Matriosca
di Francesco Vecchi
Primo Premio
Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa, ma a me non mi va proprio di parlarne.
Vi racconterò soltanto una cosa da matti che mi è capitata, una cosa da lasciarti secco: non trovo più quel dannato libro che un tizio aveva scritto su quei tre giorni e su tutte quelle baggianate di cui sono stato protagonista.
Ma sì, com'è che si chiamava? Mi sembra "Il giovane Holden" o vattelappesca.
Qualche tempo fa sono stato nella biblioteca di Pencey, quel liceo con la scritta: Dal 1888 noi forgiamo una splendida gioventù dalle idee chiare.
Ragazzi, se la bibliotecaria rappresenta quella scritta, allora son contento che mi abbiano sbattuto fuori.
Devo ammettere che mi ha fatto un certo effetto tornare in quella scuola, voglio dire, vedere la Thomsen Hill o pensare a quel vecchio bacucco dello Spencer, che gli venivano i sensi di colpa quando ti beccavi un voto schifo; insomma non era proprio come farsi una passeggiatina a Central Park.
Se fossi stato una persona come mia mamma, carina e tutto quanto, mi sarei fermato a dire questo c'era e questo non c'era, ma io me ne infischio di tutte queste maledette cose. Roba da farti sprecare la vita a vedere che cosa c'era prima.
Sono andato dritto dritto dalla bibliotecaria.
Era una tipa giovane, bionda, ma si vedeva benissimo che era ossigenata.
Stava seduta, tutta intenta a torturare un atomo di gomma da masticare che, nella sua bocca enorme, sembrava chiedere pietà.
"Hai bisogno di qualcosa?" mi chiese come se io fossi entrato in biblioteca e mi fossi diretto immediatamente al bancone, così, per una caccia al tesoro.
Quel cadavere di chewing-gum roteava tra i suoi denti davanti. Sembrava maledettamente nervosa, davvero, per essere una bibliotecaria.
"Senta stavo cercando un libro, il fatto è che non mi ricordo com'è che si chiama." dissi tutto latte e miele.
"E io come diavolo faccio a trovarlo?" mi rispose, contemplandosi le unghie prima di attaccare a mangiarsele. Quanto a cordialità, non era certo che si sprecasse.
"Mi sembra che abbia un nome sul tipo "il giovane Holden" o qualcosa del genere, comunque" aggiunsi "è la storia di un ragazzo un bel po' schizzato".
Le ci volle del bello e del buono per schiodarsi da quella maledetta sedia, stette via qualche minuto e poi tornò dicendo che non c'era proprio la più pallida traccia di un libro con quel nome, ma che qualche giovane un po' schizzato lo aveva trovato.
Da come buttò sul bancone i libri che aveva preso, sembrava si fosse ammazzata di fatica.
Ringraziai ripetutamente e me ne andai con quel malloppo di polvere e di carta ingiallita. Roba da non credere; vi sareste messi a tossire anche voi se solo aveste preso in mano un libro di quelli. Non ne potevo più di quella scuola, puzzava di vecchio proprio come quando l'avevo lasciata e decisi di andare immediatamente su una panchina di Central Park.
Il parco era deserto, a parte un gruppo di ficcanaso che sembrava non avere niente di meglio da fare se non guardarmi seduto davanti alle anatre dello stagno.
Uno di quei libri poteva e doveva essere il mio, non voglio dire baggianate come mio fratello D.B., ma penso che un libro con la mia storia e un mio mondo debba pur esistere; avreste voluto trovarlo anche voi se aveste perso il vostro di libro.
Incominciai a leggere e fui subito Dorian Gray, un marpione impomatato, gelido come i capezzoli di una strega.
Ragazzi, me le stavo divorando tutto d'un flato, quelle pagine, e, giuro su Dio, mi sembrava di essere davvero io il tizio del libro. Così conobbi il pittore Basilio e Lord Enrico.
Il vecchio Enrico mi dava proprio sui nervi, era una di quelle persone che pensano di sapere tutto e che tu stia lì solo per pendere dalle loro labbra. E fanno finta che la vita sia solo una partita a carte, poi, ogni tanto, tra una mano e l'altra, ti dispensano qualche granello della loro infinita saggezza, come se fossero le regole del gioco. Partita a carte? Già, ma se uno non riesce a vedere neanche le carte che ha in mano, allora come diavolo fa a giocare? Non gioca! Il brutto è che questa è l'unica cosa che non si può fare, quando si vuole vivere.
