Premio letterario SofiaPremio letterario SofiaPremio letterario Sofia
1ª edizione - (1998)

Un'esperienza di lettura

 Fra i libri che ho letto, L'Alchimista non è certo il migliore, ma c'è un brano la cui lettura ha suscitato in me una concatenazione di immagini che si sono rivelate come un racconto autonomo. Così sul filo delle emozioni l'ho steso sulla carta quasi con foga. Non è stato un grande sforzo perché era già tutto scritto nella mia mente, dovevo solo impugnare la penna e dare sfogo all'immaginazione. Così è nato questo racconto e quindi mi è sembrato corretto allegare il brano che per me è stato fonte d'ispirazione.
Fatima entrò nella tenda. Di lì a poco sarebbe spuntato il sole. Quando fosse stato giorno, sarebbe uscita per ripetere ancora una volta ciò che aveva fatto per tanti anni. Ma, ora, tutto era cambiato. Il ragazzo non si trovava più nell'Oasi, e questa non avrebbe più avuto per lei lo stesso significato che aveva prima. Non sarebbe stato più un luogo con cinquantamila palme e trecento pozzi, dove i viaggiatori approdavano felici dopo un lungo viaggio. L'Oasi, da quel giorno in poi, per lei sarebbe stato un posto vuoto. Da quel giorno in poi, il deserto avrebbe avuto più importanza. Lei lo avrebbe guardato sempre, nel tentativo di scoprire quale stella il ragazzo stesse seguendo in cerca del proprio tesoro. Avrebbe dovuto mandare i suoi baci con il vento, nella speranza che il vento, sfiorando il viso del suo ragazzo, gli dicesse che lei era viva, che lo aspettava, come una donna aspetta un uomo coraggioso che persiste nel ricercare sogni e tesori. Da quel giorno in poi, il deserto sarebbe stato una sola cosa: la speranza del ritorno.
da L'Alchimista di Paulo Coelho
Passò ancora un po' di tempo, poi ancora un altro po' e alla fine era passato del tutto; anche l'ultimo granello di sabbia di quella enorme clessidra in cui viveva Fatima, era caduto. Il tempo era finito. Fatima l'aveva visto scorrere per tanti mesi e per tanti anni che ormai le sembrava fermo, immobile, come il paesaggio che la circondava: inalterato.
Durante le sue lunghe notti aveva percorso il cielo fin dove la vista glielo permetteva e poi ancora oltre, con l'immaginazione. Conosceva ogni stella a memoria: la posizione, la lucentezza e addirittura anche la voce. Sì, perché nel vertiginoso silenzio del deserto anche le stelle hanno una voce: è un silenzio meno silenzioso di quello del deserto. Aveva anche conosciuto tutti i venti da Nord, da Sud, Est ed Ovest. Ogni Tramontana, Zefiro o Libeccio erano ormai saturi dei suoi baci, dei suoi sospiri e anche lei se ne rendeva conto. Non pensava più alla speranza, anzi non la conosceva nemmeno più questa parola: lontana dai suoi pensieri, lontana dal suo cuore. Spesso aveva pregato, ma ormai non confidava neanche in questo, anzi pensava che la sua oasi fosse sulla testa di Dio e che per questo Egli non potesse proprio né vederla né preoccuparsi per lei. Sì, doveva essere proprio così.
A dire il vero quando le ritornava in mente il ragazzo, pensava a lui come ad un sogno, vago in tutti i sensi, la sua immagine inghiottita nell'uniformità del deserto. Non per questo Fatima odia il suo deserto, no affatto, anzi lo ama. Quante emozioni le ha fatto vivere: all'alba e al tramonto egli si preoccupava di bagnarla con la sua luce, tenue oppure dirompente, con il suo cielo pensava a distrarla mentre lavorava: nuvole, stelle, sole, luna. E poi c'era lei, la grande distesa. Così enorme da farla sentire tanto piccola quanto uno dei suoi granelli, così immenso che lei stessa riesce a sentirlo dentro di sé, solidale con la sua infinitezza.
Non veniva più nessuno da tempo immemorabile e suo padre era preoccupato, le scorte stavano finendo e lui avrebbe dovuto affrontare uno dei suoi lunghi viaggi verso il centro abitato più vicino. Fatima ripensa a quando lei e le sue sorelle erano piccole. Lei è la più giovane ed è anche la preferita di suo padre. Le ha insegnato tante cose sulla vita, sul deserto. Ricordava ancora quando suo padre la caricava sul cammello e lei rideva. Quell'attimo le sembrò infinito. E ora è tutto passato, trascorso, il tempo passa lento e pure precipitoso e scorrono davanti a lei le immagini della sua vita; veloci ritagli, ricordi, emozioni. Una lacrima tocca la sabbia, la prima goccia d'acqua che cade dall'alto in nove mesi. Fatima non sa come definire quello che prova ogni volta che pensa a queste cose, sa solo che è qualcosa che la rattrista, la fine. Fatima sa cosa è la morte, è che proprio non riesce a conciliarla con tutto ciò che la circonda: è tutto così prezioso che non capisce perché è così necessario che un giorno finisca.
