Un'esperienza di lettura da "Nero è l'albero dei ricordi, azzurra l'aria" di Rosetta Loy
È un incontro con la vita.
Parole colme d'enfasi, pronunciate da Ludovico, biondo protagonista maschile di quella lunga poesia che è il libro della Loy.
Parole di un adolescente svogliato che scopre come una rivelazione divina il piacere della lettura, che compie il primo passo nell'età adulta attraverso il Martin Eden di Jack London.
Mi sono immersa nel volume dove quel ragazzo ha preso vita, un oceano di sole lettere che mi ha svelato, come in una giornata senza vento, l'Italia del Dopoguerra, la voglia di rinascere della gente, di lavarsi le ferite, di avere qualcuno accanto.
Fra le pagine, quell'acqua di parole ha anche illuminato per me i meandri più oscuri dell'uomo; ho scoperto, cercando di non lasciarmi andare annegando in quegli orrori, a cosa può arrivare la guerra, come la memoria possa essere sinonimo di incubo; ho riposto dentro di me la realtà che chi uccide con una mitragliatrice non distrugge solo la vita di una persona: quella morte corroderà da dentro l'esistenza di molti altri.
Tra le onde di quel volume dal titolo strano ho ascoltato le urla che cantavano la bestialità a cui può arrivare la folla ed i gemiti d'amore di chi tenta di rinascere.
Ho letto di una ricca e snob "famiglia felice " colpita al cuore da quella che doveva essere la famosa Blitzkrieg di Hitler. Della sorella più piccola che tenta di rifarsi una vita, di dimenticare l'indimenticabile, del figlio maschio che cerca ritrovare la sua strada se mai ne ha avuta una.
Mi sono lasciata scuotere e accarezzare dalla passione e dalla speranza di un giovane universitario che durante gli orrori della guerra d'Africa si aggrappa al ricordo di una ragazza veneziana e di un'unica notte passata con lei.
E ho capito che grazie a questo libro che non è Martin Eden io posso dire con la stessa enfasi di un liceale dell'epoca fascista che Nero è l'albero dei ricordi, azzurra l'aria è un incontro con la vita,che leggere è un incontro con la vita.
Un incontro viscerale, sentito, anche grazie allo stile della Loy che mi ha parlato come in un sogno, con grandi balzi temporali, donandomi immagini speso differenti e lontane, documentando storicamente ciò che diceva e nello stesso tempo lasciandogli una sfumatura di tramonto.
All'inizio sono rimasta sconcertata dalle parole così poco scontate e da quell'apparente miscuglio di storie e flash sparsi nei lunghi anni del Dopoguerra o datati con precisione. Uno stile che mi ha preso moltissimo, tenendomi aggrappata a quei racconti.
La scrittrice è stata capace di intrappolarmi in quella sensazione che fa pensare solo a ciò che leggi, che rende non solo lettore ma anche personaggio.
Un libro coinvolgente e particolare, quindi. Un po' come i quadri di Klee. S'impiega un po' a capirli veramente, ma in fondo domandano soltanto un filo rosso… una volta trovato svelano tutta la loro arte, la loro armonia, il loro pathos.
Vi è una frase sulla copertina, quel genere di frase che banalizza tutta un'opera cercando presuntuosamente di mostrarne l'essenza. Quella frase però mi ha fatto pensare. Riassume così il capolavoro: La vita e gli amori di tre ragazzi nei tragici eventi della storia.
È un libro che parla di così tanto: descrive la strage di Sant'Anna di Stazzema, dipinge una natura ancora intatta, racconta il miracolo economico italiano, del comunismo del Dopoguerra, degli Alleati … Ed effettivamente di tre vite.
Anch'io, davanti a questo foglio, ragazza del secondo millennio, voglio presuntuosamente capire l'essenza di questo libro, e, in fondo, indirettamente, di tutto lo stare a questo mondo.
Guardando fuori dalla finestra la intravedo e basta, mi pare di scorgere il vero filo rosso di Klee…
È qualcosa che ha a che fare con l'amore, non con gli amori. Con l'amore in senso lato.
Qualcosa che ha a che fare con Giulia, la sorella piccola che in un semplice bacio riesce dopo tanto tempo a spogliarsi della sua corazza di gelo, ricordi e dolore.
Con sua sorella Lucia, uccisa mentre scappava via con un ufficiale tedesco.
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