Un'esperienza di lettura
Ho pensato spesso a questo momento, a come sarebbe giunto, a quando sarebbe giunto.
Non è vero.
Ci ho sempre pensato in realtà.
E non era così che me l'aspettavo.
Pensavo avrei avuto paura, ero certa sarei stata sola. È per questo che ho sempre cercato riparo.
In voi, in tutti voi.
È per questo che, in questa stanza, le uniche cose che possono testimoniare che appartenga a me effettivamente sono i numerosi libri.
Le uniche cose, anzi enti, che ho bisogno per concludere questo breve, fruttuoso viaggio.
Ho bisogno di voi, miei compagni d'infanzia, miei amici durante l'adolescenza, ora più che mai v'imploro di mostrarvi a me ancora una volta, tutti insieme, se non vi dispiace compiere quest'ultimo sacrificio per me. In fondo ci siamo divertiti insieme, abbiamo disperato, pianto, cercato scampo, attraversato luoghi indicibili e lontani, vissuto avventure uniche, abbiamo attraversato e segnato la storia insieme.
Ah, Georgette. Cara, vecchia amica. La vita è davvero ironica, non credi? Hai cominciato a scrivere le tue deliziose storie per divertire tuo fratello durante il suo periodo di convalescenza e parimenti hai intrattenuto me, costretta da sempre a stare in questo letto, con le tue frizzanti storie, con questi nobili così simpatici, così gai, così pieni di fascino, così pieni di vitalità. Ecco "la pedina scambiata", ed ecco che apro l'amato libro a caso e salta subito fuori Leònie con uno stupendo abito verde mela: sento dentro al mio cuore tutta la gioia che prova lei stessa quando sa che sta facendo ciò che renderà felice il suo monseigneur. Eccola, felice e monella che prova riverenze davanti allo specchio e gioca con il ventaglio, mostrandomi le due fossette maliziose e i grandi, franchi occhi turchini che le hanno fatto guadagnare l'amore di Justin. La sua risata gaia risuona nelle mie orecchie mentre, assieme a lei, mi fa vivere l'amore, mi conduce su quella dolce strada. E quando infine, vedo Justin e Leònie assieme, e vedo le loro labbra unirsi in un tenero bacio, ringrazio te, Leònie, e te, Georgette, perché sebbene la vita mi abbia negato questa gioia, voi siete riuscite a farmela vivere lo stesso, questa delizia disponibile per tutti, eppure riservata a pochi in realtà. Le stesse sensazioni provai durante il ballo memorabile in cui Andrej e Natasha si conobbero: che fatal gioia! Che dolce, amaro sospiro!
All'inizio, la prima volta che cominciai ad ascoltarti, Tolstoj, non ti capivo, non ti vedevo: le tue righe, le tue pagine erano vuote per me. Man mano che andavo avanti le tue pagine si riempivano di colori e suoni, di emozioni deboli e profonde. Infine, dalle tue pagine uscirono persone, tante persone, un uragano di persone che prima presero vita nella mia mente, poi presero possesso del mio cuore e alla fine si materializzarono davanti ai miei occhi. E questo vale per tutti voi amici miei, in particolare per te, Tolstoj, e per te, Christian Andersen, perché siete stati i primi a portarmi alla realtà, a creare l'universo attorno a me, tra queste quattro bianche mura, una cosa che mai avrei creduto possibile!
Mentre accarezzo le vostre pagine e quelle di tanti altri saltano fuori miriadi di persone che mi portano in luoghi lontani, mi guidano per sentieri sconosciuti, che mi distraggono con delizia, che mi distolgono dal mio dolore costringendomi a immedesimarmi nel loro.
Ecco Maria Antonietta, piange silenziosamente mentre accanto a me scrive la sua ultima lettera a Elisabetta, sua cognata, sorella del suo defunto marito, Luigi Capeto, prima conosciuto con il titolo di Luigi XVI. Non stai piangendo per la paura, vero, Antonietta, regina del rococò, rosa di Versailles? No, tu piangi per il dolore che provi a lasciare i tuoi due amati figli, la tua cara sorella e Fersen, unica felicità della tua giovinezza. Piango con te, amica mia, piango anch'io perché so cosa provi, lo sto vivendo anch'io in questo momento, anch'io fra poco perderò le persone a cui tengo di più, perderò tutti voi, perderò anche te. Sto per lasciare questa vita, ma soprattutto sto per lasciare voi con grande rammarico, voi, Leònie, Vittoria, Sissi, Natasha, Shakespeare, Marquez, Ulisse, Virgilio, Didone, Tiglath: oh! Siete troppi, e proprio per questo è incommensurabile il mio rammarico. Lascio uomini di valore, uomini pietosi, donne valorose e forti, donne fragili, donne gaie, fanciulli briosi, bambini monelli, bambini vecchi, eh, sì! Mi mancherai molto anche tu, caro Rosso: come vedi, c'è qualcun altro, oltre a tuo padre, che ti ama a questo mondo.