Dei rumori. Sente dei rumori: cammelli e molti anche, si direbbe un mercante, con le sue merci, i suoi odori e i suoi colori. Suo padre non dovrà più partire, non è più indispensabile ora avranno tutto quello che vogliono: spezie, stoffe, gioie, cibi e tutto in cambio della loro preziosa acqua.
Per accogliere i viandanti questa sera si farà una festa, tutti intorno al fuoco danzeranno con tamburi e tintinnii, liquori e cibo. Fatima adora l'atmosfera di quei momenti. Guarda le scintille del falò che danzano al ritmo della musica e si alzano fino al cielo. Fatima pensava che le stelle non fossero altro che le scintille dei falò fatti molto tempo prima. Si è immaginata spesso cosa fosse successo a quelle feste ma mai le sue immagini erano più reali e divertenti di quella che vedeva dalla sua tenda. Facce sorridenti, aromi invitanti, colori, suoni, ma soprattutto tante parole. Le altre volte non aveva mai fatto caso ai discorsi, le parole si fondevano con la musica e non avevano alcuna importanza. Invece adesso c'era qualcosa di diverso, ora quelle parole, quei discorsi le pungevano l'orecchio e le entravano a forza. Parole come viaggio, strade, casa, mercato, cavallo, persone, città. Fatima guardò il viso del mercante, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, era magnetico. Non era bello, non era alto, non era magro: non era il ragazzo. Ma aveva qualcosa, non sapeva ben definirla: il colore della pelle era leggermente più scuro del solito e la pelle stessa sembrava molto liscia. Forse saranno state le sue pasciute guance, ma quel mercante... quel mercante, ecco, sembrava un uomo sempre felice. Allegro, giocondo, spensierato, rideva e beveva davanti al fuoco e vicino a suo padre. Ora le parole erano cambiate. Distintamente Fatima sentiva: sposare, figlie, dote. Ma si era fatto ormai così tardi che non riusciva più a tenere gli occhi aperti e le parole ormai si mescolavano nella sua testa. Si addormentò.
La mattina dopo c'era un gran trambusto, il mercante era in partenza. Suo padre entrò nella tenda, le altre dormivano. Si diresse verso di lei e le disse: "Vestiti, devi partire". Fatima non capiva, cosa vuol dire partire? Non si è mai allontanata da lì proprio perché non le era stato permesso e ora, ora che stava così bene lì, doveva partire? Una morsa di angoscia le attanagliò lo stomaco. Il suo sguardo passò sulla testa delle sorelle che ignare dormivano. La malinconia la colpì come uno schiaffo e incominciò a piangere. Silenziosamente, per non disturbare nessuno, si vestì e con un ultimo sguardo abbracciò la sua famiglia sull'ingresso della tenda. Non c'era tempo per un saluto, un bacio o un abbraccio. Suo padre la condusse fuori. "Fatima, ho parlato con il nostro ospite e insieme abbiamo deciso che tu saresti andata in sposa a lui. Avrai un'ottima dote. Ora prendi le tue cose, salutami e poi vai". Fatima obbedì, ma non senza poter evitare di bagnare con le sue lacrime quella sabbia su cui era nata. Fu questo il saluto alla sua terra. Salutò suo padre e salì su un cammello legato al cammello del mercante. Tutto era pronto. La comitiva si allontanò. Non poté fare a meno di voltarsi, di guardare suo padre per l'ultima volta, e di lui quello fu il suo ultimo ricordo. Rimase ancora voltata a guardare indietro anche quando suo padre rientrò in tenda. Per la prima volta in vita sua vide l'oasi nella sua interezza, e poi la vide rimpicciolirsi e alla fine scomparire. Come aveva sempre pensato non era altro che uno dei tanti granelli di sabbia dei deserto. "Da quel giorno in poi, il deserto sarebbe stato una sola cosa: la speranza del ritorno".


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Ultimo aggiornamento: 16 gennaio 2010