Comunque, se quel Lord fosse stato lì davanti a me, gliene avrei davvero appioppato uno. Alla faccia di tutta la nobiltà inglese!
Sinceramente pensavo che anche il vecchio Dorian, prima o poi, gli avrebbe tirato un bel pugno nello stomaco, invece no, quell'idiota se ne stava sempre lì ad ascoltare quei consigli come se quel buffone di un Lord fosse una specie di David Copperfield o vattelappesca.
A volte, quando conosci una persona, ti ci vuole parecchio per capire se è stupida o no; a me, con Dorian Gray, c'era voluto quasi metà libro.
Forse me ne sarei accorto molto prima, il fatto è che all'inizio cercavo di capire se quella poteva essere la mia storia.
Non è che Dorian fosse uno tutto picchiato, è che proprio non riuscivo a capire come accidenti ragionasse. Per esempio, non riesco proprio a mettermi in testa perché diavolo Dorian abbia scaricato quell'attrice, com'è che si chiamava? Sibilla Vane o giù di lì.
Se fossi stato io al suo posto, avremmo filato che era un piacere, e non me ne sarebbe infischiato proprio niente di come quella lì avrebbe recitato. Invece, il vecchio Dorian era innamorato solo del suo modo di recitare! Ma ci si può innamorare di una finzione o di una messa in scena? Non è che io sia uno di quelli che credono solamente all'amore platonico, anzi, spesso mi metto con una ragazza, così, tanto per non stare da solo, ma sinceramente non riesco davvero a ficcarmi nella testa che si possa amare qualcuno, solo perché sa recitare bene. È come amare una fotografia. Giuro che proprio non capisco.
Più andavo avanti a leggere e meno mi immedesimavo nel personaggio, insomma mi accorgevo sempre di più che il Dorian Gray del libro non potevo essere io, io la vedo in modo diverso, anzi, a dire la verità, io non la vedo, ma se la vedessi, non la vedrei certamente come il vecchio Dorian. Ad ogni modo, quello che mi diede proprio sui nervi fu l'assassinio del pittore Basilio.
Accidenti, Basilio era l'unico personaggio del libro che non mi stesse totalmente antipatico; certo, aveva l'aria del perfetto finocchio, ma almeno non pensava che il mondo fosse semplicemente una patina superficiale e che dietro questa non ci fosse nulla. Voglio dire, il vecchio Basilio era l'unico a pensare che oltre alle apparenze, e più importante ancora, ci fosse la realtà.
Dorian Gray e Lord Enrico, invece, non è che non sapessero quale fosse la realtà, è che proprio se ne infischiavano bellamente, quelli lì pensavano solamente che le uniche cose degne di restare al mondo, fossero quelle belle e inutili. Dorian faceva solo cose perfettamente inutili, e più le trovava inutili, più le trovava belle, ma, quello che faccio io, maledizione, forse mi sembra altrettanto inutile, ma più è inutile e più mi deprimo: mi piacerebbe, davvero, fare qualcosa di utile, è che non so proprio cosa e a chi possa essere utile. Meglio non pensarci, è roba da spingerti giù dalla finestra. Una volta ci ho anche pensato, ma non mi andava proprio che una marea di ficcanaso stessero lì a guardarmi tutto sporco di sangue.
Ma io devo essere pazzo. Giuro che sono pazzo. Ero lì tutto scombussolato per quelle ultime pagine, e all'improvviso, ecco che comincio a fare finta che verso di me stia proprio arrivando, indovinate un po' chi, Dorian Gray in persona.
Mi immaginavo un tipo piuttosto alto, effettivamente bello e giovane ma con un non so che di strano nello sguardo.
Me lo vidi venire incontro, e, come se ci conoscessimo da un sacco di tempo, dirmi: "Ciao Holden, che piacere vederti!". Che piacere un corno, si vedeva benissimo che non gliene importava niente di vedermi.
"Ehilà, ti stavo aspettando" gli dissi. Io? Lo stavo aspettando? Ma vi immaginate? Uno va al parco e la prima persona che si mette ad aspettare è Dorian Gray!