Ci sei perfino tu, Dante? Non ti aspettavo, amico, ma sono felice che tu ci sia, che siate venuti tutti a salutarmi. Non vorrete dirmi addio vero? Non ponetevi sacco e cenere sulle spalle e sulla testa, non abbiate quei volti tristi, mostratemi i vostri visi e le mille espressioni che sempre mi avete fatto vedere.
Tiglath, fammi una cortesia: permettimi di assaggiare ancora una volta quella stupenda birra, la birra assira, e conducimi con te nel cammino che ti porterà laddove Assur ha stabilito.
E tu, Studente, hai infine trovato la tua pace? Non avresti dovuto uccidere la tua affittuaria e sua sorella, ma ora che Sonja ti ha aiutato stai meglio, vero? Potrai porre rimedio a quanto hai fatto.
Tutte le cose che voi avete passato, le ho vissute anch'io con voi, perché io sono stata ciascuno di voi.
Fa male, Didone? Dimmi, cosa fa più male? Perché hai gemuto, quando hai trovato la luce?
Era forse il rimpianto della vita, o la consapevolezza di essere ancora attaccata al filo della vita?
Non c'era davvero un'altra via?
"Non potevo fare altro. Quando ti è negata la via della luce, non ti resta altro da fare che percorrere quella dell'oscurità."
Allora mi dispiace, perché conosco quella via, l'ho percorsa con te, l'ho percorsa nei tuoi panni; in seguito però, mi è stato concesso di percorrere la via della luce con altri, ma solo ora ti comprendo appieno, ora che sto per percorrerla definitivamente e involontariamente, al contrario di te.
Credetemi: voi, sì, tutti voi, siete fortunati. La vita non è altro che un effimero sogno, e io ho vissuto in questo sogno, fisicamente, tra queste quattro, sconfortanti mura. Siete stati voi il mio vero sogno, la mia unica realtà a questo mondo. E ora temo il momento in cui non potrò più sentirvi, in cui non potrò più vedervi.
Allo stesso tempo però non posso, in fondo, fare a meno di sentirmi fortunata anch'io. C'è gente che non ha mai potuto, pur avendo avuto la possibilità di vivere in questo sogno con il pieno possesso delle proprie membra, provare quello che ho provato io, conoscere quello che ho conosciuto io, vivere quello che io ho vissuto, e solo perché vedeva in voi personaggi lontani inseriti in pagine altrettanto lontane, fredde, morte, degne di essere solo analizzate razionalmente. Alcuni non si sono neppure accostati a voi, per un'incomprensibile sorta di soggezione nei vostri confronti; altri vi disprezzano addirittura: sciocchi, stolti, proprio come diresti tu, caro Stregone Bianco.
Ditemi: devo davvero temere che la morte mi porti via da voi? In fondo, con la morte di una persona muore la morte stessa, giacché la vita non è altro che un fuggevole sogno, un passaggio necessario, e, una volta superato, la persona si risveglia per l'eternità.
Sento la mia mente svuotarsi lentamente. Spero solo di ricordarvi. Spero di vedere tuo padre, caro Enea, e spero che quel posto sia bello, proprio come l'hai descritto tu, Gandalf.
Riesco ancora a sentire le pagine però. Pagine vive e profumate.
Non c'è magia più grande della vostra, amici miei.
Sento la mia mente farsi meno lucida. Piangete? Grazie, piangete con me, come io ho pianto con voi. Piangete, perché comincio a vedervi in modo sfocato, gli odori cominciano a mescolarsi e a svanire, e le vostre voce stanno diventando un brusio indistinto.
Pagine dolci, tristi, malinconiche, entusiasmanti, piene di brividi e suspense: state anche voi cominciando a diventare bianche? No, vi prego, non voglio.
Anche se per il momento state scomparendo davanti ai miei occhi, sento che presto di rivedremo. E se così non fosse, almeno ho la certezza che, tra tutte le pagine di questo mondo, noi staremo sempre insieme. In fondo le storie, la poesia, non sono altro che vita rimasta impigliata in un trama di parole, almeno, così dice Vassalli. Se è così, allora io sono rimasta impigliata nella vostra trama di parole. E le vostre trame di parole rimarranno per sempre, e con esse rimarrò anch'io: dunque, in fin dei conti, non ci separeremo mai. In questo, ora, io trovo conforto.
Ora la mia mente è quasi del tutto vuota: non più righe, non più parole, non più emozioni, solo vacue melodie.
Dopotutto però, ho tutto quello che mi occorre per intraprendere questo viaggio di sola andata: voi al mio fianco e un libro tra le mani.
In fondo, è stato meglio di quanto mi aspettassi.
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