Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
1ª edizione - (1998)

Raskolnikov

 Raskolnikov è un uomo diverso dagli altri. No, Raskolnikov è come tutti gli uomini. E allora perché uccide con freddezza ed esterna la propria rabbia contro chi più gli devolve affetto? Perché è un uomo deluso, la cui unica debolezza rimane quella di essere caduto vittima di un sogno. Raskolnikov, quando lo lasciai ai lavori forzati in Asia, mi disse di non ragionare di lui e di lasciar perdere ogni timido tentativo di analizzarne la vita. Raskolnikov mi disse di camminare lungo il sentiero della mia magica essenza e di viverne le emozioni.
Fu così che scoprii di essere un vicolo infinito in cui ogni punto di arrivo finisce solo per essere un fastidioso, onirico punto di partenza.
Sono una realtà, forse più preziosa di una roccia ma non ancora rifinita come un uomo, perché, per quanto possa provare ad animare ciò che mi circonda, mi areno a considerare che se fossi inanimato farei meno danni. E poi sono succube delle emozioni, mi trascinano con sé, mi violentano a tal punto che l'orgoglio, animale bastardo, mi convince a crollare dopo essermi rianimato, per il piacere di affossarmi di nuovo e sfiorare, un'ennesima volta, la potente soddisfazione racchiusa nell'elevazione a divinità; allora mi succede di giocare con l'esistenza e capisco solo che per un attimo sento di essere arrivato in alto e poi, per una vita, rincorro un altro piccolissimo attimo che non c'è più.
Sono deluso, ma lo era anche Raskolnikov..., rispetto al mio migliore amico, ne sono però consapevole. E combatto la delusione a tal punto che ogni minimo gesto e ogni innocua emissione di un suono mi lascia estasiato, mi appassiona, mi logora le tempie e trapassa il mio cervello fino a oscurare l'onnipotenza della ragione, a star male. Purtroppo quello che avvolge le mie facoltà, i miei sensi non è più un semplice disagio, ma ebbrezza e percezione di non essere così come la vita ha cercato di modellarmi, di non avere quelle forme scolpite, a suo tempo, da mio padre.
Solo in questo modo, nella mia limitatezza di individuo, ho imparato a dialogare con la delusione senza mai abbandonare la sensazione di poterla sconfiggere. Altre persone ci si adattano. Il delitto rappresenta uno dei tanti modi, forse esasperato, forse vissuto all'estremo, con cui l'uomo si mette alla prova e pecca di protagonismo; il castigo, invece, lo sottomette ad una condizione di riflessione, di analisi, di introspezione. L'uno è azione, l'altro meditazione, è l'eterna convivenza guerresca che aleggia tra lo spirito dionisiaco, incapace di star zitto, e quello apollineo, amante del silenzio; tutto ciò descrive la condizione di ogni uomo, prima attore e poi regista, prima animale e poi speculatore, per cui la ballata solitaria che mi porta alla scoperta di me stesso sussurra al mio udito che sono Dio, ma anche Satana. Raskolnikov ha solo voluto trovare il modo di analizzarne la potenza e di vedere quale dei due può opprimere e far soccombere l'altro. Io sto solo illudendomi di aver scoperto uno di quei tesori che non baratterei con nessun'altra perla: il pessimismo più marcato non è che l'ottimismo più sottile.
Uno dei tanti cartelli affissi lungo il mio sentiero dice che non ha senso giudicare il male e il bene, perché tanto Dio può essere figuro di morte, quanto Satana emblema di vita.
Allora Raskolnikov cerca di cogliere quegli elementi capaci di arricchire e popolare quell'arido sentiero di ognuno di noi. Ci prova con l'amicizia, ma le condizioni primarie per cui sia reale un tale rapporto vengono a mancare, non essendovi: capacità di ascoltare, senza cadere nella trappola di mettere i propri problemi al di sopra di quelli altrui; rispetto, evitando quindi di agire seguendo le tenebre dell'orgoglio, che è come una piuma a cui l'uomo s'aggrappa pensando di volare e che, piano piano, cade inevitabilmente, il più in basso possibile; profondità. Può esistere amicizia? Ci prova con l'amore, ma si rende conto di una verità, ahimé, incrollabile: servirebbe l'amore eterno, che non esiste. Non solo perché troppo spesso è confuso col sesso, ma anche per il fatto che l'uomo è soggetto a mutamenti e ciò che può essere sublime in una particolare circostanza, allo stesso modo può risultare squallido pochi attimi più in là. Può esistere amore? Ci prova con il lavoro, ma quando è vissuto con oppressione, fastidio, angoscia, serve a ben poco. Allora si mette in viaggio e va alla ricerca della medicina che ha individuato come unica fonte di guarigione: l'eternità. Non è importante sapere se ce l'abbia fatta o se, al contrario, abbia fallito, ma sarebbe superficiale credere in una disfatta dell'uomo nei confronti dell'ignoto.
Nella storia della sua vita la confessione assume, così, un sapore assai dolce: per gli allocchi rappresenta quella vibrazione che permette ad un malato, sprofondato in un baratro cupo e tetro, di sollevare, almeno un po', la propria condizione; per pochi altri, forse ancora più stolti degli allocchi sopra citati, è l'emblema del pentimento; per i restanti, magari più ignoranti di quanto lo siano quelli di prima, significa Onnipotenza, che l'uomo raggiunge nel momento in cui confessa i propri limiti.
Io, però, riesco solo a percepirlo come coraggio di avere paura, o forse come paura nell'essere coraggiosi; ma è un momento di sicura maturazione, poiché ci si spoglia di fronte a se stessi di panni vecchi, consumati e logorati dal tempo, per indossarne di nuovi, da intorpidire e corrodere.
Ha racchiuso l'eternità in una navigazione che ha toccato i porti più sperduti, ha circumnavigato gli ambienti più misteriosi, ha accarezzato le acque più indomite che lo hanno reso marinaio perennemente assopito nella ricerca di un lido che potesse, dopo anni di esperienza, sorprenderlo ancora.
Le emozioni arrivano solamente se si sacrifica la vita a donarne continuamente, e di grandi, e la stessa morte, arrivata per Raskolnikov a suo tempo e per Sofia prematuramente, può racchiudere sensazioni indescrivibili non solo con un pianto, un lamento o un grido disperato, ma anche pensando che i morti sono vivi, non in Paradiso né all'Inferno, ma nel luogo in cui noi immaginiamo che siano. Allora l'emozione più grande che regala Raskolnikov è quella di asciugare una lacrima col sorriso e di bagnare una risata col pianto laddove corpo e anima si fondono per raggiungere l'immortale convinzione di esistere per davvero.


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010