Un'esperienza di lettura da una testimonianza del sottotenente Claudio Sommaruga
Una scelta davvero ammirevole quella del Sottotenente Sommaruga di rifiutare la schiavitù nazista intraprendendo la via più difficile e dolorosa che un uomo possa mai imboccare: essere trasportati in un posto sconosciuto, abbandonato da tutto e da tutti...
Una nuova "Isola che non c'è", ma non quella delle favole dove i bambini non crescono mai, dove la felicità e l'allegria si diffondono ogni giorno di più nei cuori spensierati delle persone. Ma un luogo oscuro e difficile, dove il tempo non passa mai e la paura regna sovrana. Una caverna buia e fredda, nella quale il terrore annebbia la mente e la tristezza e la sofferenza abbattono ogni speranza, trascinando lentamente in un abisso senza fine...
Si continua a sprofondare sempre di più. Ogni piccola cosa che ti sorreggeva e ti teneva a galla ti viene tolta, strappata via piano piano, e tu resti in agonia, sofferente, inconsapevole di cosa potrà accadere di ancora peggiore nella temuta e sconosciuta "via dei lager", come lo stesso Sommaruga la definisce.
I soldati italiani, spaventati e spaesati, si trovarono di fronte al buio più complicato della loro vita, alla scelta più sofferta e difficile che a un soldato possa mai presentarsi davanti.
Potevano decidere di ritornare a casa disonorevolmente in cambio di una firma di fedeltà e di sostegno politico e militare a Hitler e Mussolini e puntare le armi sugli Italiani, loro compatrioti. Oppure decidere di essere internati nei lager nazisti.
Non credo che si possa avere il permesso e la libertà di criticare coloro che scelsero di firmare e giurare fedeltà al Führer; perché non potremmo mai capire noi in quale disperata situazione questi uomini si trovassero. Uomini che rinunciarono alla propria dignità per un ideale che va al di là della nostra comprensione. Persone che rifiutarono di vivere nella paura che un giorno la loro vita si sarebbe spenta senza poter riabbracciare il proprio figlio, senza poterlo guardare negli occhi, consumandosi lentamente lontano dai propri cari con il timore di non poter più tornare indietro.
Altri soldati, invece, affascinati e attratti da quegli ideali di libertà che stanno alla base di ogni movimento d'indipendenza, entusiasti di poter contrastare fino alla fine il governo nazifascista, scelsero di dire no ai Tedeschi e gettare il loro destino nel buio, adagiandolo sulla lama di un coltello.
Il coraggio di costoro era appeso a un filo, ma il desiderio di vendetta, di rivincita e di vittoria hanno abbracciato i loro cuori trasmettendo in loro quella forza d'animo necessaria per sottrarsi ai voleri nazisti.
Ma quello che mi colpisce è che questi valorosi uomini non tornarono in Italia come eroi o soldati da ammirare, ma come persone normali a cui non veniva prestata la minima attenzione e pochissima considerazione.
Venivano perfino derisi e scherniti da uomini vili che non riuscivano a capire il vero coraggio e la grande fedeltà racchiusi nel "NO!" lanciato ai Tedeschi.
Questo è, invece, un gesto nobile e lodevole, degno di tutta l'ammirazione di ogni uomo; per questo io penso che debba essere ricordato per sempre.
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