Il vecchio Dorian si sedette proprio di fianco a me, e subito mi vidi che cominciavo ad attaccare bottone con lui. La cosa però che mi diede molto fastidio fu che mai una volta mi guardò negli occhi, mentre parlava, neanche una, e io non reggo proprio di parlare con uno che non ti sta a guardare.
Sarò pesante, ma glielo dissi che mi dava fastidio, e quello rispose: "Non riuscirei a sopportare il peso del tuo sguardo!" Il peso del mio sguardo? Ma che diavolo stava dicendo?
Continuammo questa specie di conversazione, io gli chiesi più volte perché aveva agito in quel modo nel libro, e lui continuava a rispondere che l'unica attrattiva del passato è che è passato. Doveva averla sentita da Lord Enrico, questa.
E alla fine glielo chiesi. Dio mio, non avrei mai voluto chiederglielo, ma la mia immaginazione è più forte della mia volontà, e cosi gli dissi: "Senti un po', Dorian, per caso, sai mica che fine fanno d'inverno le anatre dello stagno?"
Mi guardò un po' stupito, finalmente aveva sfidato il "peso" del mio sguardo, poi disse:
"Vedi, Holden, in primavera e d'estate, le anatre che nuotano nello stagno sono belle e fa piacere guardarle, ma d'inverno, esse sarebbero mogie e deprimenti e non ci sono perché tu possa non rattristarti. Non so che fine fanno, ma sono felice che non ci siano. E questo mi basta."
Ci ragionai sopra, davvero, girai e rigirai quella frase, facendola esaminare da tutte le cellule del mio dannato cervello. Non mi piaceva, anzi, direi piuttosto che non mi calzava, io volevo sapere dove diavolo andassero queste maledette anatre.
Chiusi il libro e Dorian Gray sparì. Quella non poteva essere la mia storia e se proprio volete saperlo, non volevo neanche che lo fosse.
Io non ero Dorian Gray e il libro con la mia storia e il mio mondo non era quello. Iniziai a leggere altri libri, anche se sapevo già che non ci avrei trovato un fico secco là dentro.
Erano libri con storie impossibili o esagerate o vattelappesca e comunque tra quelle non c'era la mia. Era roba che ti pigliava un sacco e che ti faceva leggere tutto d'un fiato fino alla fine, ma una volta finita, l'unica cosa che ti rimaneva da fare era dire: "Però che storia! Questo tizio sì che ha davvero avuto una bella avventura mozzafiato!" e basta.
Il libro, però, che mi colpì seriamente, mi sembra che si chiamasse "Siddharta". Sì, insomma, la storia di quel tizio che va in giro per tutta l'India a cercare e cercare e poi alla fine trova. Beato lui. Se fossi uno dei protagonisti dei libri che ho letto mi piacerebbe essere Siddharta. A chi non piacerebbe? Quello infatti riesce, come c'è scritto dietro, sulla copertina, a trovare sé stesso e a stare in pace con il mondo. Il suo mondo. Anch'io vorrei trovare la serenità e tutte queste cose carine che ogni persona che si rispetti dice di avere trovato, ma io devo prima scovare il mio mondo, altrimenti dove accidenti ce la metto io tutta questa maledetta melassa di serenità.
Siddharta riesce a stare bene in mezzo all'universo? Bene, bravo, ma io, io non riesco neanche a trovare la porta di questo universo!
Quello che mi chiedo però è che cosa mi direbbe il vecchio Siddharta se gli chiedessi dove vanno le anatre, quando lo stagno è ghiacciato.
Forse mi risponderebbe sul tipo: "Se tu desideri sapere una cosa, l'unico modo per soddisfare il tuo desiderio è o sapere la cosa, o smettere di desiderare di saperla." o qualche cosa del genere. Chissà se riuscirò mai a trovare un mondo dove le anatre saranno così cortesi da lasciarti un bigliettino con il loro recapito prima di andarsene. Lo cercherò. Già, lo cercherò.
È passato molto tempo, e ormai tutti lo chiamano "il vecchio Holden".
Non ha ancora smesso di cercare il libro con la sua storia ed è tuttora sicuro che da qualche parte debba esistere. L'ha cercato, lo cerca e lo cercherà sempre, questo vecchio "giovane Holden".
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