue tribù, i popoli, le religioni, il clima spirituale, è il continente più affascinante, più misterioso.
È un Paese che penetra nel cuore delle persone, un Paese che fa riflettere, affascina per la sua bellezza, ma procura anche molta tristezza.
La povertà che invade l'Africa è estrema, provoca quotidianamente la morte di uomini, donne e bambini, provoca sofferenza e malattia. Un Paese oppresso da piaghe profonde, da piaghe ormai intrise nella stessa terra. La vita, per i popoli che vi abitano, risulta difficile, aspra, incredibilmente dolorosa.
Per questo è importante il coraggio, il coraggio di partire, di cercare una nuova situazione, di vivere finalmente dignitosamente, di realizzare i propri sogni.
Lo so, è difficile lasciare la propria terra, la famiglia, gli affetti, per recarsi in Paesi lontani, sconosciuti, aspri nei confronti degli estranei.
Ma è proprio questo che cambia il destino degli uomini, è questo che può cambiare la grave situazione attuale. È importante il riscatto culturale, la rivincita pacifista fondata sull'amore verso il prossimo.
Un film che descrive in maniera precisa questa situazione è Vai e vivrai, nel quale un bambino lascia la sua terra, l'Etiopia, per recarsi, solo, in un paese estraneo, lontano, difficile. La madre, pronunciando un'emozionante frase, lo costringe a partire: "Vai, vivi e diventa". Queste sono le parole che racchiudono in sé la speranza, il coraggio, le difficoltà incontrate e provate dal ragazzo, come da tutti gli uomini che, quotidianamente, seguono un percorso simile.
E così, tra mille difficoltà, Shlomo, il protagonista, intraprende il viaggio che cambierà la sua vita, nel quale potrà finalmente affermare la sua dignità e la sua natura.
Il viaggio lo intraprende con una donna a lui estranea, che finge di essere sua madre. Purtroppo, la donna, arrivata a Gerusalemme, muore, ricordando al bambino di non rivelare la sua religione cristiana, di fingersi Ebreo e di non pronunciare il suo vero nome, sostituito con Salomon.
Shlomo, così, si trova solo, rinchiuso in un istituto, costretto a rinnegare la sua vita, a rinnegare la sua vera natura, il suo popolo, la sua famiglia, la sua identità.
Questo lo porta alla violenza, alla rabbia, a un'incredibile tensione, lo porta a una situazione psicologica fragile, lo porta alla sofferenza, alla malinconia, alla nostalgia per la sua famiglia, per la madre Africa.
Dopo un periodo di permanenza nell'istituto, Shlomo viene adottato da una famiglia buona, benevola, da una famiglia che lo accoglie con grande amore.
Lui, ancora scioccato e ancora sofferente, nonostante le attenzioni continue e le premure, si sente fuori dal mondo, non si sente a casa. Cresce, cerca di ambientarsi, anche se con difficoltà, ha degli amici, ma capisce che il suo scopo è aiutare il suo Paese, la sua Africa.
Così Shlomo, finite le superiori, decide di partire per la Francia, dove si laurea in medicina e finalmente "diventa" un uomo indipendente e degno. Sposa l'amata Sarah e, infine, torna in Africa, ma questa volta come medico, questa volta torna come uomo che è andato, ha vissuto ed è diventato, torna come uomo maturo, che è in grado di aiutare il suo paese, che è in grado di sostenere la causa della sua vita: lì ritrova l'amata madre, che un giorno lontano lo aiutò ad aprire le sue ali, a vivere, a cambiare.
Shlomo è cresciuto, ha potuto finalmente dimostrare la sua vera essenza, la sua vera persona. Ritrova così le sue radici, la sua cultura, che non lo lasceranno mai, ma rimarranno impresse nel suo cuore per sempre.